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articolo 30, cosa rischiabchi «non ottempera»

fisco Vediamo più in dettaglio le norme del decreto 185

di Redazione

Sono tre le linee di attacco dell’art. 30 del dl 185/2008 (vedasi anche «Vita» n. 49) su cui si muoverà l’Agenzia delle Entrate per stabilire quali soggetti del terzo settore meritano i regimi fiscali di favore. Si parte con il richiedere a tutti gli enti di tipo associativo, attraverso un modello che dovrà essere preparato dalle Entrate entro il 29 gennaio, dati e notizie rilevanti ai fini fiscali. Quali? Non si sa bene, ma si può provare a fare qualche ipotesi, oltre a cercare di capire le conseguenze che il provvedimento avrà sulle organizzazioni di cui tratta. L a norma introduce tre linee di azione: il disconoscimento delle agevolazioni previste per gli enti associativi (art. 148 Tuir); l’esclusività del riconoscimento delle associazioni sportive dilettantistiche da parte dell’Agenzia delle Entrate; il disconoscimento dei benefici onlus per le organizzazioni di volontariato che svolgono attività commerciali. Vediamole punto per punto.

Addio ai vantaggi
La novità introdotta dal comma 1 dell’art. 30 è che gli enti di tipo associativo che non inviano il modello contenente i dati e le notizie rilevanti ai fini fiscali, decadono dall’agevolazione prevista dall’art. 148 Tuir: non rilevanza ai fini Iva e imposte dirette delle quote associative e dei corrispettivi specifici corrisposti dai soci. Ma cosa vorrà dunque sapere il fisco? La risposta potrebbe essere nell’art. 149 del Tuir in cui si afferma che la qualifica di ente non commerciale decade se è esercitata prevalentemente attività commerciale per un intero periodo d’imposta. È probabile quindi che nella comunicazione si dovrà indicare se vi è la prevalenza delle immobilizzazioni relative all’attività commerciale, al netto degli ammortamenti, e l’ammontare delle restanti attività; dei ricavi derivanti da attività commerciali rispetto al valore normale delle cessioni o prestazioni afferenti le attività istituzionali; dei redditi derivanti da attività commerciali rispetto alle entrate istituzionali (contributi, sovvenzioni, liberalità e quote associative); delle componenti negative inerenti all’attività commerciale rispetto alle restanti spese. È possibile che il legale rappresentante debba anche certificare che lo statuto contiene gli elementi vincolanti richiesti sia dal Tuir che dal dpr 633/72.
Le onlus di diritto
Il comma 5 infine stravolge uno dei principi fondamentali delle onlus: il riconoscimento dello status di diritto per le organizzazioni di volontariato (iscritte nei registri regionali/provinciali), organizzazioni non governative (riconosciute dal ministero degli Esteri) e le cooperative sociali. Il fatto è che se l’organizzazione di volontariato decade dalla condizione di onlus, non significa che sarà cancellata dal registro, e perciò govrà ancora del regime della legge n. 266/91, compresa la +Dai -Versi (dl 155/2005), ma non del 5 per mille, che invece prevede la condizione di onlus. Anche in questo caso, le odv dovranno dichiarare all’Agenzia delle Entrate se svolgono attività commerciali diverse da quelle «marginali» (cfr. decreto ministero delle Finanze 25 maggio 1995). È probabile che la presa di posizione derivi dalla considerazione che non sempre i registri regionali/provinciali sono accurati. Ma le conseguenze potrebbero essere pesanti.

Il ruolo del Coni
Stando ai commi 2, 3 e 4 è evidente che qualcosa nel rapporto con il Coni, ente che deve certificare il carattere “sportivo-dilettantistico” delle associazioni, non ha funzionato. Disconoscere la caratteristica “sportiva” delle associazioni porta prima di tutto alla non applicabilità del regime speciale di tassazione dei compensi agli sportivi, allenatori ecc. ma anche dell’art. 149 comma 4 Tuir; si dà quindi il via alle perdita della qualifica di ente non commerciale perché le associazioni sportive dilettantistiche, assai dipendenti dalle sponsorizzazioni, potrebbero avere problemi a far coesistere attività commerciale e istituzionale.


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