Politica

Articolo 18, tre donne in trincea

Lavoro: duro scontro tra Fornero, Camusso e Marcegaglia

di Franco Bomprezzi

Uno scontro violento nei toni, che non fa pensare a nulla di buono nei rapporti presenti e futuri fra sindacati e Governo. Tema del contendere l’eterna questione dell’art. 18, ma sul lavoro la partita è molto più complessa. Tre donne, assai diverse, si contendono la scena: Elsa Fornero, ministro del Welfare, Susanna Camusso, leader della Cgil, ed Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria. Ecco come i giornali affrontano il tema.

“Fornero reagisce e accusa”: il CORRIERE DELLA SERA sceglie proprio questo tema per il titolo di apertura in prima, e così riassume i fatti: “«Sono rimasta dispiaciuta e sorpresa per un linguaggio che pensavo appartenesse a un passato del quale non possiamo certo andare orgogliosi». Così il ministro al Welfare Elsa Fornero ha reagito alle critiche di Susanna Camusso su lavoro e pensioni. Il segretario della Cgil, in un’intervista al Corriere di ieri, aveva parlato di «un livello di aggressione nei confronti dei lavoratori e delle lavoratrici che, fatto da una donna, stupisce molto». Sulla questione dell’articolo 18, rilanciata dalla Fornero, è intervenuto anche il presidente di Confindustria Marcegaglia: «No a totem, la riforma va fatta»”. Alle pagine 2 e 3 si sviluppa la polemica. “Articolo 18, tensione tra governo e sindacati”. Ma è Enrico Marro, l’autore delle due interviste alla Fornero e alla Camusso, a raccontare i retroscena a pagina 3: “La rabbia del ministro e l’incontro segreto con il leader della Fiom”. Dopo aver parlato dei tentativi di mediazione del Pd, particolare di Enrico Letta e dell’ex ministro del lavoro, Cesare Damiano, compagno di classe al liceo della Fornero, così scrive: “«Contro di me — ha replicato Fornero — un linguaggio di un brutto passato». Parole, quelle della Camusso, che hanno lasciato di sasso l’economista torinese, fino a ieri certamente non abituata all’asprezza della lotta politica. Il ministro però, oltre a manifestare la sua irritazione e preoccupazione, ha voluto ribadire la sua volontà di dialogo. Ed è comprensibile il suo disappunto considerando, per esempio, che la stessa Fornero ha concordato nei giorni scorsi un incontro con il leader della Fiom, Maurizio Landini, che forse si è tenuto proprio ieri sera, anche se i protagonisti non confermano. Un incontro per conoscere il più duro dei leader sindacali, protagonista dello scontro con la Fiat, granitico nelle sue convinzioni e poco disposto alle mezze misure”. Pierluigi Battista commenta: “«Fornero scenda dalla cattedra», dice la Camusso riecheggiando inconsapevolmente la «maestrina» di Bonanni. È tutto eccessivo, ultimativo, estremista in questo linguaggio: i «tratti autoritari» del governo Monti, l’osceno regime di apartheid che si vorrebbe creare con la riforma del mercato del lavoro. L’oltranzismo verbale sottolinea un cambiamento radicale dell’atteggiamento sindacale contro il nuovo governo: e questo fa parte del naturale gioco dei ruoli politici e sociali. Ma oltre una certa soglia, l’oltranzismo diventa eccessivo e irresponsabile. Ingiusto nei confronti di un ministro che ovviamente può essere duramente criticato, ma non sottoposto al sospetto sistematico di aver agito dietro la spinta di interessi particolari e non limpidi. È la vecchia accusa del «nemico di classe» disposto a svendere l’attività di governo per favorire qualcuno a scapito di tutti”. La penna di Maria Luisa Agnese si cimenta nei profili delle tre donne protagoniste di questa fase, a pagina 6: “Susanna, Emma ed Elsa. La sfida del lavoro per tre (prime) donne”. Scrive la Agnese: “Provengono da gavette solide ma diverse, più classica quella della Fornero, figlia di Donato, operaio in un deposito militare («Quando dovevo dire la parola sacrifici mi si è soffocata in gola, perché ho pensato a quelli dei miei genitori» ha spiegato Elsa a Enrico Marro del “Corriere”), partita da San Carlo Canavese per approdare a una posizione di rilievo non solo negli ambiente accademici ma anche nella buona società torinese. Quasi rovesciato il percorso di Susanna, da ragazza borghese (suo padre era direttore editoriale in Mondadori) a militante sindacale, mentre per Emma Marcegaglia, privilegiata per nascita in quanto figlia di Steno, gli inizi almeno sono stati più semplici. Ma tutte e tre oggi, per quanto con sfumature diverse, sono impegnate sulla questione femminile”. A dare un senso politico a questo momento, ci pensa la nota di Massimo Franco, sempre a pagina 6: “Archiviata la manovra partiti in cerca di una via per «blindare» Monti”. Eccone il passaggio conclusivo: “Il terrore è di trovarsi entro poche settimane di fronte a un’altra manovra correttiva. Berlusconi tende a non escluderla, sostenendo che i provvedimenti presi da Monti «inducono alla recessione». Ma il ministro delle attività produttive, Corrado Passera, ha già detto di ritenerla improbabile. Certamente, se la speculazione finanziaria continua a martellare la zona dell’euro, l’effetto collaterale sarebbe quello di costringere i partiti a sostenere altre misure impopolari. La Lega gioca allo sfascio teorizzando una sorta di «sciopero esattoriale» contro l’Imu, la nuova tassa sulla casa: sebbene Berlusconi ricordi che l’ex ministro Calderoli l’aveva inserita nel federalismo. E il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, invita a rinviare a gennaio la discussione sull’articolo 18, quello sul mercato del lavoro: non vuole rompere con i sindacati. L’incontro che ieri Monti, ha avuto con il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, conferma la volontà di studiare fin d’ora la «fase due», quella della crescita. Vuole essere pronto a governarla”. 

LA REPUBBLICA insiste sull’evasione (“Fisco, via al controllo dei conti correnti”) e a pagina 4 riferisce circa l’articolo 18 e i sindacati in trincea contro la Fornero. «È scontro frontale» scrive Luisa Grion: dopo l’annuncio del ministro di voler avviare una riforma del lavoro e della flessibilità, i sindacati hanno risposto dicendo che le sue parole sono una dichiarazione di guerra. Tre le protagoniste: Susanna Camusso («dicono riforma del lavoro, in realtà sono licenziamenti facili. Scendete dalle cattedre e guardate i disoccupati), Elsa Fornero («sono dispiaciuta per un linguaggio che pensavo appartenesse al passato»), Emma Marcegaglia («oggi non ci son più totem né tabù. Abbiamo rigidità in uscita dalle aziende senza eguali»). Anche Cisl e Uil sono in disaccordo con il governo. Quanto alla politica, Pdl possibilista, favorevole il Terzo polo, attendista il Pd. Il confronto partirà a gennaio. “Tre donne per una riforma” è il titolo dell’analisi di Chiara Saraceno; “Se l’articolo 18 diventa un lusso” è invece il titolo del commento di Stefano Rodotà: il declino dell’epoca dei diritti, la promessa dei due tempi (prima l’economia poi i diritti, «ma l’esperienza di questi anni ci dice che di quel film viene sempre proiettato solo il primo tempo»), la disugaglianza in crescita (ma qual è la soglia «superata la quale è a rischio la stessa democrazia?»). Occorre valorizzare la portata e il ruolo dei trattati europei…

IL GIORNALE apre a tutta pagina “Commessi da 9mila euro” ad aprire un reportage sulle “Caste nascoste”. Nel sommario però spazio anche a “Articolo 18, la Fornero licenzia i sindacati: preoccupante il loro attacco”. All’interno una pagina è dedicata al braccio di ferro governo-sindacati. Antonio Signorini firma “La Fornero resiste ai sindacati: sui licenziamenti vado avanti”. «Il ministro del Welfare Elsa Fornero non si aspettava reazioni così dure, non tanto alla manovra quanto alla sua intervista al Corriere della Sera. Cgil, Cisl e Uil sono scesi in piazza, uniti dopo anni di divisioni. Dal segretario della Cgil Susanna Camusso (l’esecutivo Monti ha un “tratto autoritario”), al leader Cisl Raffaele Bonanni (il ministro del Welfare di “fare la maestrina”), fino a Lugi Angeletti della Uil, i capi dei sindacati si sono messi in competizione tra loro, questa volta però solo sul livello di intransigenza contro il governo e la manovra Salva Italia». Il giornalista spiega che «il ministro del Lavoro si è detta “molto preoccupata” per le “implicazioni” che il no dei sindacati avrà sul Paese. E il riferimento è al fatto che le sue parole sull’articolo 18 (“non ci sono totem”, cioè niente preclusioni) e sul “contratto unico” di Pietro Ichino come ricetta per superare il precariato, sono state respinte duramente. La prospettiva, insomma, è di fare cadere una delle riforme che ci chiede l’Europa». In taglio più basso un articolo di Laura Cesaretti che titola “Welfare, la Camusso mette in difficoltà la sinistra”. «La Cgil scava la sua trincea contro il governo “supponente” e “autoritario”, e alza la bandiera dell’articolo 18: “una norma di civiltà”, dice Susanna Camusso. Visto che ai tempi di Cofferati era definita “diritto umano fondamentale”, un piccolo passo avanti c’è stato, ma il “totem” resta. E l’avvertimento della Camusso al centrosinistra è chiaro: sulla riforma del lavoro non sono ammesse defezioni. Per il Pd si apre una stagione più difficile ancora di quella vissuta con la manovra “lacrime e sangue”, perchè sulla riforma del lavoro si sta saldando alla sua sinistra un fronte compatto attorno alla Cgil: ieri Nichi Vendola ha incontrato i leader sindacali e ha minacciato “reazioni durissime” se si tocca l’articolo 18; mentre Tonino Di Pietro è già sulle barricate contro “l’attacco ideologico” allo statuto dei lavoratori. I sondaggi recenti, peraltro, danno un Pd che resta sì sopra al Pdl, ma perde consensi a favore di Sel, Idv e grillini. Ma all’interno del Pd anche l’anima riformista (dai veltroniani ai lettiani all’area di Franceschini) è forte e ansiosa di alzare la testa, e vede proprio in questa battaglia l’occasione di un chiarimento interno, potenzialmente esplosivo».

“18 dopo Cristo” titola oggi IL MANIFESTO in apertura “Come una miccia nella polveriera della crisi, sull’articolo 18 esplode il conflitto di governo e Confindustria con i sindacati. Marcegaglia insiste: non è un tabù. Camusso replica: è una questione di civiltà. Il Pd spera almeno in un rinvio” riassume il sommario che rinvia alle pagine 2 e 3. Allo stesso tema sono dedicati l’editoriale di Lori Campetti “Il rimedio miracoloso” e una vignetta di Vauro in cui è disegnato il classico operaio che tiene sulle ginocchia il ministro Fornero mentre la sculaccia come un bambino capriccioso. Il titolo della vignetta è “Facciamola piangere”, nella nuvola l’operaio dice “Quante volte te lo devo dire? L’articolo 18 non si tocca”. Scrive Campetti ironicamente: «Abbiamo trovato il modo per uscire dalla crisi, rilanciare l’economia e attrarre i capitali stranieri, risolvere il problema del precariato e dare un futuro ai giovani. Se va bene, potremmo farla finita persino con la fame del mondo (…)» e più avanti «Con un accanimento degno di miglior causa, finalizzato solo a regolare i conti con il Novecento, riparte l’assalto a un diritto che, con un’operazione subdola, quanto stantia, viene declassato a privilegio (…)». E sulla Fornero aggiunge «(…) L’ultimo imbroglio della ministra che promette “La riforma dl ciclo della vita” (qui siamo oltre il miracolo) è il tentativo maldestro, anch’esso stantio, di contrapporre privilegi dei “vecchi” alla condizione precaria dei giovani. C’era bisogno di cambiare governo per continuare a sentire queste banalità?» e conclude «Era il 24 marzo  del 2001 quando tre milioni di italiane e italiani occuparono Roma in difesa dell’art. 18, il ministro dovrebbe ricordarselo. E dovrebbe ricordarsi che un altro ministro del lavoro, piemontese come lei, aveva varato lo Statuto. Si chiamava Donat Cattin, era democristiano. Sarebbe stato meglio morire democristiani?». Le pagine 2 e 3 si aprono con il titolo “L’articolo 18 non si tocca” e nel sommario si spiega “Cgil, Cisl e Uil compatte (per una volta) contro il progetto Fornero. Camusso: «È una giornata di civiltà». Bonanni: «Paghino meglio i precari». Ma Marcegaglia protesta: «Adesso basta con i tabù». Nella fascia grigia in alto si legge “Arrabbiati. I confederali in piazza per lo sciopero degli statali attaccano la manovra. La ministra del Lavoro: «Contro di me parole preoccupanti»”. Nelle due pagine in cui domina la foto della manifestazione di ieri a Roma si fa un affondo anche sulla posizione del Pd che, si sottolinea nel titolo di pagina 3 “spera almeno in un rinvio” anche se si avvisa “Nel partito c’è chi parla di «museo delle cere»”. Che nel Pd ci siano un po’ di problemi lo sottolinea l’incipit dell’articolo: «(…) ora come ora la posizione del partito è questa (come espressa dal suo segretario): “Facciamoci il natale e lasciamo stare l’articolo 18”. Una posizione che assomiglia a una speranza (…)».
 
Nell’articolo a pagina 7 il SOLE24ORE non si presta alla sfida a tre ma la riduce a due: Fornero contro Camusso. Dove ovviamente Camusso fa la parte della strega cattiva: nella «caldissima giornata di ieri» l’invito al dialogo della ministro «è rimasto inascoltato. Susanna Camusso non concede nulla» e neppure gli altri due sindacati, ma «l’articolo 18 agita anche il Pd». Insomma un «attacco netto» al governo, almeno per il SOLE. Di spalla invece ecco un pezzo che anticipa il piano del governo sulla riforma del mercato del lavoro: secondo il SOLE sarebbero allo studio misure quali «una riforma degli ammortizzatori sociali» che dovrebbe portare «a un’estensione a tutti i lavoratori dell’indennità di disoccupazione all’80%». Abbinata a questa, c’è l’idea di abbandonare la cassa integrazione a zero ore «per puntare su forme di tutela del reddito legate alla condizionalità che il lavoratore rimasto senza impiego si rimetta sul mercato con percorsi di riqualificazione». E il punto dolente dell’articolo 18? L’ipotesi del Sole è questa: un suo «superamento» grazie al «contratto a tempo indeterminato con estensione a tutti i neo-assunti delle tutele contro i licenziamenti, aprendo però la strada alla possibilità di ricorrere ai licenziamenti per ragioni economiche o riorganizzazione aziendale». «È il modello danese di flexsecurity che tanto piace a Mario Monti», conclude il SOLE, che ne aveva parlato anche ieri, aprendo alla possibilità di introdurre il reddito minimo.

Niente scontro Fornero-Camusso in prima pagina. ITALIA OGGI sbeffeggia: «Forse il ministro Elsa Fornero si è portata un po’ troppo avanti con il Lavoro. Il governo di Mario Monti non ha ancora condotto in porto la manovra salva Italia, che già infuria la polemica sull’articolo 18, ossia sulla licenziabilità dei lavoratori: un tema su cui nessun esecutivo, finora, ha dimostrato di avere la forza di reggere». La pag. 3 passa in rassegna le principali posizioni sul tema. La Camusso («c’è un livello di aggressione nei confronti dei lavoratori e delle lavoratrici che fatto da una donna stupisce molto»), Raffaele Bonanni («A 24ore da una manovra calda che colpisce lavoratori e pensionati, si aggiunge un’iniziativa che crea molta tensione e confusione») mentre Bersani getta acqua sul fuoco: «Non c’è ancora nulla, inutile mettersi a discutere su cose che non sono ancora emerse. Credo che possiamo farci il Natale con un po’ di serenità».

L’articolo 18 apre la prima pagine di AVVENIRE. Oltre la cronaca, Avvenire intervista Giuliano Cazzola, Pdl e esperto di politiche economiche e del lavoro  che dice: «si deve uscire dalla dicotomia per cui alcuni lavoratori sono super tutelati e altri per nulla. L’obbligo del reintegro che scatta con il sedicesimo dipendente impedisce alle imprese di crescere: il datore di lavoro prima di passare quel confine numerico ci pensa due volte. La tutela in caso di licenziamento discriminatorio deve essere al 100%. Negli altri casi è sufficiente il risarcimento del danno o affidare al giudice di valutare se ci si trova in un caso che impone il reintegro.  Sono necessarie  comunque politiche attive del lavoro che consentano di trovare un’altra occupazione».  Infine, un consiglio al ministro: «Vada avanti: anche le pensioni di anzianità erano un tabù e in un mese ha demolito questo totem dimostrando che i sindacati sono tigri di carta.  Si ricordi anche come andò a finire il referendum sull’art.18 sostenuto da Cgil  e d alcune forze di sinistra: mancò il quorum». 

“Imu, la rivolta della Lega”, titola LA STAMPA, mettendo lo scontro sindacati-governo nel catenaccio. Il pezzo sulla “Battaglia sul lavoro” è posizionato a pag 4 ed è firmato Rosaria Talarico sotto il titolo “Scontro sull’articolo 18. Bonanni sta con la Cgil”. «Contro tra governo e sindacati, ma anche tra sindacati e imprese, prima ancora che si apra il tavolo sulla riforma del mercato del lavoro. «Nessun tabù», dice il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia. «È una norma di civiltà», insiste all’opposto il leader della Cgil, Susanna Camusso. Commenta il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, «rammaricata» ma anche «dispiaciuta e sorpresa» per un linguaggio di «un passato del quale non possiamo certo andare orgogliosi»: «la reazione» dei sindacati, afferma, «non la capisco, e mi preoccupa anche molto non sul piano personale, ma per le sue implicazioni per il Paese». Questa la sintesi della diatriba nella versione del quotidiano torinese, che nella versione cartacea approfondisce le posizioni del numero uno della Cgil Susanna Camusso («il governo parla di riforma del mercato del lavoro, ma in realtà si annunciano licenziamenti facili»  e quella del cislino Raffaele Bonanni: «Alla signora Fornero dico: se vuole fare qualcosa per i precari metta a disposizione gli incentivi, in modo che chi è flessibile non si trasformi in precario. La Fornero che fa la maestrina dovrebbe sapere che senza più salario non si possono avere più contributi per le pensioni».  
 
E inoltre sui giornali di oggi:
 
CALCIO SCOMMESSE
IL GIORNALE – Insolito editoriale dell’ex direttore Vittorio Feltri, atalantino doc, che titola “Doni in manette ma per me resta un grande”. «Mi onoro di essere amico di Doni e so che, oltre ad essere stato un fuoriclasse sul campo, è un ragazzo perbene e intelligente, e non esito a stare dalla sua parte anche in questa circostanza. E lo sarei anche qualora le toghe lo considerassero, al termine del procedimento, colpevole. Mi rifiuto di pensare a Cristiano come a un boss. Se poi lo fosse, mi dispiacerebbe per lui stesso, per sua moglie e per la sua bambina, ma non gli negherei mai la mia amicizia, la gratitudine per aver deliziato me e i miei concittadini, nel corso di tanti anni, col suo gioco da campione».   

ARGENTINA
IL MANIFESTO – Richiamo in prima e un ampio articolo a pagina 7 per il decennale della crisi Argentina “Bancarotta e rivolta, una lezione per l’Italia”, titola il richiamo, mentre l’ampio articolo sceglie un titolo interlocutorio “Il collasso e la rinascita Nessuna lezione per l’Italia?” ci si chiede sottolineando come tra il 19 e il 20 dicembre 2001 a fronte della bancarotta neo-liberista ci fu una rivolta popolare e a questa fa riferimento la foto dedicata al “cacerolazo” del dicembre 2001. “Due realtà molto diverse quelle argentina e italiana. Ma con elementi di analogia che dovrebbero far riflettere”. Nell’articolo si ripercorrono le tappe della storia argentina e si conclude: «La sospensione dei rimborsi di un debito arrivato al 140% del pil. Il default. L’improvvisa svalutazione del peso, estremamente traumatica. Fu come ricominciar tutto di nuovo. Un altro paese, un’altra storia».

COREA DEL NORD
CORRIERE DELLA SERA – Due pagine, 22 e 23, dedicate alla morte di Kim Jong-Il: “Addio al caro leader. E la Nord Corea ora spaventa l’Asia”. La notizia: “Ora tocca al terzo Kim, il figlio Jong-un. Meno di trent’anni, scuole in Svizzera, capace di sorpassare fratelli e fratellastri avventati (Jong-nam venne arrestato nel 2001 mentre cercava di visitare la Disneyland giapponese). Colpito da ictus nel 2008, Kim Jong-il aveva avviato una transizione a tappe forzate, carica dopo carica, presentando il Giovane Generale come erede nell’autunno del 2010. I suoi ritratti già affiancavano qua e là padre e nonno. Ora è il Grande Successore, e ieri gli speaker in lacrime di radio e tv raccomandavano al partito, al popolo e all’esercito di stringersi a lui” scrive Marco Del Corona, che a pagina 33 fa un ritratto del paese e della dinastia di dittatori: “Bimbi Affamati, Internet per i Capi. Cartoline dalla Fortezza Comunista”. Scrive il corrispondente del CORRIERE: “la Corea del Nord è plasmata sulla politica del «Songun», «prima i militari», elaborata e portata all’estremo da Kim Jong-il. Sono loro, un milione e 200 mila (più quasi 6 milioni di riservisti), ad assorbire la fetta maggiore di un Pil calcolato nominalmente su 1.800 dollari pro capite annui. E c’è, a tenere insieme il tutto, un nazionalismo parossistico e autarchico che talvolta fa diffidare persino degli «amici» cinesi: si chiama «Juche», altra elaborazione del Kim Jong-il filosofo. E lo spirito patriottico viene addirittura prima di un socialismo spacciato — anche questo — quasi di esclusiva produzione locale. Non socialismo e basta, ma socialismo coreano”.

PAPA A REBIBBIA
AVVENIRE – “l no del Papa alla «doppia pena»” è il titolo che sintetizza l’appello che Benedetto XVI ha rivolto in occasione della sua visita al carcere di Rebibbia.  Che è stata punteggiata dalle lettere dei detenuti. Anche il ministro della Giustizia Paola Severino, ne ha letta una all’interno del discorso ufficiale con cui ha accolto il Papa a Rebibbia. AVVENIRE ne pubblica altre due, di due detenuti,  che sono state lette davanti al Papa, con relativa risposta del pontefice, rimasto colpito da una frase: «siamo caduti, ma siamo qui per rialzarci».  

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