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Articolo 14, una rivoluzione a metà strada

A due anni dalla legge Biagi che ha cambiato le modalità di accesso al lavoro per le persone svantaggiate e per i disabili, SocialJob fa un bilancio.

di Francesco Agresti

Doveva essere un attacco all?integrazione dei disabili, come preconizzò la Cgil, un modo per eludere la legge 68 sul diritto al lavoro dei disabili, per deresponsabilizzare le parti sociali, relegando i lavoratori svantaggiati nel ?ghetto? della cooperazione sociale, come sostenevano le associazioni dei disabili.

Sul banco degli imputati l?articolo 14 del decreto legislativo 276 del 2003, la norma che regola le convenzioni che amministrazioni provinciali, associazioni delle cooperative sociali, sindacati e organizzazioni datoriali possono sottoscrivere per favorire l?inserimento lavorativo di persone svantaggiate. In base al contestato articolo, le imprese possono affidare alle cooperative sociali delle commesse, esternalizzando una parte del loro processo produttivo. Parte delle persone disabili inserite dalle cooperative sociali di tipo B a seguito della fornitura della commessa, può essere calcolata dalle imprese nella quota di lavoratori disabili da assumere obbligatoriamente, secondo quanto previsto dalla legge 68 del 1999. Il ministero del Welfare ha affidato alla Sviluppo cooperazione e occupazione, una società di Italia Lavoro, l?attività di monitoraggio sulla sperimentazione dell?articolo 14, per tracciare un primo bilancio a due anni dalla sua entrata in vigore. «Finora», spiega Mario Conclave, direttore di Sco, «sono state sottoscritte e convalidate dalle Regioni 10 convenzioni provinciali di cui nove nelle regioni del Nord e una sola al Sud, a Catania, mentre è in corso di validazione, da parte della Regione Lombardia, l?accordo siglato a Brescia. Tra quelle sottoscritte, tre sono pienamente operative: Milano, Bergamo e Treviso. Il ritardo nell?applicazione è imputabile al meccanismo concertativo alla base dell?articolo 14, posto a garanzia degli stessi lavoratori svantaggiati». «Le convenzioni», prosegue Conclave, «sono prevalentemente finalizzate a favorire l?inserimento di persone con disabilità gravi e sono stati concordati limiti stringenti alla possibilità di assolvere gli obblighi della legge 68 attraverso l?esternalizzazione delle commesse».

I risultati non convincono Pietro Barbieri, presidente di Fish: «L?articolo 14 è stato presentato come una norma che avrebbe dovuto aumentare l?occupabilità delle persone disabili, ma così non è stato. Il problema del collocamento dei disabili non può essere scaricato sulle cooperative sociali». «Anche se la sperimentazione prevista dall?articolo 14 è ancora in fase iniziale e i numeri possono risultare poco significativi», replica Massimo Giusti, responsabile relazioni sindacali di Federsolidarietà, «la cosa interessante è la mobilitazione che c?è stata e che ha rilanciato il tema della concertazione tra imprese profit, cooperative sociali e pubblica amministrazione. In questi due anni vi è stata una sorta di mobilizzazione delle coscienze nel tentativo di offrire opportunità in più di inclusione socio-lavorativa. è indubbio che il lavoro svolto per l?applicazione dell?articolo 14 ha creato le premesse di una nuova stagione per l?imprenditoria sociale e per l?inserimento lavorativo».

Il caso Treviso
I disabili iscritti alle liste di collocamento sono circa 500mila, 25mila quelli inseriti dalle cooperative sociali di tipo b, con una media di 1.500 l?anno, cifra 30 volte superiore rispetto alle altre imprese. Nelle coopsociali ogni quattro lavoratori svantaggiati ve ne sono mediamente sei normodotati, il rischio quindi di trasformare le coop sociali in imprese ghetto con al lavoro solo disabili è ben lontano. L?inserimento lavorativo di persone svantaggiate avrà inoltre un?arma in più potendo contare, stando alla bozza ministeriale del decreto legislativo sull?impresa sociale, anche su queste ultime.

Il meccanismo regolato dall?articolo 14 riproduce quello messo a punto a metà degli anni 90 in provincia di Treviso su iniziativa delle associazioni dei famigliari dei disabili. «La nostra è una zona a forte industrializzazione», racconta Adone Bordignon, presidente del consorzio di coop sociali Intesa, 1.800 soci lavoratori di cui 380 svantaggiati, «che è riuscita a garantire l?inserimento delle persone con forme lievi di disabilità, mentre mancavano risposte al problema dell?inserimento dei disabili più gravi, specie quelli psichici. Nel 1996, per iniziativa delle associazioni dei famigliari dei disabili, viene sottoscritto un accordo tra coop sociali, imprese e servizi pubblici identico a quello ripreso dall?articolo 14, un?intesa che viene firmata da tutti, anche dalla Cgil». «In due anni», prosegue Bordignon, «sono stati inserite 200 persone disabili ed è stata favorita la crescita di almeno 8 cooperative sociali. Oggi, grazie all?attività di 28 cooperative sociali, i lavoratori disabili inseriti sono 380. E sono almeno 50 le imprese di medio-grandi dimensioni che hanno manifestato la disponibilità a sottoscrivere accordi».

La possibilità di stipulare convenzioni, in realtà, era prevista anche dall?articolo 12 della legge 68/99 sul diritto al lavoro dei disabili. Una norma che regolava l?inserimento temporaneo del disabile in una cooperativa sociale e il successivo trasferimento del lavoratore nell?azienda for profit. Formula che ha avuto uno scarso successo perché regolata da un meccanismo complesso e di difficile attuazione, tant?è che, anche chi aveva provato ad applicarla, l?ha abbandonata preferendo la soluzione prevista dall?articolo 14.
A Macomer, in provincia di Nuoro, la cooperativa Progetto H era pronta a siglare un accordo per l?inserimento temporaneo di disabili psichici con due aziende lombarde. «Con l?entrata in vigore dell?articolo 14», ammette Francesco Sanna, presidente della cooperativa e del Solco nuorese, «abbiamo modificato la precedente intesa». In due anni, la cooperativa sociale Progetto H ha avviato al lavoro 19 disabili psichici di età compresa tra i 20 e i 50 anni che altrimenti non avrebbero avuto alcuna possibilità di inserimento.

L?articolo 14
Cosa prevede la legge Biagi

egola le convenzioni con le quali le imprese affidano delle commesse alle coop sociali che inseriscono stabilmente persone svantaggiate e disabili. Precedentemente, l?articolo 12 della legge 68 prevedeva l?inserimento temporaneo di disabili presso le cooperative sociali. Al termine di tale periodo il disabile deve essere inserito in azienda.

Definizione
Chi è lo svantaggiato?

l regolamento della Comunità europea n. 2204/2002 all?articolo 2 definisce così il lavoratore svantaggiato: giovane con meno 25 anni che non ha mai lavorato regolarmente; lavoratore migrante; persona appartenente a minoranze etniche; disoccupato da due anni; adulto che vive da solo con figli a carico; 50enne che ha perso il lavoro; disoccupato lungo periodo; persona affetta da dipendenza; detenuto; donna che vive in zone con elevata disoccupazione.
In Italia la legge 381/1991 art. 4 definisce gli svantaggiati: invalidi fisici, psichici e sensoriali ex degenti di ospedali psichiatrici e giudiziari, soggetti in trattamento psichiatrico, tossicodipendenti, alcolisti, minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà famigliare, detenuti, condannati ammessi a misure alternative.

In pratica
I benefici per la comunità

iduzione o azzeramento della spesa assistenziale.
L?assunzione è, spesso, il completamento di un percorso educativo integrato che determina la cessazione di rilevanti costi assistenziali:
– riduzione o azzeramento della spesa carceraria
– azzeramento sussidi per disoccupazione o altri ammortizzatori sociali
– riduzione o azzeramento dei servizi sociali complementari
– apporto alla fiscalità diretta gettito Irpef sui redditi da lavoro
– apporto alla fiscalità indiretta: gettito Iva connesso all?attività lavorativa
– apporto al sistema previdenziale

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