Welfare

Art Work 1970

di Flaviano Zandonai

Il Mart era pieno ieri. Stretti stretti nei vicoli della mostra di Modigliani. E soprattutto al seguito di Mario Botta, guida d’eccezione alla mostra dedicata alle sue architetture. Quasi nessuno invece all’ultimo piano, alla selezione di arte concettuale di Giuseppe Panza di Biumo, uno dei più importanti e innovativi collezionisti italiani, recentemente scomparso. “Le cose più importanti non sono definibili”, questa sua affermazione introduce ad una delle opere più affascinanti e inquietanti di Robert Barry datata 1970. In una stanza bianca, dalle alte pareti, campeggiano frasi, direi quasi versi poetici, che riguardano la conoscenza. Frasi che da una parte mettono in primo piano, come per l’universo, la parte ignota e indeterminata, che è sostanziale. E che d’altra parte rappresentano i presupposti per l’articolazione di un discorso scientifico che ben lungi dall’esprimersi per regole generali, procede invece per approssimazioni. Non come ripiego, ma come scelta metodologica. Davvero suggestivo, anche per chi, soprattutto in campo sociale è chiamato a fare ricerca e, soprattutto, a pianificare e programmare in un settore assai sfuggente dove la parte indefinita regna sovrana (soprattutto quando si pensa di essere riusciti in qualche modo a “mapparla”). Ecco le frasi, anche se naturalmente andrebbero viste installate.

Cambia continuamente.

Ha un ordine.

Non ha un luogo specifico.

I suoi confini non sono fissi.

Ha effetto su altre cose.

Potrebbe essere accessibile ma passa inosservato.

Qualche sua parte può anche essere parte di qualcos’altro.

Ha qualcosa di familiare.

Ha qualcosa di strano.

Conoscendolo, lo si cambia.


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