Krisztina Takacs, 31 anni, ungherese e sociologa delle minoranze, oggi lavora sui temi dell?immigrazione da un osservatorio privilegiato: il Parlamento europeo. Dove è l?assistente di Istvan Szent-Ivanyi, parlamentare ungherese che fa la spola tra Budapest e Bruxelles come ?osservatore? delle istituzioni europee.
Istituzioni che, per Krisztina, invece di preoccuparsi delle invasioni dei nuovi europei dovrebbero incentivare il loro ingresso nel Vecchio Continente: “Per rendersene conto basta leggere le previsioni sullo stato del pianeta fatte dalle Nazioni Unite. Nei prossimi cinquant?anni, la popolazione della Terra crescerà da 6 a 8,9 miliardi di persone, mentre quella europea diminuirà del 6%. Oggi 100 lavoratori europei provvedono al sostentamento di 35 pensionati, tra 50 anni la proporzione sarà di 100 a 75. E in Italia e Spagna addirittura di 1 a 1. L?Unione ha bisogno di nuova forza lavoro.
Vita: Per i cittadini ungheresi, non cambierà niente?
Krisztina Takacs: Qualcosa sì, ma siamo lontani dai pieni diritti di cittadinanza cui si pensa parlando di allargamento. Dal primo maggio, se faccio richiesta di un lavoro nell?Ue, ho un diritto di vantaggio rispetto a un candidato dei Paesi terzi, per esempio della Russia. E, se ottengo un permesso di lavoro, quando questo scade ho il diritto di rimanere. I diritti di cittadinanza per noi sono importanti più dal punto di vista simbolico che da quello pratico. Gli ungheresi, al contrario di quello che dicono i giornali europei, non fremono per emigrare in Italia o in Spagna o in Gran Bretagna. Se mai, c?è la tendenza opposta.
Vita: Quale tendenza?
Takacs: Chi è scappato dall?Est ai tempi del comunismo, adesso cerca di rientrare. L?economia è migliorata, e gli ungheresi sono molto legati al loro Paese. Chi lo lascia per studiare, lo fa per acquisire conoscenze da usare a casa. E lo stesso vale per i cittadini dei 10 nuovi Stati membri che considerano l?ingresso nell?Unione come una possibilità di sviluppo. Non di fuga.
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.