Formazione

Arriva l’indice della felicit

Ma i pareri sulla sua efficiacia non sono concordi come dichiara l'economista Faini all'agenzia Apcom

di Redazione

Misurare il benessere di una nazione non soltanto attraverso il Pil, ma anche in base alla felicità del singolo è “una questione di grande interesse, ma difficilmente realizzabile a causa della soggettività e della incomparabilità degli indici fra loro”. E’ quanto sostiene l’economista, Riccardo Faini, interpellato da Apcom sulla questione dell’arrivo dall’America del ‘National well-being account’, il cosiddetto ‘indice della felicità’ utile a misurare, accanto a reddito, indebitamento e disoccupazione il livello di sviluppo di un Paese. “E’ un’area di grande interesse e non completamente nuova ai sociologi – spiega Faini – ma appunto di difficile misurazione perché o gli indicatori non sono misurabili oppure quando lo sono non sono aggregabili”. “In Italia – precisa l’economista – esistono già indici di questo tipo che misurano il grado di benessere del singolo. Si basano su parametri quali la dimensione ambientale, salariale, professionale, ecc. Tutti elementi che poi si riuniscono in un unico indice sintetico”. Altri tentativi, prosegue, sono stati fatti dagli Usa attraverso ‘l’indice di sviluppo umano’ che prende in considerazione anche altri parametri come la sanità, l’istruzione, ecc. Secondo un rapporto del governo britannico, pubblicato dal Financial Times, la gratificazione individuale è sicuramente così importante da giustificare un intervento diretto dello Stato per favorirla. Da un primo tentativo di classificazione dei vari Paesi sulla base di quest’indice, combinato con quello del reddito individuale, viene fuori che in cima alla classifica dei Paesi ‘più felici’ ci sono Svizzera, Olanda e Irlanda, e un pò più in basso l’America. L’Italia non viene citata, mentre in ottima posizione c’è il Ghana, forse spiegano gli inglesi, per merito del football.


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