Mondo

Arriva l’assicurazione-cooperativa

Obama assicura che la riforma sanitaria andrà in porto, ma fa dietrofront sul servizio pubblico

di Daniele Biella

Avanti tutta. Anzi no: la riforma sanitaria degli Usa si farà, ma non sarà una vera sanità pubblica. È arrivata a un punto di svolta la lotta di Barack Obama per riformare il sistema sanitario nazionale degli Stati Uniti d’America e riuscire quindi dove tutti i suoi predecessori degli ultimi decenni hanno fallito, ovvero arginare la spesa pubblica per la Sanità (il 18% del Pil, che con lo status quo diverrà il 34% nel 2040) e la discriminazione in atto (il 16% della popolazione, ovvero 46 milioni di statunitensi, non può permettersi un’assicurazione medica privata).

Il fatto è che, nella sola giornata di ieri, le ‘svolte’ sono state almeno due. E in controtendenza fra loro: la prima, più emotiva e plateale, è quella che ha compiuto in prima persona lo stesso presidente Usa, prendendo carta e penna per scrivere al New York Times (un editoriale pubblicato oggi anche in Italia, da Repubblica). Un testo in cui attacca direttamente le compagnie assicurative e prende le difese di chi è senza assistenza sanitaria e dei “14mila americani che ogni giorno la perdono” per vari motivi. La seconda, invece, è quella che ha visto protagonista Kathleen Sebellius, il ministro della Sanità del governo Obama, che per la prima volta parla di non volere arrivare con la riforma a una vera e propria ‘sanità pubblica’, ma di puntare a far nascere istituti assicurativi privati gestiti però da cooperative non profit, più accessibili economicamente. Un cambiamento di rotta improvviso, che già in molti bollano come dietrofront, ma che potrebbe permettere al presidente afroamericano di uscire indenne dall’impasse di queste settimane, messo a dura prova dagli attacchi mediatici delle potenti lobby del mondo assicurativo.

E pensare che l’editoriale di Obama sembrava a senso unico: “Basta con un sistema sanitario in cui le uniche ad avvantaggiarsi sono le compagnie assicurative, che si arricchiscono sulla pelle dei malati americani”, scrive nelle prime righe del testo, che ha la forma di un j’accuse ma che in realtà mira a calmare le acque, dopo che “negli ultimi tempi gran parte dell’attenzione dei media si è concentrata sulle voci di coloro che gridavano più forte (i lobbisti, appunto, ndr)”. Ancora: “Da un indagine, tra il 2004 e il 2007 risulta che le società assicuratrici avevano discriminato più di 12 milioni di americani che avevano malattie o disturbi già in atto, rifiutandosi di stabilire loro una polizza o facendo pagare loro un premio più elevato. Noi metteremo fine a questa pratica”, ribadisce il presidente statunitense che, nell’ormai consueto ‘stile Obama’, ispira il suo discorso “dalle persone incontrate in questi mesi, che mi hanno raccontato i loro problemi”: da “Lori Hitchock, del New Hampshire, che per un’epatite C non trova un’assicurazione che le stipuli una polizza necessaria ad avviare un lavoro commerciale autonomo”, all’uomo che “ha perso l’assicurazione mentre era in un ciclo di chemioterapia perché la società assicuratrice ha scoperto che aveva i calcoli biliari. Poiché la cura è stata sospesa, l’uomo è morto”.

Sono quattro i modi che, scrive Obama, la riforma sanitaria darà “più stabilità e sicurezza ad ogni americano”: primo, “se non avete un’assicurazione sanitaria, potrete avere una copertura di qualità a un costo accessibile, per voi e le vostre famiglie”. Secondo, “la riforma metterà sotto controllo una spesa sanitaria che è alle stelle, il che significa un risparmio reale per le famiglie e per il governo”. Terzo, “renderemo più efficiente Medicare (il sistema di assistenza pubblica gratuita ora in vigore per over 65 e poveri famiglie povere con figli, ndr), che verrà destinato più a favore dell’assistenza agli anziani che ad arricchire le assicurazioni”. Ultimo, “garantiremo strumenti di tutela del consumatore che metteranno le assicurazioni nella condizione di rispondere del loro operato”.

“Nessuno in America deve rovinarsi in caso di malattia […] Alcuni sono favorevoli alla riforma, altri preoccupati. Ma tutti si rendono conto che bisogna fare qualcosa. Sono convinto che possiamo farlo, e lo faremo”: queste le parole con cui Obama chiude il suo editoriale. Uscito, però, in concomitanza con le dichiarazioni del suo ministro della Sanità, che reputa “non essenziale la creazione di un sistema assicurativo pubblico. L’importante è che ci sia qualche forma di competizione con le società assicurative”, ovvero pensando a una sorta di ‘cooperative assicurative’ private ma senza fini di lucro. E più che l’intervento sul new York Times di Obama, sono state queste ultime dichiarazioni a scatenare immediate reazioni: da sinistra, nel suo partito, è arrivata la delusione di chi vede nel cambiamento di rotta un “cedimento totale, visto che queste cooperative ci sono già e si comportano come gli altri privati”. Chi canta vittoria per “lo stop all’invasione statalista”, invece, sono i due fronti anti-riforma: il partito repubblicano, che nelle scorse settimane aveva lanciato una campagna di boicottaggio sulle discussioni pubbliche in merito alla riforma tramite l’invio di propri ‘disturbatori’, e il mondo delle lobby sanitarie, che da parecchi giorni sta occupando gran parte degli spazi pubblicitari televisivi di varie emittenti locali e nazionali con spot contrari alla riforma Obama.

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.