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Arrigoni morto, “restiamo umani”?

L'uccisione del pacifista italiano nell'analisi dei quotidiani

di Franco Bomprezzi

I fatti sono stati più veloci dei giornali. Il rapimento del volontario italiano a Gaza, Vittorio Arrigoni, si è concluso con il ritrovamento da parte di Hamas del suo corpo senza vita, impiccato. Una conclusione tragica di un sequestro di persona rivendicato da un gruppo salafita vicino ad Al Qaeda. Una vicenda con molti aspetti oscuri, che al momento viene seguita solo dagli aggiornamenti on line dei quotidiani e dei blog. I giornali in edicola hanno comunque dedicato molto spazio al racconto di chi era Vittorio Arrigoni, con la sua scelta di vita radicale, fuori dagli schemi, a fianco degli ultimi in una terra senza pace.

Vittorio Arrigoni scriveva per il MANIFESTO. Ecco perché oggi apriamo la nostra rassegna con questo quotidiano. “Restiamo umani” è questo il titolo di apertura sull’immagine di Vittorio Arrigoni, l’attivista italiano rapito e ucciso nella striscia di Gaza. IL MANIFESTO è fermo al rapimento di Arrigoni «attivista dell’International solidarity movement e collaboratore del manifesto da Gaza (…)» spiega il sommario in prima pagina dove anche inizia l’articolo di Michele Giorgio “Vivere a Gaza a difesa dei diritti dei palestinesi”. Sono due le pagine dedicate a quello che al momento di andare in pagina al MANIFESTO è solo un rapimento. Racconta Michele Giorgio: «Qualche settimana fa Vittorio Arrigoni mi ha salutato con tono preoccupato, ma non per la sua presenza a Gaza bensì per la salute del padre, operato di recente e in precario stato di salute. Ai genitori Vittorio è molto legato, non solo dall’affetto di figlio ma anche dalla condivisione di ideali politici. (…) Faceva male ieri sera vedere Vittorio bendato e con segni di violenza sul volto nel video postato su Youtube, con le mani legate dietro la schiena, mentre qualcuno gli tiene la testa per i capelli. Faceva davvero male se si tiene conto del lavoro svolto da Vittorio dal 2008 sino ad oggi per informare sempre, in ogni momento, attraverso il suo blog, su Facebook e con articoli per vari siti, su quanto accade a Gaza. (…) “Aerei F-16 israeliani hanno colpito pochi minuti fa Rafah… un contadino ucciso da un cecchino mentre era nel suo campo… bambino ferito gravemente da una raffica”, sono i messaggi che da Gaza Vittorio Arrigoni lancia continuamente al mondo, accompagnandoli con commenti ed analisi. (…)» e ancora ricorda Michele Giorgio: «Il 27 dicembre 2008 si ritrovò ad essere l’unico italiano e uno dei pochi stranieri presenti nella Striscia di Gaza durante la devastante offensiva militare israeliana “Piombo fuso”. I suoi racconti pubblicati dal manifesto, chiusi immancabilmente dalle parole “Restiamo umani”, rappresentano una delle testimonianze più lucide e coinvolgenti di quanto accadde in quei giorni d’inferno in cui Gaza, peraltro, era chiusa alla stampa internazionale. (…) A Gaza Vittorio Arrigoni era tornato, senza più lasciarla, poco più di un anno fa, passando dall’Egitto, per dedicarsi alla tutela delle migliaia di contadini palestinesi ai quali Israele non permette l’ingresso nei campi coltivati situati in quell’ampia “zona cuscinetto” costituita unilateralmente all’interno della Striscia. Era impegnato anche a scrivere il suo nuovo libro. Ma Gaza è un territorio dove troppi attori, spesso solo burattini manovrati da qualcuno, cercano un ruolo da protagonisti. Tra questi ci sono i salafiti della sedicente “Brigata Mohammed Bin Moslama”, ai quali non interessa nulla di Gaza e dei palestinesi e ancora meno dei loro amici. Vedono nemici ovunque, tranne quelli veri. (…)». Alle pagine 2 e 3 si raccontano poi le reazioni “Da tutta Italia, i pacifisti: «Subito in piazza»”. A pagina 3 di spalla l’articolo di Michelangelo Cocco racconta “Quelle corrispondenze dall’inferno della guerra”. Vengono riportati alcuni stralci delle corrispondenze di Arrigoni durante l’operazione Piombo fuso del dicembre 2008: «Avete presente Gaza? Ogni casa è arroccata sull’altra, ciascun edificio è posato sull’altro. Gaza è il posto al mondo a più alta densità abitativa, per cui se bombardi da diecimila metri di altezza, è inevitabile che tu faccia una strage di civili. Ne sei cosciente e consapevole, non si tratta di un errore, di danni collaterali. Così, bombardando la caserma di polizia di Al Abbas, in pieno centro, è rimasta coinvolta nelle esplosioni anche la scuola elementare lì a fianco. Era la fine delle lezioni e i bambini erano già in strada, decine di grembiulini azzurri svolazzanti si sono macchiati di sangue» Cocco riporta queste che solo le parole con le quali «Vittorio descrisse dalle colonne del manifesto il primo giorno di “Piombo fuso”. Con i corrispondenti stranieri bloccati dalla censura militare all’esterno di Gaza, mentre la stragrande maggioranza dei mass media si faceva le solite domande (Quanti morti? Operazione chirurgica? Durerà a lungo?) Vittorio, spostandosi in ambulanza, visitando gli ospedali, parlando con le famiglie delle vittime, raccontava in presa diretta la barbarie della risposta israeliana al lancio di “missili” Qassam da Gaza. E concludeva tutti gli articoli con un auspicio che riflette in maniera perfetta il suo spirito umanitario: “Restiamo umani”».
Online IL MANIFESTO dà la notizia della morte di Vittorio Arrigoni «E’ finito malissimo il rapimento a Gaza di Vittorio Arrigoni. L’attivista dell’International solidarity movement, che per il manifesto ha raccontato dal vivo gli orrori dell’operazione Piombo Fuso e la situazione drammatica dei palestinesi della Striscia, sarebbe rimasto ucciso nel blitz che intendeva liberarlo nella notte. Il suo corpo, fanno sapere fonti ufficiali palestinesi, è stato ritrovato senza vita in un appartamento del quartiere Qarame, a Gaza City. (…)» L’articolo online si conclude con il link al blog di Arrigoni (guerrillaradio.iobloggo.com) «un punto di riferimento per chi vuole conoscere quanto avviene in Palestina». Moltissimi i commenti.

“Vik, voce della Striscia contro l’ «assedio» di Israele” è il ritratto di Arrigoni sul CORRIERE DELLA SERA  a pagina 13, scritto da Francesco Battistini. Ne leggiamo l’attacco: “La voce tremava ancora. In sottofondo, si sentivano i botti. «Sto in casa! Non ho sentito arrivare aerei, elicotteri, niente! Solo il primo scoppio. Poi gli altri. Per la prima mezz’ora, non ho capito bene che cosa stesse succedendo. Ci siamo accucciati, ognuno si rifugia dove può. Intorno esplode tutto…» . Prima di Al Jazeera, prima dell’agenzia palestinese Ramattan. La mattina del 27 dicembre 2008, quando Israele scatenò su Gaza la guerra di Piombo fuso, la prima cartolina dall’inferno ce la mandò lui. Vittorio Arrigoni stava in un appartamento vicino alle due caserme di polizia colpite dal raid, non lontano dalla vecchia casa di Arafat. Per terra fra un tavolo e un letto, la finestra spalancata sul porto, Vik guardava fuori e intanto descriveva, lui l’unico dentro: «Sapevo di venire a vedere cose terribili, non cose così terribili…» . Chiamare Arrigoni. Da quel giorno, e per 22 giorni, diventò un impegno fisso per chiunque volesse sapere che cosa si vedeva in quel lenzuolo di terra sigillato al mondo. Vittorio era arrivato nella Striscia da qualche mese soltanto, via mare da Cipro, assieme a una delle navi Free Gaza Movement che due anni dopo gl’israeliani avrebbero deciso di fermare a ogni costo. Cominciò a scrivere corrispondenze per il manifesto, sofferte, partecipi, molto lette, che ogni giorno finivano con la stessa frase: «Restiamo Umani, Vik da Gaza City» (titolo pure del suo libro, tradotto in quattro lingue). Lecchese, pacifista «per vocazione» prim’ancora che giornalista «per dovere di testimonianza» , sul suo profilo di Facebook e sul suo blog guerrillaradio.iobloggo.com, Vik ha sempre detto con chiarezza da che parte stava: «Non credo ai confini e alle barriere, credo che apparteniamo tutti, indipendentemente dalle latitudini, alla stessa famiglia umana»” . Battistini scrive anche una scheda per spiegare chi sono i rapitori: “La sfida dei jihadisti che sognano il Califfato”. Ecco il suo dubbio: “Nemici veri di Hamas o utile strumento per il «lavoro sporco»? E’ da tre anni che i salafiti sono comparsi nella Striscia. E che una guerra, più o meno silenziosa, viene condotta contro i seguaci di Bin Laden”.

“Gaza, volontario italiano rapito e ucciso da un gruppo salafita anti-Hamas”: drammatica foto-notizia su LA REPUBBLICA che all’omicidio di Vittorio Arrigoni dedica le prime due pagine interne. Riferisce da Gerusalemme il corrispondente Fabio Scuto: «l’hanno assassinato senza aspettare la scadenza dell’ultimatum che loro stessi avevano dato» in un video ispirato «al feroce rituale iracheno» diffuso ieri. E che chiedeva la liberazione di tutti i detenuti legati alla Brigata Bin Moslama: avrebbero dovuto essere rilasciati entro stamattina. La Farnesina giò ieri aveva fatto sapere di essersi attivata, ma «un’indubbia difficoltà è rappresentata dal fatto che Hamas è sulla black-list europea per il suo sostegno al terrorismo e ufficialmente non è possibile per il nostro ministero degli Esteri stabilire un contatto con i dirigenti integralisti». La caccia ai rapitori è cominciata, conclude Scuto. A fianco un ritratto di Arrigoni: “Scudo umano, ma per vocazione una vita dalla parte di pescatori e contadini”. Il 36 enne è arrivato a Gaza tre anni fa con la prima missione pacifista della Flottiglia e da allora è quasi sempre rimasto nella Striscia. «Non credo ai confini e alle barriere, credo che apparteniamo tutti, indipendentemente dalle latitudini, alla stessa famiglia umana», diceva nei suoi servizi da Gaza (molti sono online). Scriveva per Il manifesto e per il blog: guerrillaradio.iobloggo.com e il suo motto – «restiamo umani» – è diventato il titolo di un volume in cui ha ricostruito dal punto di vista dei pacifisti «le tre settimane di massacro subite dai palestinesi» durante Piombo fuso, l’operazione del 2008-2009. In appoggio un pezzo che spiega chi sono i salafiti, divisi in tre principali movimenti: «rappresentano una spina nel fianco per Hamas». Si tratta del Jund Ansar Allah (i Soldati di Dio), del Jaish al-Islam (l’Esercito dell’Islam) e del Jaish al Umma (l’Esercito della Nazione). Il più pericolo di questi gruppi per Hamas e per gli equilibri dell’area è quello dei Jund Ansar Allah. «Le organizzazioni salafite si caratterizzano per una rigorosa ideologia apocalittica che comprende un netto rifiuto di tutto quanto è relativo all’Occidente. Il loro obiettivo è quello di ristabilire il ‘vero Islam’ tramite il ritorno alle fonti, ovvero al Corano e alla Sunna del Profeta Maometto». Nel suo commento, Renzo Guolo (“Il simbolismo del terrore”) contestualizza questa morte: «ad Arrigoni venivano attribuite responsabilità soggettive e oggettive: quella di portare nelle case palestinesi la “corruzione morale”, riferimento a stili di vita ritenuti “deprecabili” e di appartenere a uno “Stato infedele”, l’Italia».

Interessante l’intervista, sul quotidiano on line IL SUSSIDIARIO.NET, a Michael Herzog, Brigadiere Generale della riserva dell’esercito israeliano, International Fellow del Washington Institute for Near East Policy, e che scrive spesso sul quotidiano Haaretz. Ecco come individua e descrive i possibili responsabili del rapimento e dell’uccisione di Arrigoni: “I salafiti sono divisi in diversi movimenti. Quello che sembra coinvolto in questo caso è Tawhid wal-Jihad, che significa «Monoteismo e Jihad». Sono affiliati alla Jihad internazionale e ad Al Qaeda, ed è nota la loro identificazione con queste realtà. Nella striscia di Gaza ci sono altri gruppi affiliati ad Al Qaeda, e ciò che vogliono non è solo imporre la Sharia, cioè la legge islamica come guida della vita quotidiana dei musulmani, un obiettivo che fa parte anche del programma di Hamas. I salafiti vogliono anche ritornare a un’applicazione della Sharia molto più rigorosa, tradizionalista ed estremista. Non sono aperti a uno stile di vita moderno, vogliono stabilire una dominazione islamica che trascenda lo Stato nazionale, ma inglobi l’intera Ummah, cioè la comunità musulmana di tutti gli Stati islamici del mondo. I salafiti interpretano l’Islam in una forma davvero estrema, ancora più di Hamas.”

Nessuna notizia in prima su IL GIORNALE sul rapimento del volontario italiano, Vittorio Arrigoni, a Gaza. In compenso il titolo sparato in prima è “Sparano alle gambe” riferito all’agguato subito da Andrea Antonini, esponente di estrema destra a Roma. Poi, ci si accorge che in mezzo al titolo in prima, sciolto nel catenaccio, c’è qualcosa di strano: “Rapito dagli integralisti islamici un italiano a Gaza”. Manca ovviamente il rimando all’interno, come se il quotidiano avesse deciso all’ultimo momento che no, qualcosa in prima sull’accaduto ha da esserci, ma viene fuori un pasticcio. Comunque sia, a pagina 12  il servizio, non firmato: “Gaza, italiano rapito dagli islamici «Hamas ci ascolti o lo uccidiamo»”. Impasto di agenzie, superato dagli eventi. 

Sulle pagine di AVVENIRE del quotidiano la notizia sul pacifista italiano ucciso a Gaza non è aggiornata. A pagina 13 si parla solo del suo rapimento da parte del gruppo radicale salafita, uno dei tanti gruppi “deviazionisti” che considerano Hamas debole nell’applicazione della sharia. Invece il sito di AVVENIRE apre con un’ampia pagina intitolata “Sangue nella striscia”  e scrive: «Il corpo senza vita di del volontario italiano Vittorio Arrigoni, 36 anni di Lecco, è stato trovato in un appartamento di Gaza city al termine di un blitz di Hamas nel cuore della notte. La Farnesina ha confermato stamani l’uccisione del volontario. Esprimendo cordoglio alla famiglia, ha condannato nei termini “più fermi” il “vile e irragionevole gesto di violenza”. Secondo il portavoce di Hamas, Yiab Hussein, le ricerche avevano portato quasi subito all’arresto di un primo militante salafita, il quale avrebbe poi condotto gli uomini di Hamas fino al covo, un appartamento, in cui Arrigoni era stato portato. Il portavoce ha riferito che altri salafiti sono attualmente ricercati, ha espresso la volontà di Hamas di “stroncare il gruppo dei rapitori” e ha condannato l’uccisione di Arrigoni – indicato come “un amico del popolo palestinese” – definendola “un crimine contro tutti i nostri valori”. L’organizzazione International Solidarity Movement (Ism), di cui Vittorio Arrigoni era membro, si è detta sconvolta dalla notizia dell’omicidio del volontario italiano. Huwaida Arraf, co-fondatore dell’Ism, in una conversazione telefonica con la France Press ha riferito di essere “sotto shock. Ho passato la notte a piangere pensando alla possibilità che i rapitori gli avrebbero potuto far del male”, ha detto Arraf, precisando che prima d’ora non c’era “mai stata alcuna minaccia contro l’Ism a Gaza. Qui la gente ci ha accolto con grande favore perché siamo solidali con loro”. “È anomala, non ha senso l’uccisione di Vittorio Arrigoni, era un ragazzo che cercava di aiutare i palestinesi: bisogna capire chi ha interesse e chi viene danneggiato dalla morte di un volontario che forse dava molto fastidio: hanno spento una voce che parlava di ciò che avviene a Gaza”. Lo ha detto Germano Monti del coordinamento di Freedom Flotilla Italia, sottolineando che “l’uccisione di Vittorio è avvenuta troppo in fretta, non vi era forse alcuna volontà di ottenere risultati, i rapitori appartenenti ad un gruppo salafita di Gaza, prima hanno chiesto la liberazione di loro compagni detenuti da Hamas e poi lo hanno subito assassinato”».

LA STAMPA dà ampio spazio in prima pagina al rapimento di Vittorio Arrigoni. Una grande fotonotizia dell’uomo bendato e sanguinante, tenuto per la testa, titola “Gaza, rapito volontario italiano”. Per avere notizie dell’omicidio consumato nella notte però bisogna rifarsi al sito del quotidiano torinese. “Gaza, ucciso il volontario italiano” è il titolo in cui la redazione ricostruisce la cronaca delle ultime ore dell’uomo. «Il corpo senza vita di Vittorio Arrigoni, 36 anni, è stato trovato in un appartamento di Gaza city al termine di un blitz di Hamas nel cuore della notte. Un portavoce del governo dell’organizzazione integralista nella Striscia ha affermato che l’italiano era già stato soffocato diverse ore prima. L’ufficio stampa di Hamas ha poi riferito che Arrigoni è stato impiccato. La Farnesina ha confermato stamani l’uccisione del volontario. Esprimendo cordoglio alla famiglia, ha condannato nei termini “più fermi” il “vile e irragionevole gesto di violenza”». Si sottolinea che «Hamas ha preso nettamente le distanze dall’assassinio: «È un crimine atroce che nulla ha a che fare con i nostri valori, la nostra religione, i nostri usi e le nostre tradizioni», ha puntualizzato in conferenza stampa un portavoce del ministero dell’Interno facente capo al gruppo radicale palestinese, Ehab al-Ghoussein». E ancora «Il sequestro era avvenuto ieri mattina a Gaza City, dove Arrigoni – volontario dell’International solidarity movement (Ism), di casa da anni nella Striscia e votato con passione radicale alla causa palestinese – era stato catturato da tre miliziani armati. Ma la notizia si era diffusa solo qualche ora più tardi, quando i sequestratori hanno messo in giro un video, poi finito su Youtube, nel quale mostravano il rapito preso per i capelli, con gli occhi bendati, tracce di sangue sul volto ed evidenti segni di maltrattamenti». Due gli approfondimenti. Il primo su chi era Vittorio Arrigoni titolato “Arrigoni, pacifista ultra-radicale blogger dall’enclave di Hamas”. «Era stato anche minacciato di morte da un sito statunitense di estrema destra, due anni fa, Vittorio Arrigoni, il pacifista italiano rapito oggi a Gaza. Lo aveva rivelato lo stesso volontario sul suo blog. Arrigoni è un attivista per i diritti umani dell’International Solidarity Movement che più volte ha partecipato ad azioni e campagne radicali in favore della popolazione della Striscia dove vive da tre anni. Sul sito stoptheism.com, nato proprio per combattere il movimento di Arrigoni International Solidarity Movement, l’italiano veniva indicato come bersaglio numero uno per le forze armate israeliane, con tanto di foto e dettagli che permettevano di identificarlo, come un tatuaggio sulla spalla». Ma non solo «era tra i pacifisti a bordo delle imbarcazioni della missione internazionale «Free Gaza», diretta nell’agosto 2008 verso le coste della Striscia nel tentativo di forzare il blocco israeliano portando aiuti umanitari».. Il secondo approfondimento è sui salafiti. “Gli estremisti vicini a Bin Laden che criticano la linea di Hamas” è il titolo. «Ispirati da Osama bin Laden ma non direttamente collegati ad Al Qaida; estremisti sul piano religioso e politico e in concorrenza con Hamas, che giudicano troppo morbido nell’applicare la sharia, estraneo all’ideale del Califfato mondiale predicato da Bin Laden e troppo prono al compromesso politico-militare. La galassia salafita, una cui nuova sigla ha rivendicato il rapimento del volontario italiano Vittorio Arrigoni e minaccia di ucciderlo, ripropone lo spettro di una realtà che negli ultimi anni ha dato concreti (e cruenti) segnali di espansione nei Territori».

E inoltre sui giornali di oggi:

PANTELLERIA
CORRIERE DELLA SERA – A pagina 15: “I peluche di Pantelleria ai cinque orfani del mare”, reportage di Goffredo Buccini dall’isola. “Viani è la vita che ci rimane da guardare – scrive Buccini -. Schiaccia come un ossesso i pulsanti colorati della Fattoria degli animali, ride a crepapelle ogni volta che saltano fuori il cane e la mucca. Il cane è meglio non toccarglielo, se no s’arrabbia e molla spintoni. A cinque anni, il gelo e il terrore di mercoledì mattina — tra onde furiose e strilli e lacrime— fanno presto a sciogliersi in avventura, qui, nel corridoio dell’ospedale «Nagar» che pare la bottega di un giocattolaio. Tante mamme e tanti papà di Pantelleria hanno portato qualcosa ai figli di Leonie e Camille Fuamba: le favole di Pinocchio, i fumetti di Pimpa, Toy Story, bambolotti e cioccolatini, sicché questa giornata di sole e calore può sembrargli anche Natale, se mai qualcuno gli ha spiegato cos’è. Quando cercherà di ricordare sua madre, gli verranno in mente palloni di gommapiuma, orsi di peluche, una lingua incomprensibile ma zuppa d’amore, queste carezze”. E poco oltre la notizia: “Forse resterà, assieme ai fratelli e alle due sorelle ormai ragazzine. Il sindaco Di Marzio ha letto nel cuore della sua gente, ha avviato le pratiche per tenere i Fuamba qui, dove Leonie sarà sepolta, in asilo umanitario: emigrati dal Congo in Libia, scappati dalle bombe di Misurata dove Camille faceva il muratore, straziati dal mare. Difficile immaginare ragioni umanitarie più evidenti. Pantelleria s’è stretta attorno ai 190 scampati al naufragio sugli scogli dell’Arenella. Certe volte l’Italia racconta ancora storie che scaldano, certe volte non dice foeura di ball”.

NUCLEARE
IL SOLE 24 ORE – “Berlino prepara un’uscita realistica dal nucleare”, con un piano che punta sulle rinnovabili e risparmio energetico. Commento a pagina 14 “Roma pensa Berlino decide”: «Ci sono Paesi, vedi l’Italia, che si accapigliano su fantomatici piani energetici; importano gran parte del loro fabbisogno di gas e petrolio, rimanendo ostaggio dei Paesi produttori; non riescono a sfruttare fino in fondo le proprie risorse naturali. E ve ne sono altri, come la Germania, che nel giro di qualche giorno si siedono a tavolino per pensare un futuro che più che sull’atomo punti sulle rinnovabili. Lo sappiamo: la decisione del cancelliere Angela Merkel di sospendere per tre mesi la scelta di allungare fino al 2030 la durata di vita delle proprie centrali nucleari, sulla scia del grave incidente di Fukushima, è stata probabilmente emotiva e opportunistica. Ma come non apprezzare la concretezza del dibattito politico, il desiderio di capire e di decidere? Il tema del nucleare non è solo tecnico o politico, è una questione di società, tanto che al lavoro è anche un comitato etico, a cui partecipano scienziati, economisti, filosofi e uomini di chiesa. L’11 marzo il drammatico terremoto giapponese ha provocato molti dubbi in Germania sulla sicurezza dell’energia atomica; dodici settimane dopo, il 15 giugno, il cancelliere dovrebbe presentare un nuovo piano energetico nazionale. E in Italia?».

ONLUS
ITALIA OGGI – A Pag 23 un pezzo molto tecnico “L’anagrafe può attendere” sulla controversia riguardo al provvedimento di cancellazione dall’anagrafe  delle Onlus. «L’estensione delle Commissioni tributarie che annullano gli atti di diniego o cancellazione dall’Anagrafe unica delle Onlus emessi dall’Agenzia delle entrate» spiega l’articolo «diventano esecutive solo con il passaggio in giudicato. Pertanto laddove una Ctp o una Ctr accolga il ricorso del soggetto cui il fisco ha negato l’accesso all’Anagrafe, non si realizza in automatico l’iscrizione (o la reiscrizione) dell’associazione. E’ questa l’indicazione che, secondo ITALIA OGGI, è stata fornita nei giorni scorsi da Roma alle direzioni territoriali dell’ Agenzia delle entrate a titolo di linee guida».

POVERTA’
AVVENIRE – “I conti dell’altro mondo” è il titolo di apertura che annuncia il primo piano a pagina 2 e 3 tutto dedicato all’emergenza sui prezzi del cibo alle stelle denunciata dalla Banca Mondiale: “44 milioni di poveri in più da giugno”. L’allarme è stato lanciato dal numero due dell’organismo, Tobert Zoellick, dopo il picco del 36 per cento annuo registrato: «È la più grande emergenza economica che si deve affrontare: se la corsa continua si avranno conseguenze sempre più gravi. Non si può perdere tempo». Gli aumenti per il cibo hanno causato scontri in Uganda e proteste in Burkina Faso e Swaziland. Intanto il club di Brasile, India, Russia, Cina e Sudafrica lancia la sfida al vecchio G7 e avvia una sorta di Fondo monetario internazionale alternativo, un’altra tappa nel riequilibrio degli snodi della finanza internazionale. 

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