Armungia, il paese di Emilio Lussu riparte da cultura e artigianato
Tommaso, nipote del grande scrittore e politico sardo, gestisce con la compagna Barbara "Casa Lussu". Insieme stanno portando avanti un progetto ambizioso che propone un differente stile di vita rispetto ai ritmi frenetici delle città. Tante iniziative che coinvolgono artigiani e imprenditori del territorio, in particolare giovani e donne. La tessitura degli ultimi due secoli rivisitata in chiave moderna
Armungia è un paesino adagiato sulle colline del Gerrei, provincia del Sud Sardegna. Non è esattamente ciò che si definisce un luogo di passaggio. La popolazione non raggiunge i 500 abitanti, eppure la storia della Sardegna è passata di qua. Armungia, infatti, ha dato i natali a Emilio Lussu, scrittore e politico (tra i suoi libri più conosciuti e apprezzati, “Un anno sull’Altipiano”). Oggi combatte, come tutti i centri dell’entroterra, contro lo spopolamento.
C’è un’iniziativa in particolare che sta cercando di unire differenti aspetti, tutti importanti: la cultura, la tradizione, il lavoro. Ed è un nipote di Lussu a fare da apripista. Tommaso Lussu è nato e cresciuto a Roma, dove si è laureato in Archeologia preistorica, alla Sapienza. Nel 2008 si è recato ad Armungia, per un lavoro di restauro, e da quel momento non si è più mosso da lì. Ha deciso di trasferirsi in Sardegna e, dal 2016, insieme alla sua compagna Barbara Cardia cura il progetto del laboratorio “Casa Lussu”, dedicandosi al recupero della tessitura tradizionale in stretta collaborazione con tessitrici e designer. Barbara è un’artigiana tessitrice. Dal 2009, più precisamente, si occupa di tessitura a mano su telai orizzontali, quelli dell’antica tradizione sarda. Cura lo studio e la ricerca delle tecniche tradizionali. Ha approfondito la sua formazione a Macerata e a Milano. Inoltre, ha insegnato nell’ambito del progetto della Regione Sardegna “Artimed”, in collaborazione con l’Università di Architettura di Cagliari e Alghero e per il progetto “La tela di Aracne” dell’Unione dei Comuni del Gerrei.
Il preambolo era necessario per comprendere meglio l’iniziativa che Tommaso e Barbara stanno portando avanti, coinvolgendo artigiani e imprenditori di Armungia, ma soprattutto giovani e donne del loro paese. «Vogliamo stabilire legami veri tra passato e presente, custodire memorie per il futuro e cercare di inventare qualcosa di totalmente nuovo», spiegano. «Perché, dopo questo anno e mezzo di pandemia, nulla sarà come prima. In verità, tutto potrebbe diventare persino meglio di prima, ma solo se prendiamo atto che il “virus” è all’interno del mondo che noi abbiamo ereditato e costruito e, forse, era ed è all’interno di noi. Tornare al “prima” significherebbe tornare esattamente ai ritmi frenetici, alla mancanza di lavoro, al degrado, alle patologie, agli inquinamenti, al modello di sviluppo, alle ingiustizie sociali, alla distruzione della sanità pubblica, ai tagli indiscriminati alla ricerca, a tutte le negatività che hanno prodotto questo orrendo presente. Ecco, questo noi non lo vogliamo».
«Le minuscole realtà come Armungia – sottolineano ancora – sono abituate a vivere a ritmi lenti, tralasciando le cose non indispensabili e accontentandosi dell’essenziale. In questo periodo difficile per tutti abbiamo pensato in maniera approfondita al nostro lavoro sui beni immateriali e sulla salvaguardia, ma anche alle strategie per contrastare lo spopolamento. Vogliamo cogliere questo momento come un’opportunità di riflessione sui modelli economici e sociali del nostro sistema. Puntiamo sulla sostenibilità, ma anche su cultura, saperi tradizionali, agrobiodiversità, ambiente, archeologia, musei locali. Non a caso, la tessitura manuale è stato il punto di partenza sul lavoro nella Rete dei piccoli paesi, che nel 2016 ha portato al conferimento del Premio Bianchi Bandinelli all’Associazione Casa Lussu per “la tutela come impegno civile”».
Da circa dieci anni hanno iniziato a tessere a mano, recuperando due tecniche tradizionali di Armungia. La nonna di Barbara, Giovanna Serri (deceduta pochi mesi fa), ha messo a disposizione la sua grande competenza in materia, visto che ha sempre tessuto e fatto di questa attività un’integrazione all’economia domestica. «Il nostro progetto è in continua evoluzione, non ha niente a che fare con la nostalgia romantica e la staticità. Cerchiamo di introdurre elementi innovativi nella tradizione di questi luoghi, con consapevolezza e conoscenza. Per la didattica usiamo telai da tavolo a leve, come si usano nelle scuole di tessitura in tutto il mondo (tranne in Sardegna). In pochi giorni si è in grado di capire come funziona la tessitura a mano, sgombrando il campo dalla retorica di un inavvicinabile mestiere esclusivo appannaggio delle donne. La tessitura, come altri lavori artigiani, non deve essere trasmessa in maniera immutabile. Avere il nostro atelier all’interno del Museo Etnografico comunale ci consente di rendere viva la musealizzazione legata ai lavori tradizionali».
Dal 2016 Tommaso e Barbara organizzano “Un Caffè ad Armungia”, nato come festival dei piccoli paesi del territorio ma poi trasformato in un insieme di iniziative diffuse tutto l’anno. «Il festival nasceva come mezzo per diffondere conoscenza e creare momenti di approfondimento teorico, incontro, socialità, praticando la quotidianità e stimolando la nostra comunità e il territorio affinché tutto questo riattivi economia e sostenibilità per la vita di questi piccoli paesi».
Casa Lussu si pone oggi come punto di riferimento innovativo ad Armungia. Ha generato una piccola rete di movimenti culturali, sono nati alcuni B&B e un ristorante. I musei, il nuraghe, le passeggiate turistiche nel Sentiero Italia del CAI, hanno prodotto una ripresa economica nel paese. «Le statistiche più recenti segnalano un leggerissimo decremento relativo all’indice di invecchiamento: è confortante. Casa Lussu, tuttavia, si connette con le esperienze di agrobiodiversità e di offerta alimentare tradizionale di cui è protagonista la vicina cooperativa agricola di San Nicolò Gerrei. Non siamo eroi o martiri, crediamo in un progetto sostenibile di sviluppo che può ispirarsi anche a modelli vincenti che arrivano da lontano. Occorre una visione condivisa, non può essere un’iniziativa di una o due persone».
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