Formazione

Armi leggere, no degli Usa a bando

La posizione è emersa alla conferenza sulle armi leggere organizzata nella sede di New York delle Nazioni Unite

di Gabriella Meroni

Gli Stati Uniti si oppongono a qualsiasi limitazione al diritto dei cittadini di possedere armi. La posizione è emersa alla conferenza sulle armi leggere organizzata nella sede di New York delle Nazioni Unite e ha immediatamente aperto una contrapposizione fra governo americano e i Paesi dell’Onu che chiedono invece restrizioni in materia. “Non appoggiamo misure che possano imporre limiti al commercio legale e alla produzione legale di armi leggere – ha detto il sottosegretario di Stato americano per il controllo degli armamenti, John Bolton – La maggioranza delle armi che circolano nel mondo non causano problemi. Ogni Stato membro delle Nazioni Unite ha il diritto di produrre ed esportare armi per difendersi”. Nel corso della Conferenza, the Small Arms Working Group, un’alleanza composta da associazioni non governative con base negli Stati Uniti, ha accusato Bolton di sostenere le posizioni della National Rifle Association, che difende il principio in base al quale tutti hanno diritto a possedere armi. Secondo le Nazioni Unite ci sono circa 500 milioni di armi di piccolo calibro in circolazione. Nel mondo una persona su 12 ne possiede una. Ogni anno le armi leggere di piccolo calibro provocano mezzo milione di morti. La maggior parte di questi fucili e pistole sono nelle mani della polizia, dell’esercito o di persone che le possiedono legalmente. Ma questo, come ha rilevato il vice segretario generale dell’Onu, Louise Frechette, non diminuisce il problema. “Anche nelle società non dilaniate da conflitti, la proliferazione di piccole armi ha contribuito alla cultura della violenza”, ha affermato Frechette, intervenendo alla conferenza. Dal 1990 le armi leggere, ha aggiunto, sono state utilizzate in 46 dei 49 conflitti più grossi, contribuendo alla morte di quattro milioni di persone. L’ottanta per cento di queste vittime è costituito da donne e bambini. Per due settimane nel Palazzo di vetro diplomatici, esperti e costruttori di armi, cercheranno di trovare una strategia per stroncare il mercato illegale di pistole, fucili e armi simili. All’apertura dei lavori della conferenza, Amnesty International ha accusato nazioni produttrici di armi come Stati Uniti, Russia e Cina di aver cercato di ostacolare durante la preparazione dei lavori l’intesa su un piano d’azione globale, per regolamentare i traffici. Secondo uno studio di Amnesty International, pistole, fucili automatici e altre armi leggere, vengono utilizzate per commettere crimini in 100 Paesi. Degli oltre 100 Paesi messi all’indice da Amnesty, 30 sono nell’Africa subsahariana, 22 nelle Americhe, 21 in Europa e nelle repubbliche dell’ex Unione Sovietica, 17 in Asia e dieci in Medio Oriente e Nord Africa. Le principali violazioni dei diritti umani commesse con armi leggere si sono registrate in Algeria, Colombia, Federazione Russa e Guinea.


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