Formazione
Armi/Conferenza Onu: alzata di scudi dei Paesi produttori
Usa, Russia, Cina e India hanno imposto una bozza di protocollo molto più blanda rispetto al draft iniziale. Gli aggiornamenti del delegato italiano di Amnesty
Si complica notevolmente la prospettiva di una buona riuscita della Conferenza sulle armi leggere in corso in questi giorni a New York.
Dopo un’apertura molto positiva – nel corso della quale le Ong del coordinamento Controlarms hanno consegnato a Kofi Annan la petizione con un milione di facce per l’adozione del Trattato sulle armi, e un gruppo di paesi tra cui Messico, Canada e Unione Europea avevano espresso il proprio appoggio ai principli globali di protezione da inserire nel protocollo finale – ieri sera il presidente srilankese della Conferenza, Prasad Kariyawasam, ha proposto una bozza “assolutamente negativa, che rappresenta un passo indietro rispetto ai draft che erano circolati all’inizio dei lavori”, spiega Sauro Scarpelli, che sta seguendo da New York le riunioni della Conferenza.
“Il testo su cui lavoreranno ora i delegati ha perso ogni riferimento al diritto internazionale umanitario e ai diritti umani”, prosegue Scarpelli, “Sono stati eliminati i riferimenti di genere riguardanti le donne, che sono le principali vittime delle armi portatili; eliminati i passaggi riguardanti le munizioni, quelli sul possesso civile delle armi portatili e, infine, molto allentati i principi sul controllo degli intermediari”.
I Paesi che maggiormente hanno fatto pressione sul presidente della Conferenza per ammorbidire il testo sono Stati Uniti, Russia, Cina e India. Non è una sorpresa: i maggiori produttori (e detentori degli equilibri geopolitici mondiali) non vedono di buon occhio un Trattato eccessivamente vincolante sul commercio di armi, che avrebbe ricadute non solo economiche, ma anche politiche (e di potere) nelle relazioni con gli Stati acquirenti di armi leggere.
Oltre alla “Million faces”, la petizione delle Ong, in questi giorni è circolata al Palazzo di vetro anche una petizione concorrente, quella della National Rifle Association, la potente lobby americana di difesa dei diritti dei portatori d’armi da fuoco, che vanta oltre 4 milioni di soci negli Usa. La NRA ha raccolto 100mila firme per chiedere -nientemeno- la sospensione della Conferenza.
“In queste ore tutte le ong stanno facendo un lavoro di lobby per far sì che il protocollo finale possa essere riportato a livelli accettabili”, prosegue Scarpelli, che spiega come le ong si siano suddivise per aree geografiche e grande attenzione si stia sviluppando intorno alle scelte dei Paesi africani. Gli equilibri sono delicatissimi e si giocano sul filo di un testo che potrà essere accolto solo all’unanimità, oppure verrà totalmente respinto.
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