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Armi, Amnesty accusa: “Un fiume d’armi verso il Congo”

In una dettagliata ricerca, Amnesty International rivela il ruolo di venditori, intermediatori e trasportatori di molti paesi. Un'emergenza nel cuore dell'Africa

di Benedetta Verrini

Grandi quantita? di armi e munizioni dai Balcani e dall?Europa orientale stanno affluendo nella regione africana dei Grandi laghi, devastata dai conflitti, nonostante sia comprovato il loro uso per commettere gravi violazioni dei diritti umani. I trasferimenti riguardano in particolare la Repubblica Democratica del Congo (RDC), nonostante l?avvio del processo di pace nel 2002 e un embargo sulle armi delle Nazioni Unite.

In una dettagliata ricerca, Amnesty International rivela il ruolo di venditori, intermediatori e trasportatori di molti paesi tra cui Albania, Bosnia ed Erzegovina, Croazia, Israele, Regno Unito, Repubblica Ceca, Russia, Serbia, Stati Uniti e Sudafrica. La ricerca ricostruisce il percorso delle armi e delle munizioni dirette ai governi di RDC, Ruanda e Uganda e la loro successiva distribuzione a milizie e gruppi armati operanti nella RDC e coinvolti in atrocita? qualificabili come crimini di guerra e crimini contro l?umanita?.

?Nei sette anni di guerra della RDC hanno gia? perso la vita milioni di persone. Le armi continuano ad affluire e i gruppi armati continuano a compiere stupri, devastazioni e uccisioni di civili. Se la comunita? internazionale, le Nazioni Unite e i paesi limitrofi non fermeranno questa proliferazione, il fragile processo di pace collassera?, con disastrose conseguenze per i diritti umani? ? ha dichiarato Marzia Marzolla, responsabile di Amnesty Italia per l?Africa centrale.

Il nuovo rapporto di Amnesty International dimostra come per tutta la durata del processo di pace nella RDC, agenti legati a questo governo e a quelli di Ruanda e Uganda abbiano continuato a fornire aiuti militari alle milizie e ai gruppi armati operanti nell?est del paese. Il rapporto denuncia anche il perdurante coinvolgimento del trafficante russo Victor Bout e di suoi stretti collaboratori che, attraverso operatori locali, hanno continuato ad armare segretamente tutte le parti in conflitto nella RDC.

Gli esempi di trasferimenti di aiuti militari e di armi affluiti nella regione dei Grandi laghi documentati nel rapporto comprendono:

Ruanda
– fino a 400 tonnellate di munizioni, per lo piu? da kalashnikov, trasferite dall?Albania e dalla Serbia col coinvolgimento di societa? britanniche, israeliane, ruandesi e sudafricane tra la fine del 2002 e la meta? del 2003, cui hanno fatto seguito ulteriori trasferimenti aerei dall?Europa orientale nella meta? del 2004;
– un ulteriore ordine di 130 tonnellate di armi e munizioni dalla Bosnia, approvato dall?amministrazione statunitense nel novembre 2004, nel contesto di un nuovo accordo tra Usa e Ruanda per la fornitura di aiuti militari;
– il perdurante sostegno militare da parte del Ruanda ai gruppi armati della RDC, in particolare all?RDC-Goma, collegati allo sfruttamento delle risorse naturali del paese.

RDC
– l?esistenza di accordi ?armi in cambio di diamanti?, che coinvolgono il governo della RDC e societa? in Israele, Repubblica Ceca e Ucraina;
– la scoperta di una rete di trafficanti di armi che lega la RDC alla Liberia con il coinvolgimento di compagnie di navigazione internazionali;
– il trasferimento, nel 2003, di oltre 200 tonnellate di armi a un gruppo armato filogovernativo nel Kivu Nord da parte di una compagnia locale, che ha utilizzato aerei di un?azienda sudafricana che riforniva la missione di peacekeeping delle Nazioni Unite.

Uganda
– il governo ha omesso di riferire alle Nazioni Unite l?importazione di armi e munizioni da Croazia e Slovacchia per un valore di oltre un milione di dollari nel 2002;
– la donazione, sempre nel 2002, di veicoli militari da parte della Cina e i tentativi di importare ulteriori forniture di armi da Israele;
– le prove che l?esercito ha ripetutamente fornito armi, munizioni e assistenza militare a gruppi armati di opposizione presenti nella RDC orientale nel 2003 e 2004, soprattutto a quelli operanti nelle zone minerarie e lungo le rotte commerciali.

?I flussi internazionali di armi nella regione dei Grandi laghi arrivano, attraverso potenti personaggi vicini ai governi di RDC, Ruanda e Uganda, a vari gruppi armati e milizie presenti nella RDC orientale, che praticano il banditismo e mostrano scarso o nullo rispetto per i diritti umani? ? ha proseguito Marzolla.

Amnesty International chiede al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di rinnovare e rafforzare l?embargo sulle esportazioni di armi verso la RDC e di imporre rigide restrizioni o embarghi nei confronti di qualunque Stato responsabile di aver esportato armi ai gruppi armati o alle milizie della RDC. Il Consiglio di Sicurezza deve anche assicurare che tutti i voli nella RDC orientale vengano monitorati, 24 ore su 24, da ispettori specializzati delle Nazioni Unite e che tutti gli aerei a bordo dei quali saranno state trovate armi illegali verranno lasciati a terra.

L?organizzazione per i diritti umani chiede inoltre a tutti gli Stati di assicurare che le violazioni degli embarghi delle Nazioni Unite siano considerate un grave reato di natura penale e di indagare su tutte le denunce fondate di trasferimenti illegali di armi. Gli Stati fornitori menzionati nel rapporto dovrebbero indagare su eventuali violazioni delle proprie leggi e verificare se le norme che regolano i trasferimenti di armi siano sufficientemente rigide e in linea con il diritto internazionale.

Amnesty International sta conducendo una campagna per l?adozione di un Trattato internazionale sulle armi che controlli rigorosamente i trasferimenti di tutte le armi convenzionali e impedisca che queste siano usate per compiere gravi violazioni dei diritti umani.

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