Famiglia

Aristide non se ne va, il mondo sta a guardare

Si combatte nelle strade, 260mila persone necessitano di cibo. L’appello delle ong e delle agenzie Onu.

di Paolo Manzo

“È emergenza umanitaria ad Haiti, a una settimana dai primi attacchi armati nel Nord del Paese”. Non ha dubbi Carlo Maria Zorzi, responsabile dell?ong Avsi a Port Au Prince, raggiunto telefonicamente da Vita. Il quadro è effettivamente più che allarmante, racconta Zorzi: “Sono 260mila le persone che necessitano di cibo, tra cui 80mila bambini. Si tratta di persone in crisi d?alimentazione ancor prima dello scoppio della guerriglia, che non ha fatto altro che aggravare la loro situazione: siccità in alcune zone e inondazioni in altre hanno reso il Nord di Haiti un vero inferno. Al momento nessuno è riuscito ancora ad arrivare fin lassù: il Pam ha chiesto la sicurezza necessaria per potervi accedere e assolvere al suo compito di distribuire cibo, mentre il Comitato internazionale della Croce Rossa non ha avuto ancora modo di entrare nelle cittadine di Gonaives e di St. Marc, che restano i due focolai della rivolta”. Dopo giorni di caos, al momento in cui stiamo scrivendo non esiste una soluzione all?eventuale rinuncia anticipata del presidente e questo, rileva Zorzi “rende le cose più complicate e il futuro incerto”. Poche settimane fa, Aristide aveva promesso all?uscita da un incontro di mediazione della Caricom (la Comunità caraibica) di voler disarmare le bande che la stessa presidenza arma e paga per difendersi. Ma a Les Cayes, nel Sud, sono le Chimere armate del presidente e le sue organizzazioni popolari che mantengono alta la pressione psicologica sulla popolazione, affinché non scenda nelle strade. “Frugano nelle case per cercare armi e alcuni giornalisti indipendenti sono stati obbligati a nascondersi perché minacciati di morte”, ci racconta il responsabile Avsi ad Haiti. “L?unica via percorribile, al punto in cui siamo arrivati, è che Aristide lasci immediatamente il Paese”, spiega il dominicano Miguel Reyes Santana, uno dei maggiori esperti di Haiti al mondo. Esule per motivi politici in Italia negli anni 70, Reyes insegna da vent?anni sociologia all?università di Santo Domingo e ha scritto una decina di saggi sulla più povera isola caraibica. Vita: Qual è la situazione a livello politico? Miguel Reyes Santana: “La popolazione ad Haiti non ce la fa più con questo presidente. Aristide non può controllare la situazione. A livello politico, ciò che sta accadendo è la conseguenza di un governo che, dal punto di vista sociale, ha ormai perso l?appoggio che storicamente aveva ottenuto, quando dovette affrontare la lotta contro il figlio di François Duvalier. Vita: Che dovrebbe fare la comunità internazionale ? Reyes Santana: Haiti ha bisogno di solidarietà del mondo. Di un appoggio economico consistente, per rafforzare la debole infrastruttura che ha. Sinora, però, nessun Paese ha offerto un appoggio concreto. Perché Haiti non interessa. È un Paese istituzionalmente disorganizzato, con poco sviluppo tecnologico. Ed è oramai arrivato a una situazione di sfacelo, di autodistruzione, se si vuole di ?anarchia accelerata?. Per evitare che la situazione precipiti ancor di più, un piano di aiuti umanitari come quello iracheno andrebbe assai bene. Naturalmente senza nessun intervento militare. Vita: Qual è il ruolo della Chiesa haitiana nella crisi? Reyes Santana: Fondamentale. Gli haitiani sono più religiosi di tutte le altre società caraibiche: i contadini assistono alla messa la domenica perché ci sono chiese nei campi. La Chiesa è l?organizzazione sociale più importante e rappresenta l?unico centro di aggregazione per gli haitiani. Il fatto che abbia scaricato Aristide è decisivo per capire gli sviluppi di questa ribellione popolare.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA