Economia

Argis: in Italia il 2,6% della forza lavora è nel non profit

È uno dei dati emersi nel corso della prima assemblea di Argis. In Europa la percentuale si attesta al 6%

di Redazione

Un sedicesimo della forza lavoro europea ed americana è impegnata nel cosiddetto terzo settore. Per la precisione, il 6% nell’Ue, il 7% negli Usa. In Italia la percentuale si attesta al 2,6%, 1/3 rispetto a Paesi come Francia, Germania e Regno Unito. Nonostante i numeri, la realtà del non profit/not for profit è tutt’altro che ferma nel nostro Paese, dato il proliferare di iniziative che vanno dalle Ong, alle fondazioni, agli enti assistenziali. Quello che manca è un concetto di gestione dell’impresa sociale, ancora vittima di una logica meramente volontaristica.

È quanto è emerso in occasione della prima assemblea di Argis, Associazione di Ricerca per la Governance dell’Impresa Sociale, il 3 dicembre a Milano. Sono intervenuti Giulio Sapelli, Presidente di Argis e Docente di storia economica e analisi culturale dei processi organizzativi presso l’Università degli Studi di Milano; Gianfranco Negri-Clementi, VicePresidente dell’associazione, Presidente Onorario Studio Legale NCTM e Vice presidente NED (Associazione dei consiglieri indipendenti delle società quotate); Alberto Salsi, VicePresidente e Managing director di Iperion Corporate Finance; Alfio Regis, Presidente del Comitato Scientifico Argis e Presidente Reti sociali.

L’associazione, nata un anno fa, ha attivato una solida rete di opinion leader del terzo settore, istituzioni, imprese, rappresentanti delle professioni espressioni della fascia alta della business community milanese. Leitmotiv dell’azione di Argis è far riconoscere l’importanza del not for profit come strumento indispensabile per il benessere di una società. Per questo, come sottolineato da Sapelli, è sempre più importante dare a questo tipo di organizzazioni la stessa importanza del for profit, riconoscendo alle prime le stesse esigenze di governance. In questo, ?il ruolo degli amministratori indipendenti nelle realtà non a scopo di lucro è sempre più importante?, ha dichiarato l’economista.

?Sull’esempio anglosassone ? ha aggiunto Sapelli ? in Italia possiamo fare molto di più. Inoltre è un volano di potenziale sviluppo del mercato del lavoro. La logica deve essere quella del laissez-faire coniugata all’applicazione concreta del principio di sussidiarietà. Bisogna verificare se nella futura legge sull’impresa sociale verrà inserito il concetto di governance?. Al di là delle percentuali, come illustrato da Negri-Clementi ?stiamo assistendo ad una regressione del complesso statolatrico a favore di interventi di carattere associazionistico privato? anche in servizi pubblici. ?Queste iniziative, che riportano al centro la persona umana, hanno bisogno di essere gestite in maniera efficiente e uno strumento è la creazione di avanzate metodiche di gestione e controllo, quali offre, ad esempio, il sistema dualistico con un consiglio di gestione e un consiglio di sorveglianza, che esalta il ruolo degli amministratori indipendenti?, ha precisato Negri-Clementi.

Lo scopo di Argis è legittimare il preziosissimo ruolo del not for profit attraverso la formazione di una classe dirigente e l?introduzione di modelli evoluti di Corporate Governace affidati ad amministratori indipendenti. Nell?ultimo decennio il terzo settore è stato infatti protagonista di uno sviluppo importante, al punto che oggi vi operano almeno 600.000 operatori professionali regolarmente impiegati e oltre 300.000 volontari.

I LAVORATORI DEL SETTORE NON PROFIT

Premessa
Gli ultimi dati disponibili relativamente alla struttura e alla distribuzione del lavoro nelle organizzazioni di terzo settore, considerate nel loro insieme, sono quelli rilevati nel Censimento Istat ?Istituzioni nonprofit in Italia? (Istat 2001), con riferimento all?anno 1999.
Successivamente l?ISTAT ha presentato dati più aggiornati relativamente alle organizzazioni di volontariato (per gli anni 2003 e 2001), alle cooperative sociali (per gli anni 2005 e 2003) e fondazioni (2007, relative all?anno 2005).

Persone impiegate
?In totale le persone impiegate nelle organizzazioni di terzo settore in Italia assommavano a poco più di 3.900.000 (ISTAT, 2001).
-3.220.000 volontari (81,0%), 532.000 dipendenti (13,4%), 80.000 collaboratori (co.co.co.) (2,0%), 96.000 religiosi (2,3%), 28.000 obiettori di coscienza (0,7%), 18.000 lavoratori distaccati da altre entità (0,6%).

Riaggregando i dati relativi alle persone che hanno un contratto lavorativo (dipendenti, collaboratori, distaccati), il totale dei lavoratori nel terzo settore assomma a circa 629.000 unità (16%).
?L?andamento nel corso di questi otto ani può essere ricostruito utilizzando i dati ISTAT successivi:
-I dati successivi relativi alle cooperative sociali dicono di una presenza professionale particolarmente stabilizzata: i dipendenti sono cresciuti da 121.000 del 2001 a 161.000 nel 2003 a oltre 211.000 nel 2005. I due terzi sono stabilmente rappresentati da donne. Sul versante degli atipici, i collaboratori sono cresciuti da 7500 a 31.600 del 2005, mentre gli interinali sono passati da circa 500 del 2003 a oltre 1200 del 2005.
-Relativamente alle fondazioni, nel 2001 i dipendenti erano circa 50.000; nel 2005 si contavano invece 81.500 dipendenti e 19.500 collaboratori.
-Il dato delle organizzazioni di volontariato è invece reso inefficace dal fatto che le rilevazioni vengono svolte a partire dai dati dei Registri regionali, scarsamente rappresentativi dell?universo.

Dimensioni medie delle organizzazioni
?Le organizzazioni hanno dimensioni mediamente più grandi nel Nord e Centro Italia.
-In particolare nel Nord si localizza il 51,1% delle organizzazioni ma viene impiegato il 58,6% delle risorse. Al Sud, di contro, si localizza il 27,7% delle organizzazioni ma viene impiegato il 18,7% delle risorse.

I lavoratori dipendenti
?In Italia i lavoratori dipendenti sono una risorsa ?secondaria? non solo a livello aggregato ma anche a livello delle singole organizzazioni.
-?Solo? il 15,2% delle organizzazioni impiega almeno un lavoratore dipendenti e questi costituiscono l?unica tipologia di risorse impiegate nell?8,0% dei casi (ISTAT 2001).
?Il numero medio di dipendenti calcolato sulle organizzazioni che ricorrono a questo tipo di risorsa umana è pari a 16 unità (ISTAT 2001).
?La grande maggioranza dei dipendenti lavora a tempo pieno: l?88% dei lavoratori dipendenti è full-time, il 12% part-time (ISTAT 2001).
?Le Regioni settentrionali, Lombardia su tutte, impiegano la netta maggioranza dei dipendenti. Nel Nord viene occupato il 68% dei dipendenti delle fondazioni e il 60,7% delle cooperative sociali (ISTAT 2005).
?I dipendenti sono diffusi maggiormente tra le organizzazioni più anziane rispetto a quelle più recenti.
-La maggiore stabilità, conseguente alla più elevata maturità, sembra influenzare positivamente l?utilizzo di lavoratori dipendenti. Le organizzazioni più anziane presentano un rapporto tra dipendenti e organizzazioni molto più elevato delle più giovani
-In particolare, per le organizzazioni costituitesi anteriormente al 1971 il numero medio di dipendenti assunti varia tra i 24 e i 44 dipendenti per singola organizzazione, mentre per quelle sorte dopo il 1970 il rapporto scende tra le 10 e le 14 unità (ISTAT 2001).
?L?assistenza sanitaria, sociale e l?istruzione e ricerca sono i settori con il peso maggiore di dipendenti.


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