Mondo

Argentina-Olanda per non dimenticare i desaparecidos

La semifinale di stasera ripropone la finalissima del 1978. Il torneo giocato nell’Argentina di Jorge Rafael Videla e del suo sanguinario regime

di Redazione

Nel giugno del 1978 avevo 14 anni e mezzo, frequentavo la IV ginnasio ed essendo stato rimandato in latino, su decisione del mio povero babbo, avevo già iniziato le ripetizioni del caso da Don Marcello, che facevo conciliare, negli orari, con i miei soliti lavoretti estivi.

Mi muovevo su e giù per Montepulciano con un già vecchiotto cinquantino, un particolarissimo Corsarino Zeta Zeta della Moto Morini a quattro tempi.

Dopo cena, con gli amici, preferibilmente sul prato attorno alla Chiesa di San Biagio, mettevamo in scena il nostro modo di vivere e di interpretare Argentina '78, il mondiale di calcio che si stava consumando in quei giorni.

L’esercizio che puntualmente tutte le sere andava in onda era questo: ripetere le azioni da goals delle partite in maniera identica, con tanto di telecronaca, sia in tempo reale che al rallentatore.

Non era proprio così banale ripetere le gesta atletiche dei campioni dell’epoca, ve lo assicuro! Io ero bravo nell’imitare, si fa per dire, il polacco Grzegorz Lato a segno in quel torneo contro la Tunisia e uomo assist in altri match.

Grzegorz Lato

Mi ricordo che in camera avevo affisso anche il poster di Lato in un’immagine che lo ritraeva insieme al portiere Jan Tomaszewski (quello capellone).
 

Jan Tomaszewski

Così, con la spensieratezza che accompagna l’estate paesana di un poco più che quattordicenne immerso nelle solite fatiche quotidiane del lavoretto estivo, preso a risolvere l’amletico dubbio inerente il carburatore del 14 o del 18 e,  come se non bastasse, alle prese con Tito Livio e compagnia, ci si stava avviando verso la finalissima del campionato del mondo tra Argentina e Olanda.

Con gli amici non parlavamo d’altro. C’era tra noi chi inneggiava ai gemelli van de Kerkhof, chi a Passarella, Bertoni e soprattutto ai goals di Mario Kempes (capocannoniere del torneo). Si discuteva su tutto, dal colore delle maglie al look dei calciatori. Io ero un fan di Alberto Tarantini, nato calcisticamente nel Boca Juniors, soprannominato Conejo (coniglio) per i denti sporgenti, con orecchino e capelli afro.
 

Alberto Tarantini

Sapevamo tutto, calcisticamente parlando di Olanda e Argentina, quello che ignoravamo era però il fatto che in Argentina vigeva una dittatura militare, instauratasi con il colpo di stato del 24 marzo 1976, che aveva destituito il governo di Maria Estela Martinez de Peron.

Furono quelli, anni tristissimi per il popolo argentino, il presidente dittatore era Jeorge Rafael Videla che si macchiò di crimini contro l’umanità e del genocidio dei desaparecidos (circa 30 mila persone scomparse).
 

Jorge Rafael Videla

La domanda che mi pongo adesso e che non mi sono mai posto prima è questa: perché allora non venne fermato il mondiale di calcio come segno di protesta verso il regime dittatoriale al potere in Argentina? Anche allora, come ora, gli interessi economici prevalevano su quelli etici e morali.

Oggi però c’è un’occasione per riscattarsi, seppur per una parte microscopica. La semifinale che andrà in scena mercoledì a San paolo che vede contrapposte come trentasei anni fa l’Oranje e l’Albicesleste deve costituire l’occasione per ricordare il dramma dei desaparecidos. Sicuramente non ci sarà il minuto di raccoglimento ad inizio partita ma ciascuno di noi, dalla poltrona di casa davanti alla tv, potrà dedicare un piccolo pensiero a quell’orrenda pagina di storia.

Per la cronaca, nel 1978, l’Argentina vinse per 3 a 1 e si laureò campione del mondo
 

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