Mondo

Argentina: ma la crescita è reale?

Una serie di corrispondenze dall'America latina vi accompagneranno in un tour che avrà come meta finale Porto Alegre, città brasiliana che ospita il Forum Sociale Mondiale

di Paolo Manzo

BUENOS AIRES – Ferita al cuore ma in crescita. Così appare l´Argentina targata 2005 a chi la guarda da Avenida Rivadavia, cuore pulsante di quella Buenos Aires che, da fine Ottocento sino agli anni Sessanta, è stata la capitale dell´ímmigrazione europea. Ferita per il suo piccolo tsunami personale che l´ha colpita al cuore, la notte del 30 dicembre, quando la discoteca Cromagnon si è trasformata in un altoforno, portandosi via oltre 180 persone, nella stragrande maggioranza dei casi giovani o bambini. In crescita, perché i dati economici del 2004 parlano di un boom del Prodotto interno lordo attorno all´8%, di un´economia in ripresa e di un mercato immobiliare – sempre un ottimo indicatore per sentire il polso dei Paesi dell´America latina ? che ha visto triplicare i prezzi per metro quadrato, facendoli uscire dal buco nero in cui erano precipitati dopo la crisi del dicembre 2001. Paese del contrasto per antonomasia, l´Argentina si lascia alle spalle un anno che conferma questa sua predisposizione all´?impazzimento? (il grande Borges definiva la sua Baires come la città degli psicologi e degli psichiatri): una crescita pari a quella della Cina, il ritorno dal Cile di Carlos Menem, da molti ritenuto colpevole del disastro che ha portato al default di tre anni fa, un rinnovato ruolo nel panorama delle relazioni internazionali proprio… a causa del suo annuncio di non voler pagare più del 30% dei debiti contratti internazionalmente con l´emissione dei famosi (e famigerati) bond. Anche per questo l´entusiasmo con cui molti hanno accolto il ?nuovo boom argentino? – dal Corriere della Sera a Il Foglio ? non è molto condivisibile se lo si guarda dal di dentro, da Buenos Aires, andando un po´ oltre a quelle che sono le statistiche ufficiali e i dati macroeconomici. Cerchiamo di capire perché. L´apparato produttivo della repubblica argentina rimane assai obsoleto, se comparato ? per esempio ? con il vicino Brasile. L´innovazione tecnologica è una delle palle al piede da cui liberarsi, affinché la crescita dell´8% del 2004 possa essere il preludio di quello che gli economisti classici definivano il circolo virtuoso dell´economia: più investimenti, maggior produzione per il mercato interno e l´export, crescita salariale e incremento dei consumi. Di sicuro ci sono alcune aree che hanno dimostrato una vivacità imprenditoriale sconosciuta nel Paese del tango dagli anni di Juan Domingo Perón – si pensi alla seconda città argentina, Rosario, che con la costruzione del ponte che la unisce a Victoria ha risolto l´annoso problema del collegamento tra le provincie di Santa Fe ed Entre Ríos, o al distretto industriale agroalimentare di Rafaela, che non ha nulla da invidiare a quelli italiani più avanzati ? ma la strada da percorrere resta lunga e piena di incognite. Il secondo motivo di cautela deriva dal fatto che la crescita dell´8% di Buenos Aires deve essere ?pesata? con quella delle altre economie emergenti e considerata ?granu salis?: a rigor di logica, infatti, è assai più significativo l´incremento del Pil del 5% ottenuto dal Brasile nel 2004. La causa? Semplice, il Paese governato da Lula non ha subito un tracollo economico finanziario come quello argentino di fine 2001-inizio 2002, biennio nel quale il Pil nel Paese del tango crollò del 20%. (Articolo pubblicato il 04/01/2005 sul Giornale del Popolo – Svizzera)


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