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Argentina. La rivoluzione della dignità contro il flagello del gioco d’azzardo

Dal 2003, il "juego de azar" è tra le attività più fiorenti del Paese. Nel 2010, fu Jorge Bergoglio allora a capo della Conferenza Episcopale argentina a lanciare l'allarme: "l'azzardo è un cancro sociale".

di Marco Dotti

Argentina e Italia si somigliano in molte cose, non solo nella ciclicità delle loro crisi. Si somigliano anche nel gioco d'azzardo e nei nomi degli operatori che, vampirizzando ogni spazio prepolitico e sociale, su quella crisi sanno far cassa come pochi. 

Le strategie per far rendere al meglio il business dell'azzardo legale sono le stesse:

1) i dati ufficiali sono fermi a due, tre, talvolta cinque anni fa;
2) investimento sul “gioco responsabile” e relativa colpevolizzazione del singolo “giocatore" (assolvendo così il sistema-gioco);
3) retorica clinica sulla ludopatia legata, appunto, alla logica del “gioco responsabile”; 
4) retorica fiscale sui proventi del gioco che, data la situazione di crisi, sono certi e finanziano l'Erario; 
5) connivenza fra potere legislativo e finanziario;
6) connivenza istituzionale per ridisegnare di continuo un'architettura legale bizantina, a tutto vantaggio di una finanza che sa continuamente riposizionarsi, a seconda delle convenienze, tra lecito e illecito;
7) un fiume di banalità tecniche e pseudo-liberali usate per svilire ogni riflessione concreta sul diritto;
8) dibattito pubblico artificiosamente canalizzato, anche grazie all'attività di insider foraggiati con quattro noccioline, in direzioni solo apparentemente contrapposte, ma complementari (“azzardo sì vs. azzardo no”, “proibizionismo vs. antiproibizionismo”) e i politici a fingere di mediare nel mezzo. A grandi linee funziona così.

Se le attività della finanza speculativa sono da molti anni sotto i riflettori, al contrario quelle della ludomania finanzaria si sono avvantaggiate dal fatto di potersi muovere nel cono d'ombra di una microeconomia che raramente ha muove critiche o solleva obiezioni. Eppure, in Argentina, ciò che i fondi speculativi (hedge founds) hanno ottenuto a livello istituzionale, ossia un asservimento degli ultimi residui di sovranità nazionale ai flussi della finanza, l'azzardo, in particolare l'azzardo attraverso le macchine (che qui chiamano tragamonedas), lo ha ottenuto a un livello individuale e sociale, intaccando i luoghi. Ma entrambi – azzardo e finanza speculativa – appaiono solo i due volti di uno stesso problema.

È celeberrima l’affermazione, che assume oggi una tonalità predittiva, affidata da John Maynard Keynes alle pagine della sua General theory of employment, interest and money (1936). Quando prevale la speculazione, come tendenza di sistema e non solo come impulso del singolo, lo sviluppo di un intero Paese e del suo capitale rischia di divenire «un sottoprodotto delle attività di un casinò». Una debolezza estrema, una volatilità di senso parte dai "mercati" impersonali e trova la sua nemesi nelle vite personali, ma anonime dei giocatori.

Ci sono livelli nei quali finanza e azzardo si compenetrano, ma anche senza addentrarci in analisi complesse, va rimarcato un fatto: entrambi intaccano qualcosa di più profondo del semplice piano, collettivo o individuale, del debito. Intaccano una antropologia.

Per questa ragione, Papa Francesco – richiamato nei giorni scorsi anche da Monsignor Jorge Lozano, responsabile argentino della Comisión Episcopal para Prevención de las Adicciones – ha parlato dell'azzardo come di un vero cancro sociale («cáncer social»). Ricordiamo che nel 2010, quando il futuro Papa Francesco era ancora a capo della Conferenza Episcopale Argentina, la stessa definì in un suo documento ufficiale – che qui alleghiamo – l'azzardo come un flagello, al pari del narcotraffico e della droga. Anzi, lo definì una "via per droghizzare la società". 

L'offerta continua, crescente e invadente di azzardo lede la dignità della persona – ha ribadito Lozano, nel corso di un convegno sul tema “"El Juego, la Ludopatía, las apuestas on line en el deporte y sus implicancias sociales".

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Jorge Eduardo Lozano, vescovo Gualeguaychú e presidente della Comisión Episcopal de Pastoral Social (CEPAS), all'apertura del convegno del 5 agosto

Riprendendo una posizione già espressa chiaramente, quattro anni fa, nel citato documento della Conferenza episcopale argentina, Lozano ha ricordato che quando c'è di mezzo il denaro, molto denaro, ogni gioco diventa pericoloso. Ecco perché «è importante parlare senza giri di parole. Il gioco d'azzardo muove quantità enormi di denaro a beneficio di poco ma a a detrimento di molti». Ma è sulla dignità e sulla differenza tra azzardo e lavoro che insiste ora Lozano: «El trabajo dignifica, el juego te destruye». Le scommesse, disponibili anche online, sono per Lozano una porta aperta verso situazioni di corruzione, materiale e morale. 

Ancor più dure, se possibile, sono state le parole del vescovo metodista Aldo Echegoyen: «Il sistema capitalista ama il denaro. Il gioco si associa direttamente a questo amore del denaro e del denaro facile. L'abuso del potere economico incide su tutti gli ordini della vita».

Attualmente, in Argentina c'è 1 "macchinetta" ogni 570 abitanti. Ricordiamo che in Cile il rapporto è di 1 macchina ogni 1569 abitanti. 

SLOT PRESENTI

 

Dal 2003, in Argentina una delle attività finanziarie maggiormente in crescita è stata quella del juego de azar. Nella provincia di Buenos Aires, ad esempio, la crescita è stata del 306% in soli dieci anni, mentre nella capitale è del 219%. I dati ufficiali non ci sono, perché qui, come in Italia, da due anni le istituzioni non danno i numeri. Qui come in Italia, dunque, gli unici rimasti a darli, quei numeri, sono le associazioni di categoria. In Argentina, la principale "corporacion" si  chiama ALEA ovvero Asociación de Loterías, Quinielas y Casinos Estatales. Come si capisce, uno dei punti chiave è la presenza dello Stato nel business.

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Tragamonedas nella sala dell'Ippodromo Argentino di Palermo, a Buenos Aires

Oggi, sotto i riflettori, in Argentina ci sono sia il profilo etico di un simile commercio, sia gli scarsi controlli fiscali – molto più blandi di quelli italiani, questo va detto – che indirettamente rappresentano un incentivo all'investimento nel settore. Anche qui, come in Italia, non basta però gridare allo “Stato baro”, perché, a conti fatti, la presenza statale risulta essere più un paravento messo in campo da funzionari corrotti o impegnatisi a una doppia lealtà (a Stato e anti-Stato), che un meccanismo di sfruttamento del cittadino dal parte del Leviatano. Il Leviatano, qui, è un misto di parastato, lobby e imprenditoria privata e dinastica.

Ma la questione fiscale è solo luna maschera del problema. Così come una maschera, ricordano due attenti e coraggiosi giornalisti, Federico Poore e Ramón Indart, è la presenza di bingo e casinò nel Paese. Poore e Indart sono autori di un libro forte e chiaro sull'argomento, El poder del juego. El gran negocio de la politica argentina (Aguilar, 2014). Ed è tra le pagine di questa ricognizione di un decennio di disastro sociale che gli autori rimarcano come sale bingo e casinò esistono solo come scusa per coprire il vero business sdel settore: le macchine. O meglio: «la exploitación de máquinas tragamonedas».

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Modalità e tempi del suo percorso possono divergere ma, ovunque ci si trovi, l'avvanzata dell'azzardo globale sembra segnata da un fatto: l'invadenza delle macchine (off e online). Al pari di un ecosistema infestato da piante particolarmente aggressive, se in un ambiente si lascia campo libero alla presenza di “maquinitas”, presto o tardi queste si divoreranno ogni altra forma di gioco. Con conseguenze nefaste, ma facilmente prevedibili.

Il problema, quindi, in Argentina come in Italia, non è urlare “al lupo!” quando il lupo è già passato e si è divorato tutto. Il problema è semmai capire perché, dinanzi a una patologia facilmente diagnosticabile, quella diagnosi non sia stata fatta o, ipotesi ben più probabile, sia stata minimizzata, e che cosa resti da fare. 

Anche in Argentina, come in Italia, c’è chi replica alle critiche tentando di depotenziarle, legando in maniera ancora più stringente (e a nostro avviso funesta) welfare e azzardo, magari illudendo l'economia locale – sindaci in primis – con promesse da baro sulla tassazione di scopo.

o PAPA FRANCESCO facebook

Nel documento della Conferenza Episcopale Argentina del 2010, a chiare lettere è scritto:

«En varias ocasiones, se dice que un porcentaje de las actividades del juego es la fuente de recursos económicos para el sostenimiento de algunos planes sociales en sus diversos niveles nacional, provincial y municipal. Debemos recordar que el fin no justifica los medios»

Serve un'altra logica, che non sia la logica perversa del denaro sulla quale "economie perverse" e "gioco d'azzardo" hanno eretto i loro monumenti al nulla. 

Ha d’altronde sottolineato il Papa nel suo viaggio in Corea che il fine di un'economia della dignità risiede nella logica della promozione umana, non nella sua dissoluzione, così che « ogni uomo e ogni donna possa conoscere la gioia che deriva dalla dignità di guadagnare il pane quotidiano». Questa dignità del lavoro è oggi messa in scacco da una visione del mondo che vorrebbe il mondo schiavo dell'azzardo, della finanza e del denaro. «El trabajo dignifica, el juego te destruye», il lavoro rende dignità, laddove il gioco d’azzardo te la distrugge – parole di Lozano che sembrano riecheggiare quelle del Papa.

Papa Francesco ha inoltre ribadito che la dignità di tutti  «in questo momento è minacciata da questa cultura del denaro che lascia senza lavoro tante persone. Noi possiamo dire: padre, gli diamo da mangiare. Ma non è sufficiente. Quelli che sono senza lavoro devono sentire nel proprio cuore la dignità di portare il pane a casa. Di guadagnarsi il pane». Guadagnarselo – questo vuole in cuor suo ogni donna e ogni uomo – non giocarlo e perderlo, ecco il punto.

 

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