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Argentina. Il j’accuse di Victor Uckmar. Le vere ragioni di un crack .

Considera Buenos Aires la sua seconda patria. Ha attivato progetti di formazione a distanza ed è stato consulente del governo argentino.

di Paolo Manzo

Il legame del professor Victor Uckmar con l’Argentina nasce per caso. O quasi. Ma come tutti i rapporti originati dal destino, alla fine è uno di quelli cui si tiene di più. Il caso maturò durante un trekking d’avventura sulle Ande, tra Cile e Argentina. Per un’emergenza la comitiva fu costretta a trovare soccorso sul versante argentino. Si rifugiarono a Salta, accolti con generosità dalla gente locale. Approfittando della sosta imprevista, Uckmar fece visita all’università dove scoprì che il rettore stava traducendo dal portoghese allo spagnolo un libro scritto dallo stesso Uckmar. Vita:E da lì sono nati i suoi rapporti con l’Argentina… Victor Uckmar: Sì, soprattutto con l’università Catolica di Salta. Sono stato nominato professore ordinario e ho contribuito alla creazione di una serie di centri d’informazione a distanza per tutto il Sudamerica. Oggi sono 32, divisi tra Cile, Bolivia, Brasile, Uruguay e Argentina. In base ai dati che abbiamo, la formazione a distanza ottiene risultati migliori di quella tradizionale. Vita: In seguito il suo rapporto con l’establishment argentino crebbe… Uckmar: Diciamo che, oltre alla mia attività con l’università di Salta iniziai a fare da consulente all’ex ministro Cavallo. Nel 1989 ero reduce da un’esperienza di consulenza con Cina e Urss: per questo Cavallo, all’epoca agli Esteri, mi chiamò, come esperto in joint venture. Svolsi un’intensa attività didattica. Nulla o quasi la presenza di imprenditori italiani… Vita: Oggi si potrebbe dire che fecero bene… Uckmar: No, che non fecero bene. Tra il 1989 e il 1996 l’Argentina crebbe molto e si adeguò a tutti i principi della globalizzazione. Pensi che nel 1996 aveva conti pubblici così in regola da poter entrare comodamente nei famosi parametri di Mastricht, che tanto fecero penare l’Italia. Vita: Era prevedibile la crisi? Uckmar: In parte, sì. Nel 1997 le cose iniziarono a peggiorare, le privatizzazioni di cui aveva beneficiato la finanza pubblica erano terminate e, per pagare il debito estero non restavano che le esportazioni. E qui viene la mia critica a Ue e Usa che hanno barato con il governo di Buenos Aires, da un lato imponendogli di adeguarsi alla globalizzazione tout court, dall’altro chiudendo loro per primi i mercati nei settori forti dell’Argentina, agricoltura e allevamento. Vita: Lei accusa l’Occidente di essere poco attento nei confronti dell’Argentina oggi. Uckmar: Non mi voglio ergere a censore delle politiche occidentali. Voglio solo sottolineare che non sono più sufficienti i proclami d’appoggio o le tonnellate di medicinali inviate una tantum. Esiste una serie di misure assolutamente gratuite, pronte per essere attuate. Da domani. Vita: Si spieghi meglio. Uckmar: I progetti che ho elaborato, e che allo Stato italiano non costerebbero neanche una lira, sono due. In primis, l’informatizzazione dell’apparato fiscale argentino. Risolverebbe un problema strutturale di Buenos Aires che è l’elevatissima evasione delle imposte. Siamo pronti e l’implementazione dei nuovi software è fattibile a costo zero. Il secondo progetto, vitale in un momento di grave emergenza quale l’attuale, consiste in una serie di ambulatori medici. Anche lì siamo pronti a partire da subito. Vita:Ma se i progetti che ha illustrato sono pronti a partire, che si aspetta? Uckmar: L’avallo della Farnesina. Chiediamo una sorta di garanzia politica, ma nessun finanziamento. Vita: Cosa potrebbe fare, invece, l’Argentina per uscire dal baratro? Uckmar: Innanzitutto sfruttare al meglio le proprie eccedenze, che sono molte. Attualmente queste commodities (soprattutto carne e prodotti agricoli, ndr) non possono entrare né in Usa né nella Ue, a causa delle barriere commerciali che solo nel 2005 saranno eliminate dal Wto. La mia proposta è di far ripartire l’economia di Buenos Aires prima di concedere nuovi finanziamenti. Vita: Stop ai finanziamenti, quindi? Uckmar: Sarebbe come puntare su un cavallo che sta per morire. Prima bisogna curarlo con le medicine appropriate. Vita: Come? Uckmar: Utilizzando la carne e i prodotti agricoli di cui è ricca l’Argentina per sfamare le zone affrante del pianeta. Penso all’Africa, all’Afghanistan. Da un lato, si nutrirebbe una parte del mondo che muore, dall’altra si riattiverebbe l’economia argentina che, adesso, è ferma. L’Italia deve appoggiare questa possibili soluzione anche perché non possiamo “abbandonare” Baires al suo destino. Dieci milioni di argentini, è bene ricordarlo, sono potenziali cittadini italiani . Vita: Ma le colpe sono solo degli occidentali? Uckmar: No, anche degli argentini, ci mancherebbe. Ma è chiaro che lo stop improvviso dei finanziamenti del Fondo monetario internazionale e il blocco delle importazioni attuato da Usa e Ue hanno contribuito in gran misura alla crisi attuale. Ciò premesso, le colpe di Buenos Aires restano grandi. Le faccio un esempio: quando scoppiò lo scandalo della mucca pazza, in Europa ci fu pochissima informazione dei rappresentanti argentini all’estero, politici o imprenditoriali. La “vaca loca”, e io lo dissi più volte inascoltato a Buenos Aires, poteva essere il momento giusto per far entrare la carne argentina sui mercati del Vecchio continente. Vita: E invece? Uckmar: Non fecero nulla. Tant’è che quando chiesi a Prodi, che io stimo molto, il perché la Commissione non facesse passi concreti per rompere le barriere in entrata, mi rispose che, primo, non poteva mettersi contro Jospin, eletto anche grazie ai voti dei contadini ma, soprattutto, che nessun esponente politico o imprenditoriale di Buenos Aires era andato da lui a perorare la causa delle carni argentine. Addirittura Prodi aveva pronta una deroga al blocco di due anni che sarebbe anche passata, ma l’Argentina non si mosse e, quindi, non se ne fece nulla. Le responsabilità di chi dovrebbe difendere gli interessi del Paese sudamericano sono grandi. Chi è Victor Uckmar Docente di Scienza delle finanze all’Università di Genova, alla Bocconi e all’Università Católica di Salta, fiscalista e, probabilmente, il maggior esperto di joint venture internazionali. è presidente del Co.vi.soc., l’organo che vigila sui bilanci delle società calcistiche . Input Gli sviluppi su: Università di Salta, il sito di V. Uckmar


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