Hanno riaperto aziende fallite o abbandonate, trasformandosi da operai in imprenditori a tutto tondo. Non bastasse ciò, hanno anche pagato tutti i debiti, investendo e aggiornando la loro professionalità. Ora però rischiano di perdere tutto. Loro sono i lavoratori delle imprese recuperate argentine, o come le chiamano a Buenos Aires “las recuperadas”, molte delle quali sono nate dopo la crisi del 2001-2002. Sono centinaia in tutto il Paese del tango e danno lavoro a migliaia di persone. Il problema è che, adesso, finita l’emergenza, i vecchi proprietari le chiedono indietro.
La storia paradossale è questa. Alla fine del 2001 il default dell’Argentina fece precipitare milioni di persone verso la povertà. Per non parlare delle aziende, strozzate dai debiti. Ma fu proprio in quel momento storico così difficile che molte piccole e medie aziende (Pmi) si salvarono grazie alla solidarietà dei loro operai. Che si unirono investendo tutto quello che gli era rimasto pur di non veder andare in fumo il loro lavoro. In 205 casi ? 39 nella sola Buenos Aires ? la scelta si rivelò vincente e le aziende, trasformate in cooperative sociali, sono riuscite a sopravvivere, salvando così 9.362 posti di lavoro.
Il problema è che di questo piccolo successo se ne sono accorti anche i vecchi proprietari che adesso, a debiti saldati, hanno intentato cause per riavere indietro le loro attività. O quanto meno gli immobili e i macchinari di loro “proprietà”.
A Buenos Aires la soluzione trovata era stata una proposta di legge sull’esproprio dell’immobile e delle attrezzature da parte dello Stato, che avrebbe poi indennizzato i proprietari, rivendendo o cedendo gratuitamente immobili e macchinari ai lavoratori. Ma la legge è stata bloccata dal governatore della città, Mauricio Macri (nella foto)e il rischio è che gli operai debbano ricominciare da zero per la seconda volta in poco più di dieci anni.
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