Sostenibilità
Aree protette, ma non dagli abusi E gli ecomostri li pagano i contribuenti
di Redazione
Muretti, tettoie, piscine, stabilimenti balneari, ville e alberghi fantasma. Sono le opere non previste dagli strumenti urbanistici né censite dai catasti. Strutture totalmente sconosciute alle legge ma ben evidenti ed impattanti sull’ambiente e sul paesaggio. Gli illeciti più frequenti che interessano le aree protette del Mezzogiorno (ma non solo) sono gli abusi edilizi. Si tratta di reati commessi sotto spinte diverse, principalmente quella della speculazione e del profitto. Si tratta di piccoli e grandi abusi, sintomo di una illegalità diffusa, difficile da sradicare. L’abusivismo edilizio non risparmia le aree protette che, essendo aree di particolare pregio dal punto di vista ambientale e paesaggistico, attirano gli appetiti degli speculatori che in quelle aree, soprattutto al Sud, vogliono sfruttare le opportunità offerte dal turismo.
Nel Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano le associazioni ambientaliste, in difesa di un’ordinanza di demolizione degli abusi edilizi di Baia Punta Licosa, hanno reso possibile l’abbattimento di 80mila metri cubi di cemento. In quello del Gargano l’azione degli ambientalisti con l’Ente Parco ha impedito la costruzione di un’imponente struttura turistico-alberghiera. I costi di abbattimento (che possono arrivare a 9/10mila euro al metro quadro) sono a carico dei colpevoli ma, in caso di inadempienza, sono gli enti pubblici a dover anticipare le somme. I quali spesso non sono in grado di sostenere le spese e quasi mai si procede agli abbattimenti. È quindi importantissima la creazione di fondi ad hoc per le demolizioni. Per questo è importante puntare sulla prevenzione, sul controllo del territorio anche con l’uso di strumenti satellitari, per poter intervenire prima dell’abuso.
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