Cultura
Aree interne: i Vescovi, alla politica chiediamo interventi seri
«L’autonomia differenziata non farebbe altro che accrescere le diseguaglianze nel Paese. Chiediamo alla politica interventi seri, concreti, intelligenti, ispirati da una progettualità prospettica, non viziata da angusti interessi o tornaconti elettorali». Così i Vescovi delle Aree interne, riuniti a Benevento per richiesta espressa di papa Francesco. Le aree interne sono «Un laboratorio per tutta la Chiesa italiana», dice Zuppi, Presidente della CEI al Convegno dei Vescovi delle Aree interne convocato a Benevento
«L’autonomia differenziata non farebbe altro che accrescere le diseguaglianze nel Paese. Chiediamo alla politica interventi seri, concreti, intelligenti, ispirati da una progettualità prospettica, non viziata da angusti interessi o tornaconti elettorali». Così i Vescovi delle Aree interne, riuniti a Benevento per richiesta espressa di papa Francesco.
Provenienti da dodici Regioni italiane, Sicilia, Sardegna, Calabria, Basilicata, Puglia, Campania, Molise, Abruzzo, Lazio, Toscana, Emilia-Romagna, Piemonte, i Vescovi ospitati da mons. Felice Accrocca, Arcivescovo di Benevento, al Centro “La Pace” si sono riuniti perché «La metropolizzazione progressiva della popolazione italiana sta causando la lenta morte d’interi territori, con grave danno per tutto il Paese e quando si registra l’abbandono di una parte del territorio è la nazione intera a subirne detrimento», ha detto Accrocca, per il quale dunque «C’è bisogno d’intelligenza politica e pastorale per ravvivare luoghi in cui la vita rischia di finire e dove paradossalmente essa può invece assumere una qualità superiore».
Nord e Sud, dunque, la Chiesa delle “aree marginali” si è fatta sentire, proseguendo nel cammino iniziato già nel 2019 e forte di due lettere che Papa Francesco ha inviato.
Nella prima, del 12 agosto 2022, indirizzata «Ai cari fratelli nell'episcopato delle zone italiane cosiddette interne», Francesco esprime apprezzamento «Per questo cammino di confronto e di amicizia che richiede di essere percorso con la mente e il cuore aperti per testimoniare una chiesa inclusiva e senza barriere nella quale ognuno possa sentirsi accolto di fronte alle difficoltà dei territori in cui vivete» e chiede ai Vescovi di non smettere di «Porre gesti di attenzione alla vita umana alla salvaguardia del Creato alla dignità del lavoro ai problemi delle famiglie alla situazione degli anziani e di quanti sono ai margini della società» e di farlo «Tutti insieme, in unità e senza campanilismi» per essere «Immagine dinamica e bella di una chiesa che vive accanto alle persone con una predilezione per i più deboli».
La seconda lettera il Papa la indirizza direttamente all’Arcivescovo Accrocca, Metropolita di Benevento e definisce questo incontro «Occasione propizia per affrontare con audacia problemi delle vostre comunità e del territorio nel quale siete inseriti». Ai Vescovi riuniti Papa Francesco chiede di avere «Uno sguardo preferenziale alle situazioni più disagevoli e a quanti vivono in condizioni precarie», di essere «Presenza consolante soprattutto dove maggiore è il disagio, coinvolgendo i sacerdoti, le persone consacrate e i fedeli laici nei vostri progetti pastorali» e di non lasciarsi «Paralizzare dalle difficoltà, ma mettetevi sempre in cammino, in movimento, sempre aperti e disponibili agli altri» perché «Il nostro tempo è caratterizzato da individualismo e indifferenza che determinano solitudini e lo scarto di tante esistenze». La risposta cristiana per Francesco «Non sta nella rassegnata constatazione della povertà valoriale di oggi o nel nostalgico rimpianto del passato, ma nella carità che, animata dalla speranza, sa rendere nuove tutte le cose».
Sono stati, dunque, due giorni molto intensi di lavoro e confronto, che hanno portato alla stesura del documento finale, una pagina in cui i Vescovi hanno chiarito anche alla politica italiana che nessuna strada conduce al futuro se non incrocia le “aree marginali” – quelle che il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il cardinale Matteo Zuppi, ha definito durante la sua relazione «Un laboratorio per tutta la Chiesa italiana» – se non si ferma a guardare l’Italia fragile, che rappresenta peraltro la maggior parte del territorio italiano, da Nord a Sud. «Le Aree interne – si legge infatti nel documento – costituiscono una larga porzione del Paese, accomunata da alcune criticità, depositaria di straordinarie ricchezze e tuttavia diversificata: sono, per analogia, come la piccola Nazareth, marginale, eppure custode della realtà più preziosa. Non ci rassegniamo ad accompagnarle alla fine, in una sorta di accanimento terapeutico, ma vogliamo costituirci baluardo, forza per difenderle, dando vita a reti solidali capaci di attivare sinergie».
Avere il coraggio di uscire da schemi ormai sclerotizzati, di rompere con la logica del “si è sempre fatto così”, ripensare il rapporto tradizione-innovazione, integrare una pastorale spesso sbilanciata sull’ambito cultuale liturgico: queste le altre direttrici tracciate durante il Convegno.
Ma anche «Una ministerialità diversificata e responsabile, la valorizzazione del diaconato permanente, le forze del laicato, quello femminile in particolar modo, che costituisce una parte consistente del tessuto delle nostre comunità, senza dimenticare eremiti e comunità monastiche, che nelle aree interne più isolate sono la forza segreta che mantiene in vita tante energie», scrivono i trenta Vescovi.
Per i Vescovi si deve puntare sulla qualità delle relazioni, perché «La grande ricchezza delle aree interne è la comunità, i campanili possono diventare antenne ed è di questo che c’è estremo bisogno», ha detto Zuppi.
E sui flussi migratori: «Possono costituire un’opportunità per ravvivare molte realtà soggette a un decremento progressivo della popolazione, ma è necessario affinare sempre più la disponibilità all’ascolto, ad assumere, nel rispetto della legge, logiche inclusive, non di esclusione», si legge nel Documento finale di Benevento.
La Chiesa italiana delle Aree interne riunita a Benevento, dunque, si dice impegnata a “restare” e ad essere presente: «Ci impegniamo ad aiutare i nostri giovani che vogliono restare, cercando di offrire loro solidarietà concreta, c’impegniamo ad accompagnare quelli che vogliono andare, con la speranza di vederli un giorno tornare arricchiti di competenze ed esperienze nuove. Le Aree interne, dove la vita non vuole morire, possono divenire un laboratorio d’idee, una risorsa viva, un tesoro straordinario per tutto il Paese: sta a noi, tutti insieme – pastori, comunità cristiana, società civile, politica – far sì che tale auspicio diventi realtà».
Foto di Pino Ciociola, Avvenire
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