Non profit
Arci, la neopresidente Francesca Chiavacci: “Ci faremo sentire di più”
Intervista alla prima donna al vertice dell'associazione di promozione sociale più grande d'Italia: "Lavorerò in tandem con il vicepresidente Filippo Miraglia, con l'obiettivo di prenderci gli spazi politici che merita una realtà come la nostra". Eletto anche il Consiglio nazionale, composto da ben 185 membri
Alla fine, l'impressione è molto di più di una pax romana: l'Arci, Associazione ricreative e culturale italiana, emerge dall'incontro di sabato 14 giugno con un nuovo presidente, Francesca Chiavacci, donna (è la prima volta, in concomitanza con la nomina della presidente onoraria Luciana Castellina), 52 anni e due figli, fiorentina. Al suo fianco, come vicepresidente con 'poteri' comunque ampi è l'altro candidato, Filippo Miraglia, 49 anni e tre figli. "Già da ieri, primo giorno vero di lavoro, ci siamo sentiti per concordare i primi passi del nuovo corso", spiega Chiavacci a Vita.it. A tre mesi dall'impasse del Congresso di marzo, dove è esplosa la tensione per le diversità di opinione sulla strada da intraprendere e sulla composizione del Consiglio nazionale (rinnovato anch'esso sabato scorso), e soprattutto a dieci anni dalla morte (era il 20 giugno 2004) del compianto presidente Tom Benetollo, l'Arci si ricompatta e rilancia la sua azione sociale. Come? Ecco le risposte della neopresidente.
In che modo siete riusciti ad arrivare a una decisione condivisa da tutti?
Siamo ripartiti dai contenuti, più che dalle persone. Il confronto di marzo è stato aspro e doloroso, ma l'essere arrivati a una soluzione che va al di là delle cariche formali e soprattutto non genera 'correnti' è un ottimo punto di partenza. Sabato scorso si è vista molta voglia di convergere: siamo caduti, ora ci si è rialzati, con più cura verso noi stessi e quello che rappresentiamo. Il nuovo corso vedrà un Arci più veloce a reagire e a farsi sentire dal punto di vista politico su tutti i temi a noi cari, partendo comunque da un radicamento sul territorio che è la nostra forza sociale.
Si legge in questo senso il lavoro in tandem con il nuovo vicepresidente Miraglia?
Sì. Siamo in una fase politica difficile a livello nazionale, in cui i corpi intermedi, ovvero il Terzo settore, la società civile, fatica ad avere gli spazi che gli competono e che merita, soprattutto quando c'è una relazione troppo diretta tra il leader di governo e il popolo. L'associazionismo in generale, e in particolare la nostra realtà di promozione sociale, non può stare a guardare: dobbiamo necessariamente farci vedere di più, e se non ci sono gli spazi bisogna prenderseli a tutti i costi. Finora siamo stati 'lenti' in questo senso, sulle questioni fondamentali dobbiamo agire più in fretta, essere più riconoscibili a livello mediatico.
Quali sono le questioni fondamentali?
Quelle che più di altre fanno parte della nostra storia e dei nostri valori: i diritti civili, la cultura, e ovviamente l'immigrazione, su cui comunque siamo già in prima linea da tempo: il diritto di cittadinanza, l'accoglienza dei rifugiati sono due dei temi urgenti da trattare. Poi c'è la riforma del Terzo settore: vogliamo dire a tutti che ci siamo anche noi. In tal senso abbiamo già inviato le nostre indicazioni alla piattaforma messa a disposizione dal governo, e naturalmente ci sentiamo rappresentati dal Forum del Terzo settore, di cui facciamo parte. E' chiaro che partiamo da un punto di vista diverso: come Aps, Associazione di promozione sociale, siamo diversi dal volontariato vero e proprio, avendo realtà come i circoli che hanno una dimensione economica fondamentale per la loro esistenza. Ma proprio il valore sociale delle atività ricreative e culturali delle nostre strutture ci fa sentire in pieno parte integrante di questo mondo che oggi più che mai ha un ruolo centrale nello sviluppo della società.
Con il nuovo corso, a livello interno cambierà qualcosa nella struttura organizzativa dell'Arci?
Ci sarà senz'altro una riorganizzazione interna, per rendere più rapido ed efficiente proprio il nuovo modo di agire a livello nazionale. Non sarà semplice, perché stiamo parlando di strutture virtuosamente autonome a partire dal bilancio stesso, ma dovremo trovare una soluzione efficace per tutti. Un segno del cambiamento è già arrivato dalla soluzione al problema della rappresentatività in Consiglio nazionale: quello che è stato eletto sabato è composto da ben 185 membri, espressione non solo dei territori con più soci ma anche di tutti quelli che ne hanno di meno ma che svolgono un lavoro politico che deve essere assolutamente rappresentato.
Quale sarà un punto fermo del suo mandato?
Girare i circoli di tutta Italia. Lo sto già facendo da tempo, ma ora più che mai c'è bisogno di vedersi, confrontarsi, condivedere esperienze e battaglie. L'incontro è la parte più bella della nostra associazione, ed è anche la più utile. In questo senso, proporrò di realizzare veri e propri gemellaggi tra le varie realtà.
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