Mondo

Arafat e Golan. La lampada della pace va all’inferno

Una lettera di speranza. Testimonianza di una visita al quartier generale di Yasser Arafat. (di Gianluigi De Palo)

di Redazione

Arriva una telefonata: tutto ok, Yasser Arafat può riceverci. In pullman ci avviciniamo al suo quartier generale. Sono evidenti i segni dei bombardamenti. Le guardie del corpo ci controllano, poi lui arriva sorridente, ci stringe la mano uno a uno e ci ringrazia per essere venuti a Ramallah nonostante la situazione critica: «Questo incontro è benedetto. Vi ringrazio di cuore specialmente perché inviati dal Santo Padre». Gli consegniamo la lampada e spieghiamo che è la stessa lampada della pace che il Papa accese ad Assisi in occasione dell?incontro con i capi religiosi. Lui la prende e la alza come una coppa. Un applauso di speranza si leva spontaneamente. Lui ci racconta del suo primo incontro con il Papa: «Mi dissero che potevo vederlo per 10 minuti, io mi sarei accontentato di 5. Gli dissi che ero il secondo palestinese che entrava in Vaticano. Il Papa mi domandò chi fosse stato il primo. San Pietro, gli risposi? speriamo di passare la prossima Pasqua insieme a Gerusalemme». Di corsa ci dirigiamo al ministero degli Esteri israeliano, dove ci accoglie il responsabile per i rapporti con le religioni, Gadi Golan. Dopo aver visto la sofferenza dei palestinesi siamo un po? prevenuti nei suoi confronti, ma come delegazione di pace lo ascoltiamo a cuore aperto: «In questi brutti giorni sembra che il processo di pace debba ricominciare dall?inizio. Alla fine ci sarà uno Stato palestinese, ma l?Intifada ha bloccato tutto». L?ultima lampada della pace è per lui, e la accompagniamo con un ramoscello d?ulivo. Gli diciamo che siamo vicini al popolo israeliano che ha pianto tanti innocenti. La pace non ha né razza né bandiera.


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