Famiglia

Arabia Saudita, le donne chiedono di uscire con il “guardiano”

Una strana campagna anti femminismo a Riad

di Martino Pillitteri

Un gruppo di donne saudite che si definiscono  “attiviste”, ha mandato una lettera al re Abdullah  per sostenere lo status quo e per difendere le regole conservatrici che regolano i rapporti tra uomini e donne nel regno e quelle che incidono sulla decisioni personali e professionali delle donne come il chi sposare, il proseguire gli studi, l’accettare un offerta di lavoro.
Le attiviste hanno formalmente invitato il re a non abolire la legge del guardiano maschile, ovvero quella normativa tutta saudita che obbliga una donna a dipendere dall’autorizzazione di un guardiano maschile come il marito, il padre o il  fratello, per uscire di casa, per viaggiare, per iscriversi a scuola. E se una donna è divorziata, non ha più il padre, zii, e cugini maschi, l’autorizzazione passa al figlio. Insomma, a questo gruppo di donne, la cui campagna è stata chiamata “My Guardian Knows The Best For Me” ( Il mio custode conosce il meglio per me), piace rimanere sottomesse.
La campagna anti emancipazione è stata lanciata per bilanciare le istanze delle femministe saudite e dei gruppi Humah Rights Watch che in questi mesi hanno intensificato i loro sforzi mediatici in favore dell’emancipazione femminile nel regno saudita e premono per l’abolizione della legge sul guardiano e quella che non permette alle donne di guidare. «Siamo totalmente in dissenso  con le richieste di stampo liberale che tradiscono la nostra religione, le tradizione e i costumi del regno» ha detto la coordinatrice della campagna, Rawdah Al-Yousif. Secondo il quotidiano saudita ArabNews, Rawdah Al-Yousif ha anche definito le istanze liberali delle saudite come «ignoranti e spiacevoli».
Secondo Arabnews, che è un quotidiano saudita liberale ma pur sempre governativo, questa campagna ha suscitato clamore sia tra i sostenitori e gli oppositori. La cosa interessante è che l’unico commento selezionato da Arabnews è quello di Ibrahim Al-Belaihi, un ex membro campione di valori islamici della Shoura Council (il “parlamento” saudita). «La figura del guardiano come costume sociale» ha detto Al-Belaihi «rientra nelle norme coraniche e le persone devono obbedire ai loro guardiani e alle autorità. L’organizzazione della vita quotidiana è essenziale per evitare il caos. Nei paesi democratici, l’obbedienza alle autorità è un obbligo».Non è ben chiaro se Al-Belaihi parlasse a nome delle donne o del potere politico che rappresenta.
Secondo il quotidiano The Saudi Gazzette, la battaglia le campionesse anti emancipazione la spunteranno sui gruppi che difendono le istanze liberali delle donne saudite. Nonostante i gruppi Human Right Watch locali e internazionali siano molto attivi, il governo saudita, specula The Saudi Gazzette, non ha intenzione di considerare nessuna norma che alteri lo status quo dei diritti e dei doveri tra uomini e donne. Sulla possibilità di permettere alle donne saudite di guidare invece, le percezioni dominante è che entro alla fine dell’anno il re abolirà tale divieto.
L’unica argomentazione sensata che le donne saudite possono avanzare per cambiare la legge sul guardiano riguarda l’abuso che certi uomini ne fanno. Quando l’abuso sussiste, la donna può portare il proprio guardiano davanti a un giudice che sceglie tra l’affidare la donna a un altro guardiano o affidarla  a un centro che ospita solo donne. Il principio secondo cui che le donne siano in grado di gestire gli affari della loro vita senza chiedere permesso o ragione ad altri non è contemplata dal sistema saudita che Al-Belani definisce democratico.
Democrazia, tra l’altro, è una parola che in arabo non esiste. I leader e i giornali arabi usano il  vocabolo “dimuqratiyya”, di origine greca. Non esiste quindi se non come un concetto di importazione coloniale o come, secondo quanto sostiene la scrittrice marocchina Fatema Mernissi, una malattia ideologica dell’occidente che può essere definita con il vocabolo “gharb”, che significa “luogo dell’oscurità e dell’incomprensibile che mette sempre paura”.
La vera paura è quella delle non democrazie. L’emancipazione del mondo arabo e quello musulmano si gioca sulla vita e sulla libertà delle loro donne. Questa estate i nemici delle donne sono stati aiutati proprio dalle donne.

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.