Cultura

Arabia Saudita: arrestati altri otto cristiani

L'accusa è di professare la religione cristiana, vietata anche in privato come tutte le altre religioni. Tutto il Paese è infatti considerato luogo sacro per i musulmani. Uno degli arrestati, neo con

di Daniela Romanello

La comunità cristiana in Arabia Saudita continua a soffrire per le restrizioni sulla libertà religiosa. Secondo l?agenzia Fides, che cita l’organizzazione umanitaria Middle East Concern, otto cristiani sono stati arrestati di recente in una retata della polizia. Tra il 19 e il 20 agosto, nella città di Jiddah, sei cristiani sono stati fermati e tradotti in carcere dagli agenti di sicurezza. I nomi di tre di loro sono noti: Tinsaie Gizachew, eritreo; Afobunor Okey Buliamin, nigeriano; Baharu Mengistu, etiope. Di altri tre non si conosce l’identità precisa. L’accusa per tutti è professare la religione cristiana. La situazione più grave è quella di Buliamin: sul suo passaporto vi è scritto che egli è musulmano. Secondo fonti locali, l’uomo si è convertito al cristianesimo in Arabia Saudita. Per questo è considerato un apostata dell’Islam: la sanzione prevista per tale reato è la pena di morte. In precedenza, il 19 luglio scorso, sempre nella città di Jiddah, era stato arrestato Prabhu Isaac, uomo di nazionalità indiana. La polizia ha fatto irruzione nella sua abitazione, lo ha lungamente interrogato, confiscando bibbie, libri di canto liturgico e un personal computer contente informazioni sugli altri cristiani della città. Il 25 luglio Iskander Menghis, cristiano originario dell’Eritrea, ha subito la stessa sorte. Secondo l’associazione Christian Solidarity Worldwide (CSW), la retata della polizia mira a conoscere i nomi di alcuni sauditi che hanno legami con i cristiani, tutti lavoratori immigrati. CSW sottolinea l’abuso sui diritti umani perpetrato dalle autorità saudite, che hanno tratto in arresto persone solo per il loro credo religioso, e chiede il rilascio incondizionato degli otto. I lavoratori stranieri residenti in Arabia sono circa 6 milioni. Tra questi, i cristiani sono circa 600mila, appartenenti a diverse nazionalità (filippini, srilankesi, sud-coreani, indiani, americani, europei, libanesi ed africani). Fra i cristiani vi sono cattolici, protestanti di varie denominazioni e copti. Oltre a costituire il gruppo non-musulmano più numeroso, i cristiani sono anche i più organizzati come gruppi clandestini di preghiera e sono per questo bersaglio preferito delle autorità saudite. Considerata “terrasacra” musulmana, l’Arabia Saudita non permette ai fedeli di altre religioni di costruire propri luoghi di culto né di poter celebrare tali culti in privato. Gruppi di preghiera o studio della Bibbia si trovano nelle maggiori città (Riyadh, Jiddah, Al Jubayl e Dammam). La partecipazione a queste riunioni è rischiosa. I fedeli devono stare sempre in guardia nel comunicare data e luogo dell’incontro. Inoltre, il possesso di materiale non-islamico (rosario, croci, immagini sacre e bibbie) porta dritto all’arresto da parte dei mutawa’in (la polizia religiosa del buon costume). Interrogati sul motivo del divieto degli altri culti in Arabia, i musulmani si sentono spesso imbarazzati o si accontentano di affermare che la “sacralità dei luoghi santi della Mecca e di Medina è stata estesa a tutto il territorio”. L’accusa di professare il credo cristiano è spesso usata come alibi per eliminare oppositori ingombranti.


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