Famiglia

Arabia, dove le donne voteranno

Concessione del re Abdallah, l'inizio di una svolta epocale

di Franco Bomprezzi

Una notizia positiva (sia pure insufficiente) in un mare di guai: ecco perché oggi scegliamo, per la rassegna stampa, la decisione dell’Arabia Saudita di aprire il voto alle donne. Un piccolo passo fra mille contraddizioni, ma pur sempre un fatto che potrebbe, nel tempo, incidere profondamente nella cultura dei diritti del mondo arabo.

“La paura delle proteste porta il voto alle donne” è il titolo a una colonna, di spalla, sulla prima del CORRIERE DELLA SERA, dominata invece dalle notizie economiche provenienti dall’Europa. Ma il quotidiano di via Solferino dedica comunque due pagine a questa notizia, la 16 e la 17. “«Voto alle donne». Parola di re” è il titolo che apre pagina 16. E così commenta l’annuncio di re Abdullah: “L’anziano sovrano, 87 anni e da sei al potere, non parla per oggi: le seconde elezioni municipali del Regno, giovedì, come nel 2005 saranno solo maschili. Ma nel 2015 saranno aperte alle saudite. Per l’assemblea consultiva, in carica già da due anni, se ne dovranno attendere altrettanti per i nuovi incarichi, tutti di nomina reale. Insomma, l’apertura è sulla carta e ufficiale, ma ci vorrà ancora pazienza. E lascia senza risposte molte altre richieste dei riformatori, che da mesi (anzi anni) bombardano il re con petizioni, a volte finiscono in carcere o discriminati. Tra le tante: Costituzione, elezioni politiche, vere istituzioni e divisione tra poteri, diritti e uguaglianza. «Ma comunque è un passo davvero storico per un Paese come il nostro — ribatte Khaled Al Maeena, direttore del quotidiano indipendente “Arab News” —. All’estero non ci si rende conto che non solo i religiosi ma gran parte della società è contraria a dare più diritti alle donne. I giovani stanno cambiando ma è solo l’inizio. L’annuncio è una porta aperta da cui dovranno necessariamente passare altre riforme, uno spiraglio che incoraggerà le donne a volere di più». E molte attiviste condividono questa posizione”. “Al lavoro con l’autista
poi a casa dal marito. Aisha vola con Twitter” è il titolo del pezzo di Cecilia Zecchinelli che apre pagina 17, per descrivere la situazione reale, oggi, delle donne in Arabia Saudita. Scrive la giornalista, raccontando la vita quotidiana di una fantomatica Aisha: “Non è cosa nuova per Aisha, la segregazione: dalle scuole, alle feste di matrimonio o ai funerali, le poche occasioni «pubbliche» non prevedono contatti con maschi che non siano di famiglia. Cinema e teatri non esistono. I pochi caffè sono per uomini e nei ristoranti lei ha accesso solo alla sezione «famiglie», la meno bella: con il marito o i fratelli, o con le sorelle e a volte le amiche. Lo shopping nei centri commerciali può diventare un incubo, ma è abituata: la polizia religiosa è ovunque per evitare contatti, anche solo sguardi, «indecenti». Ed è un sollievo quell’ultimo piano del lussuoso Faisaliya, vietato ai maschi, dove nelle boutique esistono perfino i camerini per provarsi i vestiti”. E così conclude: “ Aisha preferisce una vita tranquilla, finora le è andata bene così. Ma la figlia adolescente l’ha iniziata a Internet e di recente pure a Twitter. Si è aperta una porta sul mondo, che per ora Aisha osserva curiosa. Prima o poi le verrà voglia di uscire”. Terzo pezzo è un’intervista a Iman Al Qathani, una giornalista free lance trentenne che commenta la notizia da Riad: “Solo propaganda. Prima lasciateci guidare e viaggiare”. Interessante l’opinione dello storico inviato in Medio Oriente, Antonio Ferrari, a pagina 36: “L’Arabia Saudita, protettrice del piccolo Bahrein, ha già sperimentato il violento impatto delle rivolte arabe. Ora vuol correre ai ripari. A noi può sembrare che quanto è stato deciso dal re sia poco: ma per la storia di Riad è una svolta davvero epocale”.

“Svolta in Arabia saudita sì alle donne in politica”: foto-notizia sulla prima de LA REPUBBLICA (che apre con “Berlusconi: non mi dimetto questo è uno stato di polizia”). A pagina 14 i servizi: dopo una riflessione durata anni il re Abdullah bin Abd El Aziz al Saud ha annunciato che le donne saudite potranno finalmente votare e candidarsi alle elezioni amministrative (le uniche, del resto). Avranno anche accesso al Consiglio della Shura, una camera consultiva composta da 150 membri di nomina reale. L’annuncio all’apertura della nuova legislatura inaugurata con un discorso del sovrano: «dal momento che noi ci rifiutiamo di emarginare le donne in tutti quei ruoli conformi con la Sharia, abbiamo deciso, dopo deliberazioni con i nostri anziani ulema, di coinvolgere le donne nella Shura come membri, a partire dalla prossima sessione». La prossima tornata elettorale è fra 4 anni (le prossime elezioni sono troppo vicine, essendo il 29 settembre): «In un sistema dove i partiti sono vietati, come tutte le manifestazioni del libero pensiero e dove l’unica vera istituzione su cui si fonda lo stato è la famiglia reale, anche le elezioni amministrative rappresentano un’operazione largamente di facciata», commenta Alberto Stabile, «Basta dire che il corpo elettorale elegge soltanto il 50% dei consiglieri, l’altro 50 essendo nominato dalla Corona». È comunque un primo passo in un regno in cui le donne non possono guidare né viaggiare, né studiare materie non consentite, né lavorare se non come insegnanti o infermiere o medici né possono scegliersi il marito. «La decisione di Adbullah è il frutto della battaglia modernizzante delle donne più giovani e istruite nella vastissima famiglia reale e di quelle dei ceti che vi ruotano attorno. Donne che appartengono a pieno titolo alla nuota élite mondiale globalizzata, abituate a viaggiare e che discutono in rete», annota Renzo Guolo. Infine Cristina Nadotti intervista Hatoon Al Fassi, una attivista docente di storia delle donne all’università di Riad: “È solo il primo passo verso la conquista dei nostri diritti”. «Ora possiamo fare pressione sul ministro perché posticipi la data delle elezioni e ci consenta la partecipazione da subito», «è una conquista fondamentale perché è un primo passo per ottenere tutto il resto. È un momento cruciale delle nostre vite».

“Era ora: l’Arabia regala il voto alle donne”. Tutta pagina 11 è dedicata da IL GIORNALE alla concessione del voto alle donne in Arabia Saudita. Una riforma definita «un assaggio offerto per gentile concessione di un sovrano 88enne», un «grande passo» non immediato ma per chi scrive comunque è «un grande segnale di cambiamento in un regno ostaggio del fanatismo wahabita». Un annuncio fatto dal re Abdallah durante un messaggio televisivo in maniera criptica e che secondo chi scrive rivela «quante e quali difficoltà si celano dietro la riforma». «Rinvii e incertezze sono il segnale della profonde divisioni intestine del regno». Si sottolinea come «le innovazioni di Re Abdallah devono fare i conti con le forze integraliste presenti non solo ai vertici religiosi, ma anche all’interno della casa reale» e si scrive che «una scomparsa di Re Abdallah e la salita al trono di un esponente conservatore porterebbe immediatamente indietro l’orologio della storia». Taglio basso dedicato invece a un pezzo di “costume” sulla vita delle donne in Arabia Saudita. «Le donne sono ovunque ma non hanno volto, inutile cercarne lo sguardo, intuirne il sorriso, indovinarne lo stato d’animo». Chi scrive mette in evidenza come le riforme a vantaggio delle donne dal re siano «concessioni epocali»ma  come restino «altre discriminazioni nel rispetto dei principi dell’Islam» con le donne «totalmente sottoposte all’autorità degli uomini». Divieti ma anche «consuetudini sociali e familiari non meno limitanti», con «gesti che in Occidente sembrano normali diventano rivoluzionari».

«Le donne saudite potranno votare. Quasi come dire che gli asini potranno volare, o i cani parlare. Uno strano ma vero, che, ancora una volta, e nelle più estrema delle circostanze (l’Arabia Saudita), prova che nelle società attuali la questione femminile è la cruna d’ago della politica». Così l’attacco in prima pagina de LA STAMPA, a firma di Lucia Annunziata. A pagina 12 un primo piano apre con un articolo di Francesca Paci: le donne potranno votare e candidarsi, ma a partire dal 2015, restano così escluse dalla consultazione del 29 settembre, le seconde nella storia del regno, resta comunque un punto a favore delle donne saudite, per nulla scontato. A pagina 13 LA STAMPA intervista un’esperta saudita, Madawi Al Rasheed, docente di antropologia religiosa al King’s College di Londra, il cui giudizio è senza sconti: «Dato quanto sta accadendo nel mondo arabo è una concessione minima e tardiva. La regione è scossa da un terremoto eccezionale e la monarchia saudita è fortemente minacciata. Il discorso del re è un diversivo tattico: il disperato tentativo di distogliere l’attenzione mediatica internazionale dalla repressione in corso usando il tema delle donne».

E inoltre sui giornali di oggi:

LIBIA
CORRIERE DELLA SERA – “Fosse comuni a Tripoli «Martiri del regime»”, titolo forte a pagina 15. Scrive Davide Frattini: “Quindici anni e la sabbia del deserto non hanno scartavetrato il nome, scritto con il pennarello nero dentro ai pantaloni di cotone. Quel che resta di Harbi è la divisa da carcerato a strisce, nelle tasche una siringa e una fiala. I soldati scavano con le mani, raccolgono le ossa nei barattoli. Indicano un grosso femore, troppo lungo per appartenere a un uomo, forse è di un cammello, morto davanti al muro di cinta bianco. I resti umani sono di chi è morto dall’altra parte, dentro alla prigione di Abu Salim. Ne è sicuro Osman Abdul Jalil, patologo che lavora con il nuovo governo libico. Dice che la fossa comune nasconde decine di corpi dei 1270 prigionieri massacrati dalle guardie il 29 giugno del 1996. «Dobbiamo recuperare le parti di scheletro e identificare le vittime, confrontando il Dna con quello dei parenti. Possono passare anni prima di ricostruire la verità». Il campo dietro al carcere è stato individuato dieci giorni fa. Da allora le brigate dei ribelli non hanno delimitato l’area, i medici non hanno neppure cominciato a dissotterrare i frammenti. «Sono i martiri uccisi dal regime», commenta Khaled Sherif, vicecomandante della zona. Bab Al Aziziyah, la fortezza di Muammar Gheddafi, non è lontana da qui. Gli edifici attorno al carcere sono bassi, nessuno poteva guardare al di là. I vicini di casa dell’orrore ricordano quei giorni, la protesta dei prigionieri per ottenere condizioni migliori, le promesse non mantenute dai gerarchi, gli spari e le urla. «Cinque anni fa — spiega Anwar — hanno chiuso la strada d’accesso e abbiamo visto passare i camion. Hanno spostato i cadaveri per buttarli in mare e nascondere le tracce»”.

ENERGIE RINNOVABILI 
IL SOLE 24 ORE – “I campioni dell’energia rinnovabile” è il titolo in prima pagina con fotonotizia per il “Rapporto Energia” in allegato al quotidiano. Sono italiane molte tra le migliori imprese del mondo nei settori dell’impiantistica, delle fonti rinnovabili, dei servizi hi-tech nel campo dell’energia. Imprese come la Rosetti Marino di Ravenna, la Bonatti di Parma, la Drillmec di Podenzano, la Irem di Siracusa, Elettronica Santerno di Imola: tutte partite dalla provincia italiana alla conquista di spazi sulla scena internazionale e diventate ora protagoniste su piattaforme offshore di trivellazione, su campi fotovoltaici immensi dalla Cina alla Francia. L’Osservatorio Nomisma Energia – Il Sole 24 Ore ha individuato i 20 “campioni del made in Italy”, eccellenze che valgono il 10% di un mercato da 250 miliardi. 

LINGUE
ITALIA OGGI – “Il cinese è la lingua del futuro”. L’economia sarà dominata dalla lingua di Counfucio entro il 2050. Lo afferma l’esperto Leigh Hafrey lettore di comunicazioni ed etica al Mit. Dopo il cinese e l’inglese, le lingue più parlate nel mondo del business saranno il francese, l’arabo, e lo spagnolo.

SANITA’
IL SOLE 24 ORE – Ospedali e medici di mezza Italia ignorano o applicano poco la legge sul dolore approvata un anno e mezzo fa con voto bipartisan all’unanimità tra gli applausi di tutto il Parlamento. Il diritto a non soffrire per milioni di italiani viene garantito sostanzialmente solo al Nord e in parte al Centro, mentre il Sud è molto in ritardo. Ancora al palo, da Roma in giù, l’uso degli oppioidi i preziosi farmaci necessari per lenire il dolore di chi soffre di patologie gravi o incurabili: da quando la legge 38/2010 ha autorizzato i medici a usare il normale ricettario per prescriverli, il loro consumo è cresciuto poco (+7% in un anno), rispetto alle già pochissime confezioni vendute nel passato che fanno dell’Italia uno dei fanalini di coda dell’Europa. A verificare lo stato di attuazione di questa legge tra le più all’avanguardia al mondo che, oltre a semplificare la prescrizione degli oppioidi, obbliga gli ospedali a monitorare nella cartella clinica anche il livello di dolore di tutti i pazienti, è stata un’operazione a tappeto dei Nas su ben 244 ospedali di tutta Italia con almeno 120 posti letto. Tutto questo, intervista a Ignazio Marino di appoggio compresa, a pagina 17. 

SVILUPPO
LA REPUBBLICA – Il quotidiano diretto da Ezio Mauro anticipa il decreto sviluppo che dovrebbe essere approvato in settimana e che sarà a costo zero per lo stato: dovrebbe contenere il rilancio delle opere pubbliche con sgravi fiscali e meno burocrazia, alcune privatizzazioni e liberalizzazioni, la tassa per chi preleva più di 5mila euro dal bancomat ma soprattutto l’adeguamento delle rendite catastali e l’aumento dell’Ici per le seconde case.

RACCOLTA FONDI 
IL SOLE 24 ORE – La pagina dedicata al mondo del non profit (25) apre sull’ultimo rilevamento dell’Istituto italiano delle donazioni. Calo delle erogazioni da parte delle fondazioni, quelle della pubblica amministrazione. In compenso resistono quelle di origine privata. Sulla stessa pagina la segnalazione di bandi e finanziamenti a favore del volontariato e della promozione sociale. Completa la rubrica a cura di VITA, ospite sul quotidiano di Confindustria: «Ci sono tanti modi di usare la liquidazione, dopo 40 e passa anni trascorsi ai vertici di una multinazionale come Ferrero. Anni passati lavorando a stretto contatto con il patron Michele ideando e conquistando il mercato con prodotti come Nutella, Ferrero Rocher, Kinder Sorpresa. Niente barchetta, niente investimenti in fondi obbligazionari e rendite sicure: Giuseppe William Salice ha preso i 400mila euro di Tfr e «ho cercato un modo intelligente per restituire agli altri tutte le cose belle che la vita mi aveva regalato. E mi è stato subito chiaro che questi “altri” non potevano che essere i giovani». Poesia? Al contrario, estrema concretezza e sano pragmatismo, da buon ligure che ha passato una vita nell’operosa Alba. Nel marzo 2008, giusto il tempo di salutare gli ormai ex colleghi, Salice dà vita – insieme a Enrico Gasperini, fondatore ed executive chairman del Gruppo Digital Magics, che contribuisce con 50mila euro di tasca sua – alla Fondazione Color Your Life (www.coloryourlife.it)». 

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