Cultura

Arabi contro il terrorismo. Da Hezbollah a Al Azhar una condanna unanime

Si sono ritrovati in Egitto, alla Biblioteca Alexandrina, la più grande di tutta l'area mediterranea. Intellettuali arabi, di orientamento laico o religiosi, hanno espresso la loro condanna del terrorismo e hanno rilanciato sul "che fare?"."L'estremismo religioso è uno dei più grandi problemi che gli arabi si trovano oggi ad affrontare", ha detto il segretario generale della Lega Araba Nabil al-Araby in apertura del dibattito

di Marco Dotti

Si sono ritrovati in Egitto, alla Biblioteca Alexandrina, la più grande di tutta l'area mediterranea. Intellettuali arabi, di orientamento laico o religiosi, hanno espresso la loro condanna del terrorismo e hanno rilanciato sul "che fare"?
Già, "che fare?". Perché mentre nei salotti televisivi nostrani si cerca il "musulmano fatto in casa", ossia quello adatto da presentare e mettere in condizione di rispondere solo "sì" o "no", senza il minimo spazio di riflessione,  il mondo arabo comincia a interrogarsi davvero.
E non sono cadute nel vuoto nemmeno le parole con cui nella giornata di venerdì il leader della sciita Hezbollah, Hassan Nasrallah, ha affermato che"arrecano più oltraggio i jihadisti che qualsiasi libro o vignetta".

Hezbollah: "Quei jihadisti hanno offesso il Profeta più di ogni altro" 

Certo, poi Nasrallah ha aggiunto che questa tipologia di terrorismo è "d'importazione", ossia "spalleggiata dall'Occidente" che l'avrebbe esportata nel mondo arabo, per poi ritrovarsela in casa, ma questo fa parte della sua lettura geopolitica e – contestabile o meno che sia – non contraddice le parole di dura condanna espresse in una diretta televisiva dal capo della formazione libanese.

Nasrallah, il leader di Hezbollah
Pur non nominando direttamente Charlie Hebdo, è stato a tutti chiaro il riferimento. Come chiaro è stato anche il riferimento ai Versetti satanici di Salman Rushdie, il libro oggetto di una fatwa da parte di Khomeyni.
"Ora più che mai – ha dichiarato il leader di Hezbollah – abbiamo bisogno di parlare del Profeta a causa del comportamento di alcuni jihaidisti, ossia di gruppi di persone che pretendono di essere islamici".
Eppure, proprio loro ha concluso Nasrallah, "hanno offeso il Profeta di Dio  più di chiunque altro nella storia attraverso le loro vergognose, atroci, parole disumane e quegli atti brutali. Questi gruppi hanno offeso il Profeta, la religione,  il Libro sacro e il popolo musulmano più di ogni altro nemico".

Cui prodest? Guerra per l'egemonia

"La mia idea", ha commentato il professor Franco Cardini, in un'intervista concessa a Intelligonews, è che ad colpire con tanto calcolo e ferocia sia stato "uno dei tanti gruppi che agiscono dentro la logica dello jihadismo che è un’ideologia che ha una lontana origine religiosa e che in realtà, è un’ideologia di tipo politico. Da questo punto di vista colpire Charlie Hebdo, significa colpire un bersaglio ‘eccellente’ per fare presa, sì ma su chi?".
Al di là della querelle sulla libertà di stampa, Cardini si dice convinto che, se di guerra si deve parlare, questa sia "la guerra sia nei confronti di altri gruppi islamici per accaparrarsi il più possibile le simpatie degli estremisti a danno di altri gruppi, per dimostrare come fa il Califfo Al Baghdadi quando fa tagliare le teste in pubblico, che è il detentore dell’Islam sunnita vero e che tutti gli altri musulmani sono tiepidi, traditori, alleati degli occidentali che sono crsitiani. C’è una guerra in corso ma bisogna capire fra chi. Noi siamo coinvolti, ma la guerra fondamentale è all’interno del mondo musulmano dove si stanno agitando forze fondamentaliste che tra di loro si fanno concorrenza per dimostrare a una parte di musulmani, non certo la migliore, che loro sono i veri difensori della fede".  

Franco Cardini
Gli esecutori della strage, però, aggiugne Cardini, hanno capito ben poco del Corano. Per questo, interpretare in chiave religiosa, fosse pure di fanatismo, un attacco che ha come probabile movente la contesa su un'egemonia, potrebbe essere fuorviante.

Intellettuali arabi contro il nichilismo fondamentalista

Erano 250 nella sala conferenze della Biblioteca Alexandrina. Intellettuali, di orientamento laico o religiosi, cristiani e rappresentanti di Al Azhar , politici e analisti per un "brainstorming" durato tre giorni al termine del quale è stata non solo unanime la condanna dell'attentato alla redazione di Charlie Hebdo,  ma anche ferma la decisione di lavorare per uscire da un'impasse che sembra aver spinto in un angolo anche le istituzioni politiche dei paesi arabo-sunniti.

Al termine dei tre giorni è stato stilato un memorandum contro l'estremismo da presentare al vertice dei Paesi arabi che si terrà nel marzo prossimo. "L'estremismo religioso è uno dei più grandi problemi che gli arabi si trovano oggi ad affrontare", ha detto il segretario generale della Lega Araba Nabil al-Araby in apertura del dibattito. 

 

Una vignetta del cartoonist egiziano Makhlouf

Amr Al-Choubaky, direttore del Centro studi e strategie Al-Ahram, noto per le sue ricerche sui "Fratelli musulmani",  ha raccontato un aneddoto: " Due mesi fa mi trovavo in Tunisia, quando 20 soldati sono stati uccisi in un attacco vicino al confine con l'Algeria. Tutti sappiamo che fra esercito e potere centrale c'è una separazione". 

Giornalisti egiziani manifestano per la libertà di stampa (aprile 2014)

Quello che voleva dire Amr Al-Choubaky è che ai suoi occhi risuona falsa l'affermazione che fra governi e esercito vi siano legami strettissimi. A riprova della sua tesi vi sarebbe il fatto che "i gruppi terroristici prendono oramai di mira tanto i civili, quanto i militari". Segno che costituiscono una sorta di contropotere, liquido e diffuso: "questi gruppi terroristici crescono perché c'è un ambiente sociale, culturale ed economico propizio a tale crescita. Questo significa che dobbiamo lavorare non solo mostrando come la loro ideologia si opponga alla vera fede, ma dobbiamo disinnescare il loro potere di attrazione".

Favorire la riconciliazione

Un potere di attrazione che – ha detto Gregorio III, patriarca della Chiesa greco-cattolica, presente all'incontro alla Biblioteca Alexandrina – prende gran parte della propria forza dal conflitto arabo-israeliano che "spinge i cristiani a emigrare". 

Eppure, ha concluso il Patriarca, <"noi, come cristiani e musulmani, siamo un corpo solo. Uno completa l'altro e possiamo essere un unico scuido contro il terrorismo che sfida il credo di tutte le religioni. Chiedo che per la riconciliazione sia costituito un gruppo di lavoro congiunto di cristiani e musulmani per promuovere una carta con i nostri valori fondamentali".

In questo senso, comune è stato il richiamo a tutte le autorità religiose nel non diffondere erronee o superficiali intepretazioni del jihad o del ruolo della donna.

Una questione che rimane aperta, certamente, ma qualcosa anche nel mondo arabo-musulmano si muove. Aprire un dialogo con autorità e intellettuali di questo mondo, anziché cercare la disputa da salotto, sarebbe proficuo per tutti.

@oilforbook

 

 

 

 

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