Non profit
Apre anche in Italia una libreria senza dipendenti
Inaugurazione il 7 aprile a Bergamo per "Qualcosa in più", libreria gestita solo da volontari i cui utili andranno a finanziare progetti sociali in Italia e all'estero. Un'iniziativa della Diocesi che ricalca altre esperienze di successo già sperimentate nel mondo
L’antisegnana è a New York: si chiama Housing Works (nella foto, la vetrina principale), è una libreria gestita da volontari dell’associazione Act Up e dal 1996 raccoglie fondi per aiutare i malati di Aids. Adesso però anche l’Italia ha la sua prima “libreria solidale”, che sta a Bergamo e aprirà i battenti il 7 aprile. Un po’ bottega della solidarietà, un po’ presidio contro la crisi del libro cartaceo, il negozio – sulla cui insegna si legge “Qualcosa in più” – in realtà esiste da molto tempo: prima si chiamava “Buona Stampa” ed era gestita dalla Sesaab, la società editrice del quotidiano L’Eco di Bergamo; oggi è passata in gestione alla Fondazione Adriano Bernareggi, sempre legata alla Diocesi della città, che la manderà avanti attraverso un Comitato di Gestione. Ma la vera novità non è questa.
Le due caratteristiche fondamentali che rendono questa libreria davvero unica sono altre: la prima riguarda i commessi e il direttore del negozio, che saranno tutti volontari; la seconda è relativa al cambiamento del fine commerciale, che si trasforma da profit tout court a not for profit, ovvero a favore di un obiettivo sociale. «L’utile di esercizio della gestione annuale sarà devoluto a progetti di solidarietà missionaria e di attenzione alle fragilità sul nostro territorio», ha annunciato don Giambattista Boffi, responsabile di “Qualcosa in più”. «Anche questo è il “qualcosa in più” che l’esercizio vuole offrire». Vai al sito della libreria
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.