Inclusione dietro le sbarre

Appunti dal carcere

Costruire e facilitare relazioni forti con lo scopo di abbattere le barriere e i pregiudizi. Questo uno degli obiettivi del progetto Carcere, dentro c'è molto di più, realizzato all'interno della casa circondariale Santa Maria maggiore di Venezia dalla cooperativa "Rio terà" dei pensieri e sostenuto da Intesa Sanpaolo in collaborazione con Fondazione Cesvi. Un workshop di storytelling e stampa serigrafica conclusosi con la realizzazione di dieci taccuini, veri e propri quaderni per appunti, realizzati in edizione limitata

di Rossana Certini

Progetto: Carcere, dentro c'è molto di più – Venezia (Foto: cooperativa Rio terà dei pensieri )

Lo spazio-cella. Cosa c’è dentro. Cosa manca dentro. Sono alcuni dei titoli dei dieci taccuini realizzati dai detenuti della casa circondariale Santa Maria maggiore di Venezia nell’ambito del progetto: Carcere, dentro c’è molto di più. Un percorso di riflessione personale realizzato grazie alla cooperativa Rio terà dei pensieri e sostenuto da Intesa Sanpaolo in collaborazione con Fondazione Cesvi. Un workshop di storytelling e stampa serigrafica che ha coinvolto venti detenuti uomini e altrettanti studenti maggiorenni del master di specializzazione in Graphic design della Scuola internazionale di grafica di Venezia.

«Il progetto si innesta all’interno dei laboratori di produzione di borse e serigrafia che come cooperativa svolgiamo da anni all’interno della casa circondariale di Venezia», spiega Liri Longo, responsabile della attività interne al carcere per la cooperativa Rio Terà dei pensieri, «nel costruire questo percorso abbiamo cercato dei partner con cui lavorare sugli aspetti creativi della produzione che nel lavoro dei laboratori di solito non approfondiamo. È così che abbiamo coinvolto Cristina Zanato, della scuola di grafica, e il collettivo Artway of Thinking dando loro il compito di ideare e condurre dei workshop di storytelling e stampa serigrafiche per un gruppo di detenuti che è stato guidato nella riflessione sulla propria esperienza detentiva per far emergere gli aspetti relazionali, di convivenza e di vita all’interno di un carcere».


Progetto: Carcere, dentro c’è molto di più – Venezia (Foto: cooperativa Rio terà dei pensieri )

Per tre mesi venti detenuti e altrettanti studenti si sono incontrati, a cadenza settimanale o bisettimanale, per riflettere su dieci temi e sviluppare alcune tecnica grafica. Ogni singolo percorso narrativo si è trasformato in un taccuino, veri e propri quaderni per appunti realizzati in edizione limitata che possono essere acquistati presso il bookshop del Museo M9 di Mestre, la bottega Malefatte in Fondamenta Frari a Venezia e on-line sul sito di malefattevenezia.it

«Il carcere è un luogo dove ognuno si ritaglia un proprio spazio e non permette a nessuno di entrarci», racconta Andrea, 25 anni e un’esperienza di circa un anno della casa circondariale di Venezia, «il laboratorio ci ha aperto alla condivisione, una cosa rara in quel luogo. Durante i primi incontri ci guardavamo un po’ con sospetto. Questo è il linguaggio del carcere. Ma giorno dopo giorno, racconto dopo racconto si è avviato un processo che ci ha aperti alla fiducia reciproca. È come se tutti noi fossimo tornati indietro nel tempo a quando eravamo ragazzi e ci ritrovavamo il pomeriggio a casa degli amici di scuola. Una sensazione di libertà di espressione che non vivevamo da molto tempo».

Progetto: Carcere, dentro c’è molto di più – Venezia (Foto: cooperativa Rio terà dei pensieri )

Il carcere, con le sue routine, può diventare un’abitudine che non dà spazio a nessuna emozione. Giornate tutte uguali scandite da riti che seguono il movimento delle lancette dell’orologio. Si legge in una delle pagine: «La mia giornata inizia alle 7.30 con un caffè. Poi alle 8.30 esco all’aria per fare esercizi fisici: 20 minuti di corsa, 400 addominali e 200 flessioni. Poi rientro in cella, mangio un frutto e uno yogurt, aspetto il pranzo. Poi gioco a carte con i miei compagni detenuti. Dalle 14.30 alle 15.20 palestra. Finita la palestra rientro in cella, doccia, mi cambio i vestiti e mi metto ai fornelli e preparo la cena per me e i miei compagni di cella. Finito di mangiare, scrivo una lettera alla mia compagna e ai miei figli. Alla chiusura delle 20 partita a scala 40 fino alle 21, camomilla, due biscotti e poi ci guardiamo un film. Alle 22.30, massimo 23, si spegne la tv e vado a dormire. Ecco come passo le mie giornate qui dentro».

E ancora: «Qui dentro tutto è senza colore metaforicamente ma anche fisicamente. Per questo a volte le persone scelgono di decora la loro cella con fotografie poster o disegnando sui muri».

Frasi frutto di una catarsi interiore che ha richiesto a questi uomini adulti, abituati spesso a non parlare delle loro emozioni, di avviare un lavoro faticoso di introspezione sfociato in schizzi neri, segni di colori e parole. In una pagina piena di disegni di volti tesi, uomini con la barba nera e pennellata di giallo si legge: «Un minuto di stupidità può portare a una sofferenza eterna. Questo il motto che sento spesso qui dentro e che non auguro a nessuno, perché fa tanto male».

Progetto: Carcere, dentro c’è molto di più – Venezia (Foto: cooperativa Rio terà dei pensieri )

Ogni taccuino si compone di sessanta pagine bianche al cui interno trova posto l’inserto illustrato realizzato dai detenuti e poi editato e stampato dagli studenti.

«Saper fare ma, anche, prendere fiducia nelle proprie capacità ed emozioni», conclude Liri Longo, «Li abbiamo coinvolti in un percorso progettuale e creativo che voleva contrastare la povertà educativa e la scarsa abitudine a entrare in contatto con le proprie emozioni che spesso caratterizza il carcere. Volevamo costruire e facilitare relazioni forti tra dentro e fuori, con lo scopo di abbattere le barriere e i pregiudizi. Volevamo far capire che lì dentro c’è molto di più che dei “detenuti”. I taccuini ora portano fuori le emozioni dei detenuti».


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