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Appello per gli sfollati del campo al Rukban: situazione disumana

Oltre 10mila civili, di cui la metà sono bambini e il resto prevalentemente donne, si trovano intrappolati da anni in un fazzoletto di terra in una zona ostile. La gravissima crisi idrica e l’insufficienza degli aiuti umanitari stanno minacciando l’incolumità di queste persone, colpite dalla malnutrizione e dalla mancanza di cure mediche

di Asmae Dachan

“La situazione è disumana”: così la Rete siriana per i diritti umani ha definito le condizioni nel campo per gli sfollati interni al Rukban, a est di Homs, al confine con la Giordania. Oltre 10mila civili, di cui la metà sono bambini e il resto prevalentemente donne, si trovano intrappolati da anni in un fazzoletto di terra in una zona ostile.

La gravissima crisi idrica e l’insufficienza degli aiuti umanitari stanno minacciando l’incolumità di queste persone, colpite dalla malnutrizione e dalla mancanza di cure mediche. La Rete siriana chiede all'Ufficio di coordinamento degli affari umanitari delle Nazioni Unite ad Amman e alle organizzazioni internazionali di soccorso di agire con urgenza per fornire acqua potabile e viveri al campo. Attivisti per i diritti umani hanno lanciato richieste di soccorso al governo giordano e alle organizzazioni internazionali, con lo slogan #Save_Rukban_Camp. I residenti del campo chiedono di aumentare le ore di pompaggio, dissalare l'acqua e fare manutenzione ai serbatoi. I civili sono sottoposti a un rigido razionamento che impedisce loro di lavare i panni o di fare la doccia, col crescente timore della diffusione di malattie della pelle, soprattutto alla luce della mancanza di medicinali nel campo.

Dal 2018 Al-Rukban riceve l'acqua da un pozzo gestito dall'UNICEF sul lato giordano del confine, ma la siccità ha compromesso la produttività dello stesso. Per le migliaia di persone intrappolate nel campo non esiste la prospettiva concreta di abbandonare la tendopoli senza correre il rischio di essere arrestati. Il campo, infatti, è assediato dalle forze del regime, che impediscono l'ingresso di cibo e medicinali, facendo pressione affinché i residenti lasciano le proprie tende e si dirigano verso le aree governative, ma questo rappresenta, per molti di loro, un rischio. L'Associazione siriana per la dignità dei cittadini, Sacd, ha infatti documentato almeno 174 arresti di persone che sono tornate da al-Rukban nel territorio controllato dalle autorità di Damasco. Oppositori, parenti di oppositori, giovani che non hanno prestato il servizio militare, persone sospettate di aver commesso crimini, sono a rischio. Le organizzazioni umanitarie sostengono che gli Stati Uniti, che controllano l'area di 55 km in cui si trova al-Rukban, dovrebbero aiutare i residenti del campo in qualità di “potenza di controllo de facto” nell'area. Gli Stati Uniti, al contrario, sostengono che la responsabilità ricade su Damasco. La Giordania, a sua volta, rifiuta di consentire l'ingresso di aiuti dai suoi confini.

Il campo è stato istituito nel 2014 e la maggior parte dei suoi residenti proviene dalle campagne di Raqqa, Deir Ezzor, Homs e Hama, ed è gestito dalle fazioni di opposizione sostenute dalla Coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti.

Prima del 2018, il campo contava circa 70.000 residenti, ma la maggior parte della popolazione, stremata dalle condizioni inumane della tendopoli, si è spostata verso le aree del regime siriano. Il 3 aprile scorso, il portavoce dell'Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari, Jens Lark, aveva denunciato che gli aiuti umanitari non raggiungono il campo di Rukban da settembre 2019 e la situazione è collassata negli ultimi mesi.

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