Cultura

Appello di organizzazioni equosolidali in vista di Hong Kong

Commercio equo e solidale per un commercio più giusto: un documento di protesta promosso da 4 organizzazioni equosolidali.

di Chiara Brusini

Il commercio equo e solidale per un commercio più giusto: a un mese dalla conferenza della Wto a Hong Kong il tema del cotone viene rilanciato grazie a un documento di pressione e protesta promosso da quattro organizzazioni equosolidali europee: Roba dell’Altro Mondo (Italia), Fair (Italia), Oxfam Magasins du monde (Belgio) e Federation Artisans du Monde (Francia).

Il tema del cotone è il paradigma più chiaro della retorica vuota che ammanta i negoziati commerciali in corso all’Organizzazione mondiale del Commercio in vista della ministeriale di Hong Kong del dicembre prossimo.

Il cotone è ancora la fibra naturale più importante del mercato mondiale, rappresentando ben il 38% dell’intero mercato delle fibre, e per alcuni Paesi, tra i più poveri del mondo, è tra le fonti principali di reddito. Grazie alle politiche promosse da Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale, che hanno visto l’impianto della fibra coloniale come il principale veicolo di sviluppo economico di molti Paesi in via di sviluppo, ben 33 Paesi Africani su un totale di 53 sono produttori ed esportatori di cotone.

Ma affidare a questa sola coltura, dal prezzo internazionale sempre più instabile e depresso, il destino di quasi un intero continente, è stata una scelta miope e distruttiva.
Oggi diversi milioni di persone, specialmente in Africa, affidano al cotone la propria sopravvivenza.

Nell’ambito di questo round di negoziati commerciali, rilanciato a Doha dalla Wto con l’altisonante titolo di “Round dello sviluppo”, il cotone avrebbe dovuto rappresentare uno dei tavoli più importanti di costruzione di risposte concrete e di alternative possibili. Così era stato promesso, sia immediatamente prima sia subito dopo il collasso della ministeriale di Hong Kong. Scelta confermata, con la costituzione di una sottocommissione apposita nel luglio dello scorso anno.

Ad oggi, però, la sottocommissione è rimasta praticamente inerte, nonostante i numerosi richiami del gruppo dei Paesi più poveri (LDCs) verso un necessario rilancio dell’iniziativa negoziale.

A un mese dall’apertura dei lavori della ministeriale di Hong Kong, quattro organizzazioni equosolidali europee chiedono, in un documento di pressione e di protesta, che il tema del cotone torni al centro dei tavoli negoziali, già fortemente in difficoltà per la mancanza d’accordo sia in ambito agricolo che sui servizi e sui prodotti industriali. Il cotone non può essere utilizzato come arma di ricatto per imbavagliare le proteste dei Paesi più poveri, sempre più certi che questo ciclo negoziale, stado ai risultati mostrati finora, si concluda senza alcun risultato concreto per la lotta alla povertà, come invece era stato assicurato dai G8, pur nello scetticismo degli addetti ai lavori, all’indomani del vertice scozzese.

Alle delegazioni ufficiali a Hong Kong verrà consegnato un pacchetto di richieste che si concentrano su:
– fermare la liberalizzazione forzata dei mercati delle fibre e del tessile;
– l’eliminazione dei sussidi all’esportazione;
– la creazione di un sistema internazionale di governo dell’offerta per la stabilizzazione dei prezzi;
– la creazione di un fondo di emergenza per aiutare i piccoli produttori nelle fasi di crollo dei prezzi;
– riconoscere ai singoli Paesi la possibilità di esercitare il principio di precauzione e di impedire l’impianto di cotone e fibre OGM;
– finanziare le produzioni sostenibili e la costruzione di filiere pulite attraverso un sistema di tassazione globale;
– sostenere le filiere corte, le produzioni sostenibili, biologiche ed equosolidali e la trasformazione locale della fibra. riconoscendo legittimità alle pratiche di preferenzialità nelle forniture pubbliche, oggi contrarie ale regole della Wto.

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