App come azzardo

di Marco Dotti

Ho comprato un cellulare nuovo (marca LG), svolto le pratiche per il passaggio a un nuovo operatore. Il servizio che richiedo è semplice: spendere meno, telefonare di più. Il resto, ovviamente, non mi interessa.

Eppure, sul telefonino si preinstalla, al momento dell’attivazione della scheda Vodafone, tutto, ma proprio tutto ciò di cui non avrei bisogno.

La cosa più interessante, o inquietante se volete, è che in automatico, senza alcuna autorizzazione da parte mia, si attiva anche una versione trial di un gioco a poker (qui sotto la fotografia).

Penso bene di passare al figlio di un mio amico, minorenne e ancora infante (ha 8 anni) il telefono, dicendogli: fai tu. Bene, cosa succede? Si mette a giocare, incurante di divieti e morali e “gioca responsabile”. Ma con soldi veri (purtroppo i miei). Lo interrompo per evitare il peggio. 

Chiediamoci dove stiamo andando, certo. Ma non dimentichiamoci di chiederci “dove ci stanno portando”. Perché qualcuno l’avrà progettato questo software, qualcun altro l’avrà venduto, altri ancora avranno stretto degli accordi con la ditta fornitrice, la compagnia telefonica…

In fondo, solo pochi mesi or sono l’Organizzazione Mondiale della Sanità lanciò l’allarme: internet costituisce l’habitat ideale per speculatori di ogni sorta e per lo sviluppo di un azzardo talmente dilagante da rappresentare oramai la normalità, non la patologia del sistema….

Il business, d’altronde, le industrie italiche dell’azzardo lo fanno proprio sui “normali”, non sui patologici. Quelli, basta lasciarli in carico al servizio sanitario nazionale. E poi, chi meglio di loro costituisce un alibi straordinario per imbastire campagne contro “il gioco dei minori”, contro il “gioco irresponsabile”?

Come dire: alla prova dei fatti, sono i fatti  che contano. Non la brodaglia etica infarcita di marketing. Con quest’ultima, non solo non ci si condisce l’insalata, ma ci si avvelena. Tutti.


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