Non profit

Apertura e trasparenza. E credere nei media

Intervista a Gerry Salole, presidente di Efc

di Joshua Massarenti

Da Bruxelles – «Gli strumenti di informazione hanno un ruolo decisivo per far capire anche in maniera critica il ruolo delle fondazioni. L’opinione pubblica deve conoscere e poter giudicare. Solo così si cresce»

La discrezione è da sempre un loro marchio di fabbrica. Ma forse oggi è giunto il tempo di uscire dal guscio. Incontrare il pubblico per spiegare chi si è, cosa si fa e soprattutto che Europa si vuole. Un’Europa mai così in crisi, a partire della sua rappresentanza, e che necessita una leadership capace di fare della lotta alla povertà e all’esclusione sociale una priorità assoluta della sua agenda politica. Di fronte a tempi così difficili, le fondazioni europee decidono di giocare a carte scoperte. Lo faranno a Bruxelles dal 31 maggio al 4 giugno attraverso la Foundation Week, un evento che vede per la prima volta il mondo delle fondazioni europee confrontarsi a viso aperto con il pubblico e gli stakeholders (ong, think tank, media, organismi multilaterali, istituzioni Ue, etc.). Il tutto sotto la regia dell’European Foundation Centre, un’associazione indipendente fondata nel 1989 con lo scopo di favorire gli scambi tra le fondazioni europee e curarne gli interessi presso le istituzioni Ue. Assieme a Gerry Salole, chief executive dell’Efc (di cui fanno parte oltre 230 fondazioni europee), Vita passa al setaccio le loro ambizioni in un’Europa da re-inventare. A partire dal suo modello di welfare, mai così minacciato.
Vita: La Foundation Week segna una svolta. A cosa dobbiamo questo coming out?
Gerry Salole: Negli ultimi cinque anni, le fondazioni hanno preso coscienza del peso e del ruolo che hanno assunto nel Vecchio continente e oltre le frontiere europee. Oggi questa fiducia nei propri mezzi, oltre a coincidere con la costruzione di una nuova Europa, si traduce nella necessità di essere più trasparenti, aperti all’opinione pubblica e agli stakeholder. Tra questi, i media hanno un ruolo molto importante per far capire, anche in maniera critica, il ruolo del settore non profit, incluso quello delle fondazioni nella vita quotidiana dei cittadini europei e nei suoi rapporti con le istituzioni Ue. La Foundation Week risponde a questa duplice sfida: con la fiera, le fondazioni potranno presentare ai non addetti ai lavori le iniziative che portano avanti su fronti che vanno dalla ricerca scientifica alla disabilità, passando per gli anziani, l’immigrazione, l’ambiente o la cultura. La conferenza annuale dell’assemblea generale focalizzerà invece l’attenzione sui rapporti tra fondazioni e istituzioni Ue con le quali rimane aperta la questione dello Statuto europeo, uno strumento giuridico vitale che faciliterebbe molto le donazioni transfrontaliere e le attività di una fondazione su scala europea. Oggi se una fondazione vuole promuovere iniziative in un Paese Ue diverso dal suo, ed è il caso della maggior parte delle fondazioni affiliate all’Efc, deve aprire una nuova sede, il che aumenta i costi. Speriamo che dalla Foundation Week spuntino fuori proposte positive.
Vita: Quali le evoluzioni recenti più significative delle fondazioni Ue?
Salole: Fino a pochi anni fa le fondazioni europee continuavano a identificarsi in quelle americane, quando invece dovevano concentrarsi su ciò che realmente le caratterizza. La nostra realtà è molto più variegata rispetto a quella statunitense, con una gestione diversa degli asset, molto più diversificati in Europa, il che, assieme a un legame meno forte con i mercati finanziari, ha consentito alle fondazioni europee di resistere meglio alla crisi.
Vita: Intanto in Italia il crollo dei dividendi bancari, non compensato dai ritorni degli altri investimenti finanziari, ha prodotto una generale riduzione della liquidità disponibile con un calo di quasi il 30% delle erogazioni sui territori?
Salole: E io le rispondo che negli Stati Uniti i cali sfiorano una media del 40-45%! E non è casuale. Negli Usa dietro una fondazione c’è soltanto un imprenditore ricchissimo, se va male lui, non c’è modo di rimediare. Diversamente le fondazioni europee possono essere sostenute da finanziatori della middle-class che decidono di mettersi insieme e condividere risorse e idee al servizio della comunità. Altra differenza sostanziale, negli Usa consorzi come Nef o Fondazioni4Africa non esistono. È la dimostrazione che le fondazioni europee hanno imparato a scambiare know-how.
Vita: Siamo nell’Anno europeo della lotta contro la povertà, nel 2011 toccherà al volontariato, di mezzo c’è una crisi che sta mettendo a repentaglio la spesa pubblica sul welfare. Che contributo possono dare le fondazioni europee per garantire la coesione sociale?
Salole: La crisi ha dimostrato che correre da soli è controproducente. La lotta contro la povertà e l’emarginazione sociale richiede uno sforzo collettivo coerente da parte di tutti: governi, istituzioni europee, autorità locali, settore privato e quello non profit. Detto questo, le fondazioni non possono ovviamente sostituirsi agli Stati per preservare il Welfare State, e l’idea secondo la quale dovrebbero farlo le rende nervose perché irrealistica.
Vita: Che valore aggiunto le fondazioni possono quindi offrire per superare questo periodo?
Salole: Le fondazioni sono note per il loro profondo radicamento sul territorio. Sono facilitate da meccanismi di risposta molto rapidi alle esigenze dei cittadini europei, in alcuni casi sanno anticipare i problemi. Sono doti che i governi europei non hanno e che ci riconoscono. Inoltre, la presenza capillare permette di avere una visione complessiva dei problemi che assillano gli europei, ma anche i luoghi dove si sviluppano le iniziative più interessanti. Penso a Torino, Stoccolma, Lisbona, ma anche Birmingham o York. Con le autorità locali e i governi c’è già una collaborazione strutturata, non così con le istituzioni Ue.
Vita: Perché?
Salole: Un po’ per via dell’assenza di Statuto europeo, un po’ perché le fondazioni hanno la sensazione che il loro potenziale non venga colto da Bruxelles. Eppure sarebbero gli attori perfetti per veicolare la Strategia 2020 della Commissione europea nei territori.
Vita: Che Europa vogliono le fondazioni?
Salole: Più giustizia sociale e uguaglianza tra le persone. Le fondazioni hanno la vocazione di essere attente ai disagi e ai sogni dei cittadini, cercando di offrire progetti di alto valore aggiunto. Una grande forza è sapersi adattare velocemente ai contesti storico-geografici e cambiare quando serve. E oggi l’Europa è destinata a cambiare.

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