Famiglia

aperto l’hospice dei piccoli

pediatria Dopo due anni di burocrazia e rinvii è operativa a Padova la Casa del bambino

di Redazione

È la prima struttura in Italia per piccoli terminali o malati cronici gravi. Vi si impara ad affrontare il dolore per poi tornare a casa più forti. La coraggiosa coordinatrice racconta la storia
di una difficile impresa
C i sono voluti tre anni, ma alla fine il progetto ha preso il volo: l’hospice pediatrico di Padova, unico in Italia dedicato ai piccoli pazienti terminali o colpiti da malattie inguaribili, ha aperto i battenti il 5 settembre, dopo una lunga gestazione fatta di estenuanti stop and go.
Inaugurata il 19 settembre 2007, la Casa del bambino era pronta dal 2005, ma la carenza di personale paramedico ne ha ripetutamente rinviato la partenza. Fino ad oggi. «E anche ora, che operiamo a pieno regime, con quattro ospiti, siamo in debito di un infermiere», dice Franca Benini , responsabile del Servizio di cure palliative nel bambino a Padova. «L’azienda ospedaliera ci ha promesso il sesto ma, finché non arriva, ai cinque già operativi tocca coprire un turno suppletivo». Nessun rancore: «Lo sforzo fatto è già apprezzabile in un momento in cui reperire personale specializzato è oggettivamente complicato. Inoltre, la difficoltà maggiore riguarda l’approccio culturale. Nel porre l’accento sulla funzione residenziale dell’hospice a scapito della sua valenza curativa, si tende a dimenticare l’alta complessità assistenziale richiesta da questi pazienti, non solo malati terminali da accompagnare nel fine vita, ma anche bambini con patologie croniche gravi, che stando qui imparano a convivere con la malattia».
Gestita dall’azienda ospedaliera di Padova e voluta dalla Regione Veneto, che ha provveduto sia alla ristrutturazione degli spazi che al reperimento dell’organico, con un coinvolgimento economico alla pari pubblico e privato (la Cariparo ha erogato un finanziamento ad hoc), la Casa del bambino raccoglie l’eredità di un servizio nato 20 anni fa come volontariato, che vedeva alcuni medici padovani impegnati nell’assistenza domiciliare a piccoli inguaribili dimessi dall’ospedale. «Col tempo abbiamo attivato una rete socio-sanitaria che, garantendo una reperibilità 24 ore su 24, coinvolge Asl, medici di base, pronto soccorso e 118, in modo tale che nei momenti di crisi o nei picchi della malattia sia più semplice far fronte all’emergenza», prosegue Benini.
L’idea è che l’hospice pediatrico non possa né debba essere una soluzione definitiva, ma «una casa aperta, dove si entra e si esce per periodi di tempo variabili, durante i quali i piccoli ricevono cure mediche ad altissimo contenuto scientifico e le famiglie imparano a convivere, col necessario supporto psicologico, con la sofferenza». Oggi, i pazienti che usufruiscono del servizio sono circa 44 (40 esterni oltre ai 4 che a turno vengono ospitati nella struttura) e il personale impiegato è di 5 medici, 5 infermieri interni e 4 esterni. «Ci si sta muovendo per replicare l’esperienza in altre regioni». Già il 26 settembre 2007 la Fondazione Maruzza Lefebvre D’Ovidio onlus e il ministero della Salute hanno sottoscritto il Progetto Bambino , un protocollo d’intesa per lo sviluppo di una rete italiana di cure palliative competenti e continuate ai bambini terminali o inguaribili gravi (11mila in Italia) e, dove necessario, per la realizzazione di un centro residenziale pediatrico dedicato. «Il 20 marzo 2008, la Conferenza Stato-Regioni ha acquisito il documento tecnico per l’avvio del progetto: i primi sì vengono da Piemonte, Basilicata, Sicilia e Liguria».


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