Welfare

Anziani, tutta un’altra vita

È un'età che si distende ormai per un terzo della nostra vita, ma per cui non c'è programmazione né individuale né sociale. Con 14 milioni di over 65, non possiamo più far finta di nulla. I prossimi mesi saranno cruciali, perché andrà completata la riforma della non autosufficienza. Quali i cardini dello schema presentato e i punti su cui lavorare ancora? Quali le esperienze migliori da diffondere nel Paese? E quali le parole per offrire non solo piani di assistenza ma progetti di esistenza? Ecco il nuovo numero di Vita

di Sara De Carli

Nel paese più vecchio d’Europa, con 14 milioni di over65, alla vecchiaia non ci si pensa. Cronicità e long term care sono qualcosa con cui avremo tutti a che fare per almeno vent’anni della nostra vita, ma non c’è alcuna programmazione né a livello individuale né a livello di politiche pubbliche. Il Paese non può più far finta di nulla. La demografia parla chiaro, la frammentazione e l’inadeguatezza dei servizi attuali pure. L’urgenza di una riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti sta tutta qui, in questo paradosso.

Con la copertina del nuovo numero Vita accende un faro sugli anziani del nostro Paese e in particolare sugli anziani non autosufficienti: persone e famiglie che la politica troppo spesso dimentica, come dimostra il fatto che questo settore del welfare è uno dei più deboli. Una copertina che vuole accompagnare e sostenere quella riforma della non autosufficienza prevista dal Pnrr ma che finora, però, ha mosso soltanto il suo primo passo: il 10 ottobre 2022 il governo Draghi, come suo ultimo atto, ha approvato uno schema di disegno di legge delega, ora nelle mani del governo Meloni. I tempi sono strettissimi: il governo deve prendere in mano la delega, acquisire l’accordo in Conferenza Stato Regioni e inviarla al Parlamento, che entro marzo 2023 la dovrà approvare. Poi ci sarà un anno di tempo per scrivere i decreti delegati. Una sfida epocale, che il Paese non può perdere.

Riforma non autosufficienza, cosa c'è e cosa manca

Il capitolo 1, curato da Sara De Carli, traccia una panoramica della situazione attuale, fra numeri, nuovi bisogni, bisogni non riconosciuti. Lo fa con le voci autorevoli di Livia Turco, che ha presieduto il gruppo di lavoro ad hoc del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, Cristiano Gori, coordinatore del Patto per la Non Autosufficienza, Marco Trabucchi, presidente dell’Associazione italiana di psicogeriatria, Eleonora Vanni, presidente di Legacoopsociali e Marco Predazzi, presidente della cooperativa Il Melo di Gallarate, uno dei maggiori esperti in Italia di residenzialità leggera. Una pluralità di voci unite nel ribadire alla politica che la riforma è sia necessaria sia urgente, perché i 3,8 milioni di anziani non autosufficienti e le loro famiglie attendono già ora una risposta adeguata ai loro bisogni, risposta che oggi non hanno.

Qual è il nuovo sistema immaginato dallo schema di disegno di legge delega? Quali novità si vorrebbero introdurre? Cosa cambierebbe per le famiglie? E quali sono invece i punti su cui c’è ancora da lavorare? Lo schema di disegno di legge delega ha ancora molta strada da fare, ma è il punto di partenza. Cinque esperti spiegano e commentano i cinque pilastri della riforma: accesso unico e semplificazione dell’accertamento, con Fabrizio Giunco di Fondazione Don Carlo Gnocchi; una nuova residenzialità, con Luca Degani di Uneba Lombardia; una nuova assistenza domiciliare che non solo unifica le attuali Adi e Sad ma avrà una durata adeguata di bisogni dell’anziano, con Giuseppe Maria Milanese di Osa; la previsione della specificità di chi arriva all’età anziana con una disabilità pregressa, con Vincenzo Falabella di Fish; la revisione dell’indennità di accompagnamento con Cristiano Gori del Patto per la Non Autosufficienza.

Sabina Pignataro ha invece indagato, con altri osservatori qualificati, i punti deboli dell’attuale schema di legge delega, che al momento è senza risorse (Paolo Pigni, Fondazione Sacra Famiglia), senza personale (Virginio Brivio, Commissione Pnrr di Uneba Lombardia), senza badanti (Andrea Zini, Assindatacolf), senza cure palliative (Stefania Bastianello, Aisla), senza sperimentazione (Stefano Granata, Confcooperative Federsolidarietà).

Pratiche esemplari, da cui imparare

Il capitolo 2 del magazine racconta le buone pratiche in atto, da portare a sistema. Perché per dare risposte appropriate alla non autosufficienza non serve inventare molto, innovando il dibattito: serve invece innovare la realtà. Serve portare capillarmente, come diritto, cose che altri paesi e anche da noi (alcune, poche) sperimentazioni o territori hanno già: ma anche la migliore delle best practice serve a poco o nulla se non cambia il sistema. Cinque i filoni del racconto.

Nel primo, Veronica Rossi ci guida nelle esperienze di co-housing dedicato agli anziani, dal Borgo Mazzini Smart Cohounsing di Treviso realizzato dall’Israa alle Comunità residenziali per anziani avviate nel 2010 nel bresciano dalla cooperativa sociale Rondine, fino alla Casa Alla Vela di Trento della cooperativa sociale Sad, con un’intervista a Giordana Ferri di Fondazione Housing Sociale.

Un focus specifico lo abbiamo dedicato ai servizi per l’Alzheimer, la grande emergenza nell’emergenza: vi accompagniamo al Paese Ritrovato di Monza della cooperativa sociale La Meridiana; a Piazza Grace, a Milano, nel borgo sostenibile di Figino, con la cooperativa sociale Equa, che ha sviluppato anche un sistema di assistenza a distanza, Smart4Alzheimer; al nascituro Villaggio Alzheimer della cooperativa sociale Il Melo a Casorate Sempione (Va).

Il terzo nodo strategico per i servizi del futuro è quello del continuum delle cure e della filiera: Giampaolo Cerri ci racconta le esperienze migliori in questo senso, dal Centro Diurno Villa Sormani di Fondazione Sacra Famiglia a Cesano Boscone (Mi) all’Opera Immacolata Concezione di Padova, dagli interventi integrati offerti a Reggio Emilia da ImaCare all’esperienza del Centro Mater Dei a Tortona (Al) dell’Opera Don Orione.

Quarto capitolo del racconto è la domiciliarità e come la tecnologia sia un alleato per rispondere al desiderio delle persone di rimanere a vivere a casa propria il più a lungo possibile. Nicola Varcasia racconta le esperienze innovative di Fondazione Don Gnocchi con la telemedicina e la teleriabilitazione, entrate da quest’anno nell’offerta di Regione Lombardia, Isidora, la web-tv progettata dalla cooperativa sociale La Meridiana, l’utilizzo delle tecnologie nei servizi di Ant piuttosto che del consorzio Medidia a Bari e il nuovo macchinario che Afmal sta utilizzando all'Istituto San Giovanni di Dio Fatebenefratelli di Genzano nella riabilitazione degli anziani, che sfrutta le vibrazioni ad aria per aumentare il tono muscolare e prevenire le cadute.

Ultima tappa del viaggio, con Luigi Alfonso, nelle Rsa che si stanno rinnovando aprendosi alla comunità: dal Sicomoro di Matera al Lampadiere di Catanzaro, passando per la Fondazione Casa Cardinale Maffi in Toscana. Carla Ferrero di Società Dolce fa una riflessione su come riaprire le Rsa dopo il Covid.

A chiudere il capitolo, le storie di alcuni giovani che hanno scoperto la bellezza di lavorare con gli anziani: sono Giulia Nigi, Martina Bevilacqua, Giorgia Magnoni, Chiara Di Cristinzi e Vito Gagliardi.

Un nuovo sguardo

Cinque grandi nomi e cinque parole per il terzo capitolo, per un nuovo sguardo sull’età anziana e per riscoprire il valore della vita che avanza. Il regista Pupi Avati ci affida la parola vulnerabilità mentre l’attore Leo Gullotta sceglie la parola bellezza. Un brano della scrittrice Delphine De Vigan ci invita alla gratitudine e Marco Annichiarico, sull’onda del suo I cura cari, ragiona attorno alla parola consapevolezza. Infine, una breve antologia di testi di di Papa Francesco, che ci sta guidando con straordinarie riflessioni sull’età anziana – un’età per cui, dice, ci sono al più piani di assistenza ma non progetti di esistenza – e sul rapporto tra le generazioni: la parola è alleanza.

In apertura e qui sotto la cover di VITA Dicembre22-Gennaio23, illustrata da Sebastian König

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