Europee, i candidati sociali
Antonio Mumolo (Pd): «Credo a un’Europa di diritti»
Il consigliere regionale in Emilia Romagna e presidente dell’associazione Avvocato di strada in campo con Elly Schlein. «Mi candido perché credo all’idea di un’Europa sociale, fatta di diritti». E spiega che, per realizzare obiettivi di giustizia sociale «è indispensabile una collaborazione attiva e uno scambio continuo con il Terzo settore». Spera di tornare a Bruxelles da eletto, undici anni dopo aver ricevuto da Schulz il Premio di cittadino europeo
Nel 2001, insieme ad un collega, fonda Avvocato di strada, presente oggi in 60 città italiane, con 1.000 legali che offrono assistenza gratuita ai senza dimora. Avvocato, consigliere regionale in Emilia Romagna, Antonio Mumolo è candidato per il Partito Democratico alle Elezioni europee con lo slogan In Europa con gli ultimi.
Mumolo, come mai ha deciso di candidarsi alle Europee?
Uno dei motivi per cui ho deciso di candidarmi è che ormai la stragrande maggioranza delle nostre leggi è di derivazione europea. Il luogo dove poter cambiare certe cose, oggettivamente, oggi è l’Europa: la spinta è stata questa. Mi occupo di volontariato e sono anche un tecnico. Sulla lotta alle disuguaglianze mi sembra che in Europa si faccia poco, anche se un europeo su quattro è povero.
Cosa si potrebbe fare per contrastare la povertà?
Un provvedimento generale di contrasto alla povertà, come il reddito minimo europeo, è un argomento di cui non si parla. È molto facile arrivare ad un punto in cui la povertà diventa irreversibile, ma la povertà si può prevenire. In Italia, questo governo mi sembra che, più che battersi per la povertà, stia lottando contro i poveri. In Emilia Romagna (che è una regione ricca), ci sono famiglie disperate, prima c’era il fondo affitti, ora non c’è più: davamo soldi a decine di migliaia di famiglie, che venivano in parte dal fondo affitti nazionale, in parte da quello locale. Anche il Fondo per la morosità incolpevole non c’è più, si dimostrava di poterne usufruire con la dovuta documentazione, ad esempio della perdita di un lavoro. Il Reddito di cittadinanza poteva essere migliorato, invece è stato tolto. Il punto è che se non si contrasta prima la povertà, poi diventa molto più complicato: se una persona finisce in strada poi tirarla fuori è molto difficile.
Mi candido perché credo all’idea di un’Europa sociale, fatta di diritti
Voi di Avvocato di strada lo sapete bene.
Le famiglie si spaccano, quando si finisce per strada. Quando una famiglia ha figli minori ed è sfrattata, deve stare molto attenta: i bambini non possono vivere situazioni di precarietà e vengono giustamente tolti ai genitori e presi in carico dai servizi sociali. A volte vengono dati in affido. È una sofferenza inenarrabile, ma se non ci si impegna a fare in modo che una famiglia povera non vada a finire in mezzo a una strada, con provvedimenti che prevengano delle situazioni, si arriva allo spaccamento delle famiglie. Mi candido perché credo all’idea di un’Europa sociale, fatta di diritti.
In pratica, come si può prevenire la povertà?
Almeno con due provvedimenti: salario minimo europeo e Reddito di cittadinanza europeo. Il salario minimo deve essere perequato al costo della vita (quello in Italia non potrà essere uguale a quello della Romania, i costi della vita sono diversi). Se questi due provvedimenti fossero vincolanti preverrebbero sicuramente situazioni di povertà estrema. Io vorrei che l’Europa privilegiasse il pubblico, nel momento in cui dà dei fondi agli Stati. Vorrei che i fondi che arrivano in Italia per la sanità siano vincolati alla sanità pubblica. Lo stesso per la scuola pubblica.
In che modo vuole portare l’idea di un’Europa sociale, fatta di diritti?
Noi abbiamo utenti di Avvocato di strada che dormono in macchina, anche se lavorano. Una stanza a Bologna, se si trova, costa 600 euro. Voglio portare, anche in Europa, la lotta alle disuguaglianze. Non può essere un’Europa solo di mercati, deve essere anche un’Europa che si occupa di pensioni, di lavoro, di povertà. Ma non deve essere considerata una colpa la povertà: è uno stato, una condizione, in cui chiunque può trovarsi. Tante famiglie che conosco, fino a qualche anno fa, stavano bene. Ma se un’azienda fallisce, a 50 anni oggi è difficile essere riassunti. Se non si è fortunati ad avere una famiglia attorno, si finisce per strada. Questa è una colpa? Non ci vedo nulla che sia paragonabile ad una colpa.
Lei è stato consigliere comunale di Bologna ed è ora consigliere regionale in Emilia Romagna. In Europa lei c’è già stato una volta, ce la racconta?
Sono andato a Bruxelles, nel 2013, a ritirare il Premio di cittadino europeo, che mi è stato consegnato da Schulz, all’epoca presidente del Parlamento europeo. «Un riconoscimento per le attività e azioni intraprese da cittadini, gruppi o associazioni che testimoniano l’impegno eccezionale, volto a favorire una maggiore comprensione reciproca, una più profonda integrazione dei popoli, la consapevolezza dell’importanza dei valori dell’ospitalità, della solidarietà e della tolleranza, per promuovere pace e prosperità», è stata la motivazione del Premio. Mi piacerebbe tornare al Parlamento europeo da eletto.
Per realizzare obiettivi di giustizia sociale è indispensabile una collaborazione attiva e uno scambio continuo con il Terzo settore, che grazie alla natura delle sue realtà è capace di reinventare i modelli economici in nuove forme originali
VITA ha dedicato il numero di maggio alle prossime elezioni europee, individuando cinque temi cruciali. L’economia sociale, il green deal, la difesa comune non armata, la gestione delle migrazioni, l’attenzione per le nuove generazioni con il sostegno all’attuazione della Child guarantee, l’introduzione (promessa) dello Youth check e una cornice comune che faciliti nei singoli Paesi l’assunzione di politiche più incisive per la natalità. Quali sono le sue idee in merito?
Troppe persone sono povere pur lavorando: servono regole comuni per retribuzioni minime adeguate, basate sul costo della vita. Dobbiamo mettere in pratica quanto contenuto nel pilastro europeo dei diritti sociali, che contiene i principi di lavoro giusto e protezione sociale efficace. Dobbiamo anche contrastare il dumping sociale e salariale, per migliorare le condizioni di vita dei lavoratori e delle lavoratrici in tutta Europa: no alle delocalizzazioni delle imprese e no ai paradisi fiscali. Il profitto non può essere l’unico criterio guida. Altro tema urgente è quello della crisi degli alloggi: a livello europeo dobbiamo regolare il mercato immobiliare, per contenere i prezzi e per potenziare gli investimenti pubblici nell’edilizia sociale verde. Per realizzare obiettivi di giustizia sociale è indispensabile una collaborazione attiva e uno scambio continuo con il Terzo settore, che grazie alla natura delle sue realtà è capace di reinventare i modelli economici in nuove forme originali, dando un forte impulso a innovazione ed equità, come contenuto anche nel Piano di Azione Ue per l’economia sociale.
Per quanto riguarda il green deal, l’Europa è stata apripista nel cercare soluzioni globali per la lotta ai cambiamenti climatici. Mi impegnerò per ritrovare quella spinta ideale. Sono molteplici gli ambiti in cui agire: negoziati internazionali, più ambiziosi dei recenti accordi di Parigi, investimenti in tecnologie a basso impatto ambientale, formazione culturale e sensibilizzazione verso nuovi stili di vita, il coraggio di sostenere una mobilità diversa, sia in termini di investimenti che di regole, manutenzione del territorio e adattamento.
Sulla difesa comune non armata: in un mondo pervaso dai conflitti, continuiamo a investire in armi. Credo sia ora di cambiare l’approccio, di tornare al progetto dei corpi civili di pace europei, investire nella diplomazia, favorire la partecipazione della società civile, sostenere gli abitanti delle zone di crisi e in pericolo di escalation dei conflitti perché diventino protagonisti di processi di rigenerazione sociale, economica, civile del loro territorio. Non si tratta di utopia, ma di investimenti sul lungo periodo, per imparare tutte e tutti a gestire in maniera non violenta le tensioni e capire come affermare la giustizia senza ricorrere alla guerra.
Dobbiamo smetterla di considerare quella della migrazione come un’emergenza. È un processo, normale, caratteristico dell’umanità fin dagli albori. Voglio impegnarmi per percorsi legali di migrazioni, necessaria e positiva per le nostre società, rivedendo alcune delle regole esistenti. Solo aprendo vie legali di ingresso potremo sconfiggere i trafficanti e fermare le scandalose morti nel Mediterraneo e le altrettanto gravi violenze ai nostri confini. Voglio impegnarmi per una politica migratoria e di asilo autenticamente europea, che metta in atto il principio di solidarietà e di una equa ripartizione delle responsabilità tra tutti gli Stati membri dell’Unione europea, previsti dai Trattati. L’Europa che immagino è aperta e solidale.
Il programma Erasmus ha fortemente contribuito a creare una mentalità europea. Dobbiamo creare e consolidare le opportunità di formazione e di occupazione di qualità per le nuove generazioni, con investimenti e proposte coraggiose. La Garanzia europea per l’infanzia contiene una serie di misure per assicurare a ogni bambino europeo a rischio l’accesso all’assistenza sanitaria gratuita, all’istruzione di qualità gratuita, all’assistenza all’infanzia di qualità gratuita, a un alloggio dignitoso e ad un’alimentazione adeguata. Voglio impegnarmi perché queste misure siano attuate. Certamente lo strumento della Valutazione di impatto generazionale, con i dovuti aggiustamenti, può essere strumento per promuovere l’equità intergenerazionale.
Voglio portare in Europa il tema dell’importanza del volontariato
Per quanto riguarda il tema dell’immigrazione, può dirci qualcosa di più? Cosa vorrebbe fare?
Sono stato legale di riferimento per tanti anni dell’Ufficio immigrazione della Cgil di Bologna, mi mi sono occupato anche del popolo curdo, del popolo Saharawi. Il patto di Dublino va riformato, è ingiusto, iniquo. I siriani, ad esempio, hanno i parenti in Germania e sono costretti a stare in Italia due anni. i curdi hanno una grande comunità in Svezia, non vogliono stare qui. Se un migrante arriva, chiede protezione internazionale e vuole andare in un altro Stato, è giusto che ci possa andare e poi farà lì l’iter. Ora i migranti sono tutti costretti a stare due anni in un Paese in cui non vogliono rimanere: questo produce problemi anche al nostro Paese, che si trova ad affrontare un’ondata migratoria enorme senza averne mezzi e capacità, obbligando persone a restare nel nostro territorio. Le norme vanno rispettate tutte, fino a quando non violano i diritti umani: alcune sono discutibili dal punto di vista giuridico perché non li rispettano. Il nuovo Patto sull’immigrazione, secondo me, va cambiato. Questo mi piacerebbe fare, se andassi a Bruxelles.
Nella sua vita si è sempre occupato di temi sociali?
Io sono di Brindisi, ero lì quando arrivarono gli sbarchi degli albanesi, nel 1991. Andai immediatamente alla Caritas e mi resi disponibile ad aiutare. Ho sempre pensato che ognuno di noi debba dedicare una parte, anche piccola, al volontariato. Soprattutto le persone fortunate. Voglio portare in Europa il tema dell’importanza del volontariato.
In che modo?
Fare volontariato significa restituire alla società una parte della propria fortuna e rendersi conto che solo insieme riusciamo ad andare avanti tutti: se resta indietro qualcuno è una sconfitta per tutti. Io ho fatto per primo la legge in Emilia-Romagna per dare un medico di base alle persone senza dimora. È vero che la legge aiuta tutti ed è importante, è altrettanto importante che le associazioni facciano sul territorio quello che lo Stato non fa: le persone vivono adesso e non possono aspettare.
Foto dell’intervistato.
Questa intervista fa parte di una serie sui candidati sociali alle elezioni europee, di cui sono già uscite quelle a Humberto Insolera (Pd), a Rita Bernardini (SuE). a Bruno Molea (FI), a Ugo Biggeri (M5s).
Abbiamo dedicato il numero di VITA magazine “L’Europa da rifare” ai più rilevanti temi sociali da approfondire in vista delle elezioni europee del prossimo giugno. Se sei abbonata o abbonato a VITA puoi leggerlo subito da qui. E grazie per il supporto che ci dai. Se vuoi leggere il magazine, ricevere i prossimi numeri e accedere a contenuti e funzionalità dedicate, abbonati qui.
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.