Cultura
Antonin Artaud: all’asta i suoi tesori
Sabato prossimo, 128 lotti contenenti scritti, lettere, disegni, fotografie di famiglia e documenti di Antonin Artaud verranno messi all'asta. Tra i tanti materiali, la famosa lettera sortilegio a Hitler scritta negli anni della sua reclusione psichiatrica
di Marco Dotti
«Conoscete la leggenda della mandragora, questa specie di semenza che cresce, si dice, ai piedi dei cadaveri degli impiccati? Hitler in segreto pretendeva di discendere da lì». Antonin Artaud (Marsiglia, 1896 – Ivry, 1948) affermava di aver incontrato Adolf Hitler nel 1932, al Romanisches cafè di Berlino. Per Giorgio Galli – che ne ha scritto, da ultimo, nel suo Hitler e la cultura occulta, Bur 2013 -questo incontro è possibile ci sia davvero stato. D'altronde, tutto è possibile quando si parla di Artaud. Anche l'impossibile. E tutto – per noi – è irrimediabilmente lontano. Narra la leggenda cui fa riferimento il grande marsigliese, che la mandragora (in tedesco: Hexenkraut) cresce ai piedi delle forche, dal seme degli innocenti ingiustamente impiccati. In tedesco, il nome usato per indicare la radice della mandragora è Galgenmannlein, letteralmente «piccolo uomo della forca» e su questa etimologia Artaud giocherà più volte.
Sort à Hitler
Nel 1939, Artaud scrisse una lettera a quello che, nel frattempo, era diventato Cancelliere del Terzo Reich. La lettera – una delle "lettre sort", sortilegi scritti da Artaud per benedire o maledire – manco a dirlo non uscì mai dalle mura del manicomio di Ville Evrard, dove fu conservata dal dottor Fouks nel fascicolo del paziente. Sabato 27 gennaio, dalle ore 14,30, presso l'Hôtel des Ventes de Compiègne (70 km Paris-Nord A1 18, rue des Cordeliers, 60200 Compiègne) questa lettera sarà messa all'asta. Chi vuole se la potrà comprare con qualche migliaio di euro, assieme ad altri lotti provenienti dagli eredi della famiglia Artaud. Per chi ama Artaud e non ama i cimeli sarà comunque un'occasione unica per vedere questi documenti.
Con una stima fra i 20 e i 30mila euro, verrà messo in vendita anche il passaporto che Artaud ottenne nel 1935. Anche questo, gli venne confiscato nel 1937 (lo vedete nell'immagine in copertina): lo recupererà solo alla fine della sua reclusione nella clinica di Rodez, servendosene come taccuino.
La follia di non guardare altrove
Artaud giunge nella clinica psichiatrica di Rodez dopo anni di brutali internamenti. Qui, a dispetto degli elettroshock, ricomincia a scrivere, inizia a tradurre, riprende a disegnare. Dopo un primo periodo segnato da vocazioni mistiche accolte o abbandonate, e da contorsioni mito-linguistiche sulle vicende del bastone di San Patrizio (che sosteneva di aver riportato agli Irlandesi) e, soprattutto, dopo aver toccato il fondo di una condizione lacerata, Artaud, nel "momento di Rodez" (come lo ha chiamato Jean-Michel Rey), compie la sua rinascita e scopre, nel linguaggio scheggiato di una nuova poesia, la nervatura essenziale del suo teatro crudele, avviando prima con le traduzioni da Lewis, Poe e Carroll, poi con le lettere ed infine coi disegni, un rapporto più creativo e non solo ossessivo con l'alterità. Lettere, disegni e traduzioni diventano il banco di una nuova "prova dell'estraneità".
Ma l'ossessione rimane, in un'Europa oggettivamente popolata dagli spettri della fame e della guerra. La prova acuisce, però, anche il suo scontro con l'altro inteso stavolta (e Hitler, nelle sue visioni, fu tra questi) come usurpatore. Si nota, infatti, un'opposizione fortissima che da un lato schiera una comunità di esiliati della parola (Artaud e con lui: Nietzsche, Nerval, Kierkegaard, Rimbaud) e, dall'altro, medici, preti, scrittori di fantasticherie, critici da salotto che, per Artaud, oltre che borghesucci ("petits-bourgeois français repus"), sono ormai envoûteurs, ammaliatori, gente che compie strani rituali simbolici attorno al "corpo usurpato" degli uomini. Ad una lettura approfondita, i presupposti a cui Artaud si richiama non lasciano dubbi: lo scontro si svolge, ormai, ad un livello essenzialmente politico: «Mais vous faites bien de la politique, monsieur Totaud» è l'auto da fé artaudiano
La questione della lettera
«Non sono il solo scrittore ad aver parlato di sortilegio», affermerà citando Là-bas di Huysmans. Lettera e disegno sono mezzi che, disvelando il sortilegio, permettono ad Artaud dal chiuso di un manicomio di riferire la propria opera all'altro, o di interferire con lui, per opporsi a progetti deliranti, alterandone, a sua volta magicamente, piani e ambizioni. In quest'ottica (un'ottica, in questo caso, fatta di poesia bianca e di magia nera), il disegno si presenta spesso nella forma di sort, di sortilegio, inviato a un agitatore o ad un uomo politico tipico esempio è proprio il Sort à Hitler, la lettera che sabato andrà all'asta.
Per Antonin Artaud la lettera, la traduzione e il disegnorappresentano mezzi privilegiati di apertura verso l'altro. Quest'apertura, com'è ovvio, può degenerare in scontro perché, spesso, chi ci sta di fronte è un "altro" che si nega, non risponde, si sottrae, o aggredisce alle spalle. Nel caso di Antonin Artaud, quest'altro assume, di volta in volta, almeno tre connotazioni:
- l'altro con cui scrivere: un medio necessario ad Artaud per elaborare i propri pensieri;
- l'altro a cui scrivere, per liberarlo (spesso si tratta di compagne di sventura che Artaud, negli anni di detenzione nella clinica psichiatrica di Rodez, chiama filles de cœur à naître);
- l'altro contro cui scrivere, per liberarsene (questo "altro", in particolare, è la rappresentazione problematica di un'assenza, un fantasma contro cui insorgere, opporre ingiunzioni o reclamare pretese assolute. Artaud vi si riferisce utilizzando una gamma molto larga di dispregiativi – morpions, animalcules – o alterando i nomi di Dio).
Il nome di Hitler tornerà in diverse circostanze, prima e dopo la fine della guerra, negli scritti di Artaud. Sarà vittima della sua dissezione umoristica, del suo tentativo di "danzarne il mito" e di espellere, con esso, "il nero", per farlo cadere nel fango. La contorsione linguistica di Artaud è qui, propriamente, una torsione attorno all'alterità. A parte alcune comunicazioni a convegni (comunicazioni che, a dispetto del valore dei relatori, non vanno al di là di una ricognizione superficiale), il rapporto tra Artaud e il fenomeno nazi-fascista è stato spesso travisato. Questa deformazione è stata resa possibile dalla sopravvalutazione di una dedica al Führer che, ritrovata da un medico di Rodez nel 1943, Artaud appose ad una copia de Les Nouvelles Révélations de l'Être (un'opera del 1937).
Cavia umana
Alla fine del 1937, Antonin Artaud viene infattti internato nella clinica di Sotteville-lès-Rouen. Il 28 marzo 1938 è trasferito al Sainte-Anne di Parig e da qui, il 23 febbraio 1939, a Ville-Évrard . Dal giugno del 1943, sotto le cure dello psichiatra Gaston Ferdière, direttore del manicomio di Rodez, in cui si trovava dall'11 febbraio 1943, Artaud sottoposto a più di cinquanta sedute di elettroshockterapia. In base a questo trattamento, messo a punto negli anni '30 dal neurologo italiano Ugo Cerletti (1877-1963), nel paziente affetto da presunti disturbi da psicosi depressiva venivano indotti (per mezzo di scariche elettriche trasmesse da elettrodi posti alle tempie dei pazienti, ad una potenza di 300-600 milliampère e 80-110 volt, e ad intervalli di 6-7 decimi di secondo) accessi epilettici e convulsivi. Le sue lettere, scriveva Susan Sontag, sono un documento straordinario perché restituiscono la spettrografia dell'umano posto davanti a tanto abuso, a tanta violenza, a tanto dolore – a tanta disperata ma mai disperante volontà di dire, di fare, di vivere.
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