Non profit

Anteprima. I passi indietro di Confindustria

L'editoriale di Vita Magazine in edicola. "Nel mercato mondiale non c’è più spazio per la solidarietà" ha detto Guidalberto Guidi. E se lo dice lui cosa penseranno i duri?

di Giuseppe Frangi

“Nel mercato mondiale non c?è più spazio per la solidarietà sociale”. E ancora: “non ci può essere un mercato etico, perché non conosco un consumatore etico”; i tempi non sono più quelli giusti per avere “uno spirito sociale e chiedo a voi dove trovate il tempo per averlo”. Sono alcune delle parole pronunciate da Guidalberto Guidi, vicepresidente di Confindustria, davanti alla platea esterrefatta che festeggiava il 90esimo compleanno del Consorzio cooperative costruzioni. E sì che Guidi era lì in quanto rappresentante dell?ala dialogante dell?organizzazione degli industriali… Se Guidi la pensa così, si dirà, chissà come la pensano i duri di Confindustria! è poi curioso che mentre l?America punisce drasticamente i responsabili dello scandalo Enron (l?Arthur Andersen, società di certificazione dei bilanci è stata portata sulla soglia della chiusura), per riportare un po? di credibilità etica nel suo sistema industriale e finanziario, in Italia si pensi che le garanzie etiche siano un?inutile sovrastruttura del sistema. Ma questo fuori onda di Guidi rivela un altro particolare inquietante: che nella testa degli industriali italiani l?idea di responsabilità sociale e ambientale è ancora considerata soltanto un inutile carico e non l?opportunità per essere davvero moderni e competitivi. Questo significa essere ancora fermi a un paleolitico industriale, cosa davvero poco tranquillizzante ora che il governo apre cantieri in ogni angolo del Paese e piega le resistenze sindacali nell?interesse degli imprenditori. Che qualcosa non funzioni lo ha percepito lo stesso presidente di Confindustria, che ha fatto ricorso a un?ampia intervista a Famiglia Cristiana per rivendicare la vocazione sociale della propria organizzazione. Peccato che questo messaggio, generosamente enfatizzato dai titoli del settimanale cattolico, poi si riveli, nelle parole di D?Amato, angosciosamente privo di qualsiasi contenuto. Non una parola sul ruolo vitale (e complementare) del Terzo settore. Non una parola seria sulla sostenibilità. Davvero gli industriali italiani stanno modificando il loro dna, contro la loro storia e contro le tendenze più affidabili del presente? Non mancano segnali in controtendenza, come si è visto al Convegno dei giovani di Santa Margherita. Ma sono segnali flebili. Troppo flebili, rispetto allo spazio che gli industriali si sono presi nel disegnare il futuro che non è solo loro ma di tutti noi.


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