Economia

Ant, una Onlus in Confindustria

Dopo la puntata di ieri di Report, la presidente Raffaella Pannuti spiega le ragioni della sua adesione: «L’obiettivo è diffondere fra le imprese la cultura della responsabilità sociale»

di Redazione

Ieri la trasmissione di RaiTre Report firmata e condotta da Milena Gabanelli è andata in onda con un’inchiesta su Confindustria intitolata “Padroni si nasce” curata da Bernardo Iovene. Fra le voci sentite anche quella della presidente della Fondazione Ant, Raffaella Pannuti. Ant, dal 2013 è iscritta anche a Unindustria Bologna. La stessa Pannuti nel 2015 è stata chiamata a far parte della commissione Sanità di Confindustria nazionale. Il suo intervento però ha stupito molti lettori di Vita che si sono chiesti cosa c’entrasse una onlus come Ant con l’organo di rappresentanza degli imprenditori italiani. Abbiamo girato la domanda alla stessa Pannuti.

Perché avete chiesto di entrare nel sistema di Confindustria?
Abbiamo verificato che non ci fossero ostacoli statutari – da entrambe le parti – e siamo stati accolti. Unindustria Bologna evidentemente ha considerato e considera un valore la nostra presenza. Dal nostro punto di vista si tratta di un’opportunità importante per diffondere una cultura della responsabilità sociale d’impresa che è ancora una piccola nicchia. Lo dicono i dati. In Italia solo l’1,89% delle imprese sostiene il non profit. E noi stessi pur avendo un bilancio coperto per l’80% da donazioni private, dalle aziende riceviamo appena il 7% della nostra raccolta fondi.

In circa due anni e mezzo cosa ha prodotto questa presenza?
Possiamo ovviamente usufruire dei servizi di consulenza offerti a tutti gli associati. L’anno scorso sono inoltre stata nominata nella commissione Sanità a livello nazionale. Si discuteva un documento per mettere a fuoco il rapporto fra pubblico e privato nel mondo della sanità. Il mio contributo è servito ad allargare il dibattito al ruolo del privato sociale. Poi certo si può fare sempre di più. Ma noi in Confindustria siamo un pesce piccolo, piccolissimo. Rispetto a big come Eni, Poste o Ferrovie della Stato siamo quasi una presenza irrisoria. Ciò detto, se voglio instaurare un dialogo con le imprese, credo che Confindustria sia uno dei luoghi giusti per farlo.

Quanto avete pagato per l’affiliazione?
7mila euro l’anno. Ma ben inteso: non abbiamo perso nulla.

In che senso?
Unindustria Bologna tra le altre cose ci ha affidato un progetto di prevenzione sanitaria nelle aziende del territorio, grazie al quale abbiamo potuto offrire visite di prevenzione oncologica ai dipendenti delle realtà affiliate. Il contributo è stato di 25mila euro. Dal mio punto di vista siamo in linea con i nostri obiettivi istituzionali.

Ritiene che senza la vostra presenza quel contributo non vi sarebbe stato corrisposto?
È una domanda a cui non so rispondere. Non saprei. Forse sì, forse no. Però mi lasci fare una precisazione.

Prego…
I medici che lavorano con noi sono stipendiati. Le risorse delle liberalità che riceviamo servono in gran misura proprio a pagare i nostri professionisti che ci consentono di ottenere i risultati per cui siamo considerati un modello. Usufruendo del solo volontariato non sarebbe possibile raggiungere certi livelli di professionalità e di impatto sociale. Di questo occorre essere coscienti onde evitare di cadere in una retorica miope che non può che fare danni al non profit.

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