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Anoressia: un corpo ferito e martoriato

Ogni epoca ha il suo caratteristico disturbo psichico: la nostra ha come stigmate l'anoressia.

di Elisabetta Verga

Ogni epoca è attraversata da caratteristici disturbi psicologici che prevalgono in media sugli altri, cosi’ il nostro tempo sembra essere caratterizzato dalle stigmate dell’anoressia.
Quale immagine di sofferenza potrebbe del resto richiamare meglio alla nostra mente l’idea dell’anoressia, se non quella di un corpo ferito e martoriato? Colpisce profondamente l’immagine di queste giovani donne cosi’ segnate nel corpo, proprio perché cosi’ profondamente convinte di essere impotenti ed inefficaci. Il controllo brutale che cercano di esercitare su se stesse, cela infatti il tentativo disperato di acquisire un’efficacia ed un controllo che sembrano impossibili e che ci mostrano dietro l’angolo la convinzione di non valere nulla che le attanaglia.

Da un punto di vista psicodinamico, alla base di questa difficoltà notiamo spesso una relazione disfunzionale madre – bambina, nella quale quest’ultima si percepisce come estensione della madre, non potendo cosi’ sviluppare un sano senso di se’. Ancora piu’ precisamente, il problema si pone a livello del riconoscimento della bambina come individuo separato, che la madre vive invece come estensione di sé, per cui tenderà a prendersene cura piu’ in funzione dei propri bisogni che non di quelli della bambina stessa.
Lungo questa strada, si potrà sviluppare un falso Sé che collocherà la piccola in un ruolo forzato e che potrà stare successivamente alla base di un disturbo dell’alimentazione, con il significato di una radicale ribellione.

Studi sulle famiglie di anoressiche, hanno posto a loro volta in evidenza come i vari componenti appaiano scarsamente differenziati; i loro confini sono pressoché assenti, per cui vi è un estremo coinvolgimento reciproco che tende a produrre invischiamento.
Nel clima di controllo ansioso che si viene a creare, la bambina cerca di soddisfare i genitori e, temendo di deluderli, si adatta perfettamente alle loro richieste.

Per quanto riguarda l’esordio della patologia possiamo dire che è solitamente collocabile fra i sedici ed i diciassette anni, proprio nel delicato momento della trasformazione adolescenziale, si riscontrano tuttavia anche casi a sviluppo preadolescenziale, o al contrario attorno ai trent’anni.
La ragazza si priva del cibo in modo drastico fino ad arrivare letteralmente a consumarsi, mostrando deperimento organico e scomparsa del ciclo mestruale. La sua concentrazione sull’immagine corporea è assoluta e collegata al terrore di essere grassa e di poterlo diventare ancora di piu’. L’iperattività è un’altra caratteristica diffusa fra le anoressiche ed è spesso associata al forte impegno nello studio: l’idea che viene inseguita è quella della perfezione, un miraggio che come tale non è raggiungibile.

Interessante ci pare anche, la somiglianza che il quadro neurobiologico dell’anoressia presenta con quello dello stress e della depressione, infatti in tutte queste condizioni l’asse ipotalamo – ipofisi – surrene risulta iperattivo ed il cortisolo riversato nel sangue aumentato.
Nel caso dell’anoressia, l’asse influirà negativamente sul funzionamento delle gonadi e pertanto su quello delle ovaie che risulteranno atrofizzate, sul tasso di estrogeni e quindi sulla calcificazione ossea, nonché sul già citato ciclo mestruale. E’ importante sottolineare che la disfunzione di questo fondamentale circuito biologico, nell’anoressia è un fattore correlato alla denutrizione, tenderà pertanto a normalizzarsi con il normalizzarsi dell’alimentazione. Lo stesso accadrà anche per le correlate disfunzioni organiche che potranno recedere, sempre che il tempo trascorso dall’inizio della malattia non abbia prodotto danni ormai irreversibili.
Non è assolutamente nostra intenzione creare particolari paure attorno a questo delicato argomento, ma la serietà del fenomeno ci impone assoluta obiettività. Molti anni di clinica applicata al trattamento dell’anoressia dimostrano la possibilità di ottenere ottimi risultati, è tuttavia importante riconoscere la pericolosità di questo disturbo proprio per evitare pericolose sottovalutazioni.

Un miglioramento significativo nel trattamento dell’anoressia puo’ necessitare di un approccio che unisca la psicoterapia familiare a quella individuale. In particolare si rivela indispensabile, per interrompere le ricadute che si possono succedere anche dopo il ricovero ospedaliero, prendere in esame il mondo interno della ragazza e le relative relazioni interpersonali interiorizzate, nonché il connesso quadro familiare, al fine di porre rimedio alle interazioni disfunzionali che lo caratterizzano.

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