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Disturbi del comportamento alimentare

Anoressia e bulimia: «si muore perché non ci si può curare subito e bene»

Il governo Meloni non ha rifinanziato il fondo per il contrasto ai disturbi della nutrizione e dell’alimentazione. «Il fondo ottenuto dal Governo Draghi è stato un Fondo Straordinario e come tale era chiaro che non sarebbe stato rinnovato», commenta Leonardo Mendolicchio, psichiatra. La Politica sta cercando strade per porre rimedio, almeno per il 2024. «È proprio questo che non si vuole, un rimedio. Si vuole l'autonomia nei L.E.A. con fondi dedicati e uniformi su tutto il territorio nazionale», osserva Stefano Tavilla, presidente di Mi Nutro di Vita. Nell'articolo i nomi e i contatti dei centri a cui rivolgersi

di Sabina Pignataro


Sempre più spesso, la risposta che i giovani e le giovani pazienti che soffrono di anoressia, bulimia e binge-eating (abbuffate incontrollate) ricevono più frequentemente è: «ci dispiace non c’è posto». Si stima siano 3 milioni le ragazze e i ragazzi. Accanto a loro milioni di famiglie che non sanno (e non hanno) a chi chiedere aiuto.

«Quando le ragazze e i ragazzi hanno accesso alle cure ospedaliere sono già molto gravi», sottolinea Stefano Tavilla, presidente di Mi Nutro di Vita e papà di Giulia, morta a 17 anni per bulimia.
«Hanno atteso cinque, sei, sette mesi prima di superare le già chilometriche liste d’attesa per i ricoveri e questo ha aggravato i quadri clinici e favorito la cronicizzazione dei disturbi, fino ad esiti terribili». 

Fondi non rinnovati

Con la legge di Bilancio 2024, il governo Meloni non ha rifinanziato il fondo per il contrasto ai disturbi della nutrizione e dell’alimentazione, come anoressia, bulimia e binge eating disorder.

Il fondo, istituito nel 2022 dall’esecutivo guidato da Mario Draghi, era stato finanziato con 15 milioni di euro per il 2022 e 10 milioni per il 2023, con lo scopo di aiutare le regioni a contrastare il fenomeno e permettere di aggiornare i Livelli essenziali di assistenza, cioè le prestazioni e i servizi che il Servizio sanitario nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini. 

L’investimento di 25 milioni in due anni previsto dal governo Draghi mirava proprio ad aumentare il numero di ambulatori, distribuiti in modo iniquo sul territorio nazionale e in numero non sufficiente rispetto alle richieste d’aiuto. Basti pensare che la metà delle regioni non ha una rete completa di assistenza.

Nonostante non fosse strutturale, rifinanziare il fondo era essenziale in un contesto, come quello italiano, in cui le persone che soffrono di disturbi alimentari sono più che raddoppiate.

In questo modo, l’accesso alle cure, come troppo spesso accade nel sistema sanitario italiano, diventa anche una questione di classe sociale, perché non tutte le persone potranno permettersi di spostarsi in regioni con servizi attivi o adeguati. Senza rinnovo le liste di attesa nel pubblico, già lunghe fino a un anno, si allungheranno infatti ancora, costringendo molti a confrontarsi con i proibitivi costi del privato o a sentirsi abbandonati da una politica che non tutela la cura.

Come abbiamo raccontato molte volte su VITA , alcuni sono proprio bambini. Negli ultimi dieci anni si è abbassata in modo vistoso l’età di insorgenza, con esordi frequenti già a 8-10 anni. Anche queste sono stime al ribasso, poiché esiste una grande quota di pazienti che non riesce ad arrivare alle cure. Le nuove richieste di presa in carico sono aumentate in media del 30% dall’inizio della pandemia. I numeri variano di regione in regione poiché l’offerta di servizi e di professionisti è parecchio diversificata sul territorio nazionale: a Milano ad esempio ci sono cinque ambulatori pubblici, a Palermo neanche uno. Ovunque il sistema sanitario pubblico non riesce a soddisfare tutte le domande d’aiuto.

«Di disturbi del comportamento alimentare si muore ogni giorno, da oltre trent’anni. E si muore non perché di per sé siano malattie incurabili benché subdole, ma perché non ci si può curare subito e bene», commenta Stefano Tavilla. «Oggi l’attesa per una prima visita è di tre mesi se il paziente è minorenne e cinque, sei mesi se maggiorenne».

Di disturbi del comportamento alimentare si muore ogni giorno, da oltre trent’anni. E si muore non perché di per sé siano malattie incurabili benché subdole, ma perché non ci si può curare subito e bene

Stefano Tavilla

«In Italia si osserva una grave carenza o addirittura assenza di percorsi di cura dedicati, i quali dovrebbero contemplare un’approfondita considerazione delle caratteristiche psicopatologiche e fisiche dei disturbi, adottando un approccio integrato e multidisciplinare», spiega Tavilla.  

La richiesta finale è quella di garantire che i Disturbi dell’Alimentazione e della Nutrizione rientrino effettivamente come malattia a sé stante nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). Proprio lui aveva lanciato una petizione su change.org (firmata da 20 mila persone).

«La trascuratezza, la sottovalutazione dei Disturbi dell’Alimentazione e della Nutrizione e i costi sociali, derivanti dalla mancata o inadeguata cura di tali disturbi, sono evidenti. L’analisi dei dati territoriali, parzialmente corretti perché dettati unicamente dall’esperienza empirica (numero di richieste visite specialistiche e accessi ospedalieri) e non dall’esistenza di precisi riferimenti epidemiologici e appositi registri, evidenzia la crescente e troppo spesso fatale diffusione di tali malattie. Per ciò è necessario un corretto inquadramento delle malattie stesse e l’adozione urgente di misure adeguate».

 Alla luce di quanto detto, sottolinea, «la legge di bilancio 2021, che prevede l’inclusione della specifica area dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione nei Livelli Essenziali di Assistenza deve essere applicata. Ignorare questa legge significa tradire le aspettative di 3 milioni e mezzo di malati e di 7 milioni di famiglie.  Ignorare questa legge significa togliere il diritto ad avere cure tempestive, appropriate, distribuite su tutto il territorio nazionale. Ignorare questa legge significa venir meno alle aspettative legittime di diritto alla vita».

La Politica sta cercando soluzioni

 Oggi dopo il mancato rinnovo del Fondo, da parte del governo, Fondo biennale istituito nel 2022 che aveva appunto lo scopo di traghettare all’applicazione della legge di cui ho parlato, la Politica sta cercando strade per porre rimedio. Il ministro Orazio Schillaci è al lavoro in queste ore per recuperare i fondi necessari a colmare il buco che si è temporaneamente creato proprio perché sono venuti meno quei fondi extra che si vanno ad aggiungere a quelli del Servizio sanitario nazionale per arricchire la rete di 126 centri dedicati alla cura dei pazienti che soffrono di anoressia, bulimia, ortoressia. La strada percorribile è quella di un emendamento di maggioranza al decreto Milleproroghe, ora che dovrà essere convertito in legge. 
 L’idea è di trovare fondi almeno per quest’anno in modo che nessuno dei quasi 4 milioni di pazienti in cura per i disturbi alimentari venga abbandonato a séstesso, interrompendo, in maniera talvolta fatale, la continuità delle terapie.

No a scorciatoie. Servono misure strutturali

«E’ proprio questo che non si vuole, un rimedio. Si vuole l’applicazione di quello strumento, la Legge dello Stato Italiano che ne sancisce l’autonomia nei L.E.A. con fondi dedicati e uniformi su tutto il territorio nazionale, arginando la triste realtà del peregrinare in cerca di cura che smembra i nuclei familiari e implementa le liste d’attesa». Perché non c’è una politica che abbia investito nella tutela della salute mentale e fisica dei suoi cittadini e cittadine. «Investire nella cura di queste malattie vuol dire investire nella vita di generazioni che rischiano di essere malate a lungo termine. O di morire prematuramente per malattie curabili».

E’ proprio questo che non si vuole, un rimedio. Si vuole l’applicazione di quello strumento, la Legge dello Stato Italiano che ne sancisce l’autonomia nei L.E.A. con fondi dedicati e uniformi su tutto il territorio nazionale

Stefano Tavilla

Tavilla conclude con una considerazione personale: «siamo sicuri che se una Legge dello Stato, riguardo ad una patologia che  al 90% colpisce donne , non sarebbe già stata applicata se al contrario avesse colpito al 90% uomini ?».

«Il fondo ottenuto dal Governo Draghi è stato un Fondo Straordinario e come tale era chiaro che non sarebbe stato rinnovato», commenta Leonardo Mendolicchio, psichiatra – Direttore U.O.C. Riabilitazione dei Disturbi Alimentari e della Nutrizione – Auxologico Piancavallo sulla sua pagina facebook. «Da dove nasce la convinzione del contrario?».

Semmai, aggiunge, «Le Regioni sono competenti in materia, dove sono i difensori dei dca quando le stesse, mettendo limiti alla libera circolazione dei pazienti tra Regioni, impediscono di fatto le cure (cosa che succede ogni santo giorno)? Dove sono i difensori dei dca quando si distribuiscono fondi a centri inesistenti oppure si foraggiano realtà che curano in modo grossolano? Giova ricordare che ad esempio in Italia ci sono solo 4-5 centri che fanno ricerca sui DCA, oltre Auxologico ci sono Torino, Napoli, Verona e Milano. Il resto è un piattume unico. Il problema non sono i soldi o i finanziamenti, il problema è che bisogna guardare lontano, capire cosa c’è sul territorio, ottimizzare ciò che non funziona, sostenere le realtà che danno un reale contributo alla causa e smetterla con la retorica».

Il problema non sono i soldi o i finanziamenti, il problema è che bisogna guardare lontano, capire cosa c’è sul territorio, ottimizzare ciò che non funziona, sostenere le realtà che danno un reale contributo alla causa e smetterla con la retorica

Leonardo Mendolicchio, psichiatra – Direttore U.O.C. Riabilitazione dei Disturbi Alimentari e della Nutrizione – Auxologico Piancavallo

19 gennaio: manifestazione nazionale

Il Movimento Lilla, insieme all’Unione Degli Universitari, Rete Studenti Medi e Chiedimi Come Sto scenderà in piazza il 19 Gennaio 2024 in tutta Italia, chiedendo una vera progettualità, ovvero l’attuazione della legge 234 art.1 comma 687 689 del 2021 che stabilisce un’area specifica all’interno dei L.E.A. per i DAN. Qualcosa che vada oltre un fondo che, in ogni caso, oggi non c’è più.
Le piazze che hanno aderito ad oggi sono: Roma, Milano, Genova, Torino, Grosseto, Firenze, Bologna, Ancona, Palermo, Cagliari, Trieste, Lecce, Bari, Catania, Catanzaro, Sassari, Napoli, Perugia, Rimini, Modena, Verona, Vicenza, Padova, Cremona, Crema ma l’elenco è in continuo aggiornamento.

Per info:
Numero Verde nazionale della Presidenza del Consiglio,
SOS Dca
800180969
(dal lunedì a venerdì, dalle 9 alle 21,
chiamata gratuita e anonima)

Foto in apertura tratta dal progetto di RI-SCATTI, una mostra ideata e organizzata dal PAC Padiglione di Arte Contemporanea di Milano e da RISCATTI Onlus nel 2021.


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