Salute

Anoressia e bulimia, non vogliamo più sentire «ci dispiace non c’è posto»

Al Centro Disturbi del comportamento Alimentare del San Raffaele di Milano, un'eccellenza nella cura di queste malattie, sono stati tagliati 15 dei 20 posti letti dedicati ai ricoveri più gravi. Il problema della carenza dei centri specializzati è avvertito in tutta Italia, specie da quando, con la pandemia, c’è stato un aumento del 30% dei casi. Forte la preoccupazione delle associazioni

di Sabina Pignataro

«Ancora oggi si continua a morire di anoressia e bulimia non perché siano malattie incurabili, ma perché non ci sono sufficienti centri specializzati e laddove ci sono, non si riesce ad accede per tempo». Così parla Stefano Tavilla, presidente dell’associazione Mi Nutro di Vita e papà di Giulia, morta a 17 anni per bulimia.

Come avevamo raccontato in questa nostra inchiesta, la pandemia ha acuito l’esplosione dei disturbi del comportamento alimentare e il Sistema sanitario nazionale, già molto carente prima, non riesce a far fronte a tutte le nuove richieste. Un altro dei problemi è che l’offerta di servizi e di professionisti è parecchio eterogenea sul territorio nazionale. Ad esempio, Milano ha cinque ambulatori pubblici dedicati -e quindi sta vivendo una maggiore pressione- Palermo neanche uno, così molti ragazzi finiscono per essere ricoverati a centinaia, se non migliaia, di chilometri dai propri genitori.

Così, ancora oggi, e sempre più spesso, la risposta che i giovani e le giovani pazienti con Anoressia Nervosa, Bulimia Nervosa, Disturbo da Binge Eating ricevono più frequentemente è: «ci dispiace non c’è posto».

Oggi si stima siano circa 3 milioni le adolescenti e gli adolescenti che soffrono di DCA. Ma sono stime al ribasso, poiché esiste in questa patologia una grande quota di pazienti che non riesce ad arrivare alla cure. A seguito del lockdown, inoltre, l’età di esordio è scesa dai 15 ai 13 anni, di media.

«Quando le ragazze e i ragazzi hanno accesso alle cure ospedaliere sono già molto gravi», sottolinea Stefano Tavilla. «Hanno atteso cinque, sei, sette mesi prima di superare le già chilometriche liste d’attesa per i ricoveri e questo ha aggravato i quadri clinici e favorito la cronicizzazione dei disturbi, fino ad esiti terribili». Per questo «siamo molto preoccupati dal fatto che al Centro Disturbi del comportamento Alimentare (CDA) del San Raffaele, da anni un’eccellenza nella cura delle malattie alimentari, (con un team di cura multidisciplinare specializzato che coinvolge psichiatri, psicologi, dietisti) il numero dei posti letto dedicato ai ricoveri più gravi sia passato da 20 a 5. Questo centro non è un punto di riferimento solo per Milano e la Lombardia, ma per tutta Italia».

Siamo molto preoccupati dal fatto che al San Raffaele Turro, da anni un’eccellenza nella cura delle malattie alimentari, il numero dei posti letto dedicato ai ricoveri più gravi sia passato da 20 a 5. Questo centro non è un punto di riferimento solo per Milano e la Lombardia, ma per tutta Italia

Stefano Tavilla

La vicenda del San Raffaele Turro di Milano

«A giugno, al San Raffaele Turro di Milano sono stati tagliati 15 dei 20 posti letto dedicati alle malattie del comportamento alimentare. I 5 rimasti sono stati spostati in psichiatria», racconta Stefano Tavilla. «Di fatto, ci riferiscono i pazienti e i famigliari, stanno smantellando il reparto. Tutto questo in un momento storico in cui queste malattie stanno letteralmente esplodendo. Come Movimento Lilla (di cui fanno parte genitori di ragazzi e ragazze con disturbi del comportamento alimentare ed ex pazienti) abbiamo scritto una lettera al Governatore della Regione Lombardia Attilio Fontana, manifestando la nostra apprensione ma non abbiamo ricevuto risposta».

Perché questi tagli? Fonti interne all’ospedale spiegano che «dopo la pandemia, in questo che è uno dei centri più grandi d’Italia, il numero di richieste di aiuto è aumentato di oltre il 40%. Siccome le ragazze e i ragazzi arrivano in condizioni sia fisiche che psichiche sempre più critiche, i tempi di ricovero si sono allungati. Dalle 4 alle 6 settimane medie si è passati a ricoveri anche di 14 settimane con un aumento dei costi delle degenze. E poichè Regione Lombardia prevederebbe il rimborso solo per un periodo più contenuto, la struttura, per contenere le spese, avrebbe deciso di tagliare i posti letti».

Il risultato? A giugno il primario Stefano Erzegovesi si è dimesso perché i letti sono stati tagliati, con dimissioni anticipate di pazienti che non erano ancora nelle condizioni di essere dimessi, e con uno spostamento dei soli 5 letti da un reparto specializzato alla psichiatria normale, un reparto non adatto per questo tipo di patologie che vanno trattate in modo specifico. Oggi la primaria è Ernestina Politi.

La replica del San Raffaele

Sollecitati da noi ad un commento, il direttore sanitario dell’Ospedale San Raffaele Turro, Salvatore Mazzitelli, non ha smentito né confermato la nostra ricostruzione. Ma ha inviato questo commento: «Per i nostri pazienti affetti da disturbi alimentari, abbiamo definito un percorso clinico differente che ci consente di essere sempre più aderenti ai protocolli di cura e di conseguenza più efficaci nella terapia. Il percorso prevede la gestione della fase acuta per lo squilibrio metabolico e cardiovascolare, presso i nostri reparti internistici o pediatrici, mentre la fase post acuta di riabilitazione può avvenire sia in day hospital, come già facciamo, o in alternativa in ricovero presso il nostro reparto di riabilitazione psichiatrica di San Raffaele Turro. Nessuno dei nostri pazienti è stato abbandonato e continuiamo a ricoverare nel rispetto della lista di attesa».

Nessuno dei nostri pazienti è stato abbandonato e continuiamo a ricoverare nel rispetto della lista di attesa

Salvatore Mazzitelli, direttore sanitario dell’Ospedale San Raffaele Turro

Il commento di Animenta

«I disturbi alimentari sono malattie che non possono più essere dimenticate. Nessuno sceglie il dolore, ed è importante far sapere che questo dolore può essere curato. Ma serve tempo e un’equipe dedicata. E in questo tempo della cura, può esserci anche un tempo per il ricovero», commenta Aurora Caporossi, Presidente dell’associazione Animenta. «Quello che tutti ci auspichiamo è che il San Raffaele Turro continui ad essere un punto di riferimento per la cura dei DCA, come è sempre stato».

Quali sono i centri dedicati

La mappatura condotta dal progetto MA.NU.AL del ministero della Salute conta oggi, (8 luglio 2022), 115 servizi: di questi 107 sono centri pubblici, 8 centri del privato accreditato. 58 si trovano al Nord, 21 al Centro e 36 tra Sud e isole. La mappatura è in corso di aggiornamento. (vedi l’articolo: Anoressia e bulimia, ecco i 91 centri dove curarsi)

I DCA nei LEA specifici

La notte tra il 21 e il 22 dicembre il Senato ha approvato l’emendamento alla Manovra che sancisce l’annoveramento dei Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione tra i Livelli Essenziali di Assistenza (sono le prestazioni e i servizi che il SSN è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di piccola quota (ticket). Questo perché tutte le spese verranno pagate con le risorse pubbliche), scindendoli dalla Salute Mentale e circoscrivendoli in una specifica area. Un risultato raggiunto grazie anche alle associazioni no-profit, che e la loro assidua attività hanno aumentato la sensibilizzazione alla tematica e stabilito un’ottima rete d’informazione.

Per info:
Numero Verde nazionale della Presidenza del Consiglio,
SOS Dca
800180969
(dal lunedì a venerdì, dalle 9 alle 21,
chiamata gratuita e anonima)

Immagine in apertura: un frame del film To the Bone, Fino all’osso.
Ellen, adolescente anoressica ricoverata per la quarta volta in un centro di cura, ricomincerà insieme ad altri pazienti il suo percorso di accettazione e inizierà a scalare la montagna del suo disturbo

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