Anno europeo dei cittadini?

di Gianfranco Marocchi

Il 2013 è l’anno europeo dei cittadini. Bene, verrebbe da dire, dopo un anno dedicato a riflettere sulla cooperazione e sul cooperare, un nuovo approfondimento su temi a noi vicini. Ma leggiamo quali sono in sintesi le focalizzazioni proposte (qui la formulazione dettagliata):

– rafforzare la consapevolezza in merito al diritto di circolare e di soggiornare liberamente all’interno dell’Unione Europea;
– rafforzare la consapevolezza sui diritti di cui i cittadini beneficiano quando si trovano in un altro Stato membro;
– promuovere la partecipazione attiva a forum civici sulle politiche e su problematiche dell’Unione.

Ciò nel presupposto che “i cittadini che intendono studiare, lavorare, trascorrere la loro pensione o risiedere in un altro Stato membro hanno bisogno di essere adeguatamente informati sui vari diritti che possono far valere in tal caso e di poter effettivamente avvalersi di tali diritti nella pratica. … la consapevolezza dei cittadini del loro diritto di circolare liberamente e più in generale dei loro diritti in qualità di cittadini dell’Unione è fondamentale per permettere ai singoli cittadini, alle imprese e alla società nel suo complesso di cogliere tutte le opportunità offerte dal mercato unico“.

Che dire… Chiunque di noi, leggendo “anno dei cittadini” si sarebbe aspettato qualcosa di diverso, certamente qualcosa in più! Qualche richiamo ai principi di libertà, uguaglianza e fratellanza che così intimamente legavano la dimensione dell’uomo e del cittadino, il legame tra cittadinanza e diritti (e doveri), tra cittadinanza e partecipazione, il rapporto tra cittadini e altre popolazioni presenti sul territorio europeo. Insomma, tutto ciò che concorre a porre le fondamenta di una riflessione che vede l’Europa come patria di alcune delle prime e più alte formulazioni della cittadinanza; come luogo in cui, al di là di ogni altra differenza, si conviene su taluni principi – come avviene nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea – che diventano al tempo stesso identità e guida dell’azione politica.

E non si tratta certo di temi scontati, in una fase anzi in cui emerge in tutta la sua urgenza la necessità di superare una concezione dell’Unione solo in termini di salvaguardia delle regole del mercato.
A proposito di circolazione delle persone in cerca di lavoro che pare stare così tanto a cuore. Scriveva LaVoce.info nel maggio scorso a proposito del nostro Paese: “La cifra di circa trentamila nuovi emigrati l’anno, negli ultimi anni andrebbe quindi raddoppiata. Occorre tener conto che nella maggioranza dei casi, gli spostamenti avvengono senza avere la certezza del nuovo posto di lavoro nel paese di destinazione. Si utilizza quasi sempre il metodo del visto turistico di tre mesi per cercare lavoro, contando anche sulla permissività del paese ospitante e, ove possibile, lavorando in nero, esattamente come fanno gli immigrati in Italia.” Quindi, a quanto pare, si circola per cercare lavoro. Ma non sempre è un buon segno.

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