Salute

Anna, dalla Nigeria al nostro inferno

La storia della prostituta nigeriana malata di Aids che aveva incontrato il Papa

di Emanuela Citterio

«Anna è una delle tantissime». «Anna è morta». «Chi ha ucciso Anna?». Don Oreste Benzi non smette di parlare di Anna Eneanoja, la ragazza nigeriana che lo scorso 24 maggio era riuscito a portare davanti al Papa. Anna è morta all’ospedale Cotugno di Napoli, stroncata dall’Aids, accompagnata dall’affetto di una famiglia che fa parte della dell’associazione Papa Giovanni XXIII di Rimini. Era riuscita a scappare via dalla schiavitù sulla strada e nei locali, dove è stata sfruttata dal giro della prostituzione per undici anni. «Papà, libera le ragazze sulla strada come me», aveva detto Anna a Giovanni Paolo II. «La vita sulla strada è schifosa. È dura. Papà, sulla strada ci sono tante ragazze giovani, ma anche bambine. Papà, salva le bambine». E si era inginocchiata piangendo, insieme a don Benzi, mentre il Papa le accarezzava il volto. E’ ormai sera e il fondatore della Papa Giovanni XXIII sta parlando davanti all’ultimo auditorio della giornata, i volontari del movimento per la vita. Non riesce a non parlare di Anna e a un certo punto lancia una proposta. «Tanti si commuovono davanti a storie come questa», dice. «Ma queste creature non hanno bisogno di essere consolate. Hanno bisogno di essere liberate. Se tutte le parrocchie italiane accogliessero una ragazza, 24 mila prostitute lascerebbero la strada». Alla fine dell’incontro accetta di parlarmi di Anna. «È una delle tantissime» esordisce. «Come la maggior parte delle ragazze nigeriane proveniva dall’Edo State, una regione della Nigeria dove la schiavitù non è mai cessata». Nell’Edo State c’è una rete di schiavisti che alimenta il sistema criminale che gestisce la tratta delle ragazze dall’Africa ai Paesi europei, come ha reso noto lo scorso giugno il vice ambasciatore della Nigeria durante un incontro organizzato dalla comunità di don Benzi. Ad avvicinare le ragazze in Nigeria sono spesso i parenti. Poi finiscono nelle mani dei procacciatori locali con la promessa di un lavoro in Europa. Una volta a destinazione vengono acquistate da madame e da boss. Il prezzo pagato per comprarle è attualmente di 12 mila dollari, circa 25 milioni di lire. Alle ragazze si dice che non c’è lavoro e che non c’è nessuna via di uscita se non prostituirsi. «All’inizio molte si ribellano», dice don Benzi, «ma non c’è niente da fare. Devono arrendersi a tutti i costi perché per venire in Italia hanno contratto un debito con i procacciatori in Nigeria. Molte di loro erano completamente ignare di quello che stava loro accadendo. Sono inesperte, e si trovano completamente in balia di queste persone che le rapiscono. Molte di loro sono bambine». Come Anna. Che undici anni fa ha lasciato la Nigeria e due figlie piccole, convinta dal miraggio di un lavoro che la aiutasse a mantenere la sua famiglia. «E’ stata obbligata a lavorare nei nigth», racconta don Benzi. «Lì le ragazze schiave come lei sono costrette a intrattenere il cliente, a spingerlo a consumare sesso, oltre a tutto il resto. In questo modo Anna si è beccata l’Hiv». Poi, a Roma, è finita in ospedale. Lì ha incontrato un’assistente sociale che le ha dato il numero di telefono di don Benzi. «È venuta da me», racconta il sacerdote. «E’ stata accolta in una delle nostre case famiglia. La malattia l’aveva molto disturbata anche a livello psichico. Ma è così per molte: lo sfruttamento sessuale nella maggior parte dei casi rovina per sempre la psiche di una persona. Anna, anche dopo essere stata accolta, viveva dei periodi così pieni di paure da farla impazzire. In questi periodi era molto difficile starle vicino per quelli che vivevano con lei. Ma è stata circondata dall’affetto, che l’ha aiutata a conquistare una pace e una serenità che non ha mai avuto». Di fronte alla morte di Anna e di altre ragazze come lei, il fondatore della Papa Giovanni XXIII non usa mezzi termini. «Chi ha ucciso Anna?» ha chiesto pubblicamente durante il funerale. «Il cliente», risponde ogni volta. «Oltre a un traffico spaventoso che per giro di affari viene dopo solo a quello delle armi e della droga. E che ha meno rischi per chi lo pratica. Nel 1999 sono state uccise 186 ragazze. Uccise. Senza calcolare quelle morte per le malattie». Don Benzi il mese scorso è stato invitato dal governo nigeriano a partecipare alla prima conferenza panafricana sulla prostituzione, che si è svolta nella capitale della Nigeria. Tornerà a maggio, per un’iniziativa concreta. «Abbiamo deciso di aprire una casa di accoglienza in Nigeria. Perché le ragazze liberate, se tornano in patria, rischiano di essere uccise».


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