Cultura

Animali da città. Animali da solitudine

L’intervista a Vita mensile a David Satanassi sugli equivoci dell’animalismo, ha suscitato un dibattito serrato nel mondo ambientalista. Domani se ne parlerà a Firenze con Fulco Pratesi e Guido Chelazzi, nella prestigiosa sede della Specola

di Redazione

«Questione animale, questione ambientale: consapevolezza e responsabilità. Animali da solitudine e nicchie ecologiche»: è il titolo del dibattito che vedrà protagonisti Guido Chelazzi, presidente del Museo di Storia naturale di Firenze, Fulco Pratesi, presidente onorario del WWF e David Satanassi, autore del libro Anima animale. La moderazione è affidata a Giuseppe Frangi direttore di Vita.  L’incontro, in partecipazione con EAGLE srl,  alimenti naturali di qualità per cani e gatti,  si terrà domani alle 17, nella prestigiosa sede della Specola, via Romana 17 a Firenze.

Tutto è nato dall’intervista a David Satanassi uscita sul numero di Vita di aprile. Satanassi è un medico veterinario, bioeticista, omeopata. Nell’intervista Satanassi aveva lanciato le sue critiche alla nuova moda animalista da citta. «L’animalista», aveva detto, «pretende una natura incontaminata però poi la teme e la rifugge perché preferisce continuare a vivere in condizioni di “collettivismo vegetativo” ovvero quello metropolitano». Sul tema, nello stesso numero di Vita, era intervenuto anche Fulco Pratesi, presidente onorario del WWF.

Ma sui temi dell’intervista è scattato un dibattito che ha conivolto anche un personaggio di grande autorità come Guido Chelazzi, docente di Ecologia all’Università di Firenze, e soprattutto presidente del prestigioso Museo di Storia naturale (quello della Specola, per intenderci). È stato proprio Chelazzi a lanciare l’idea di un dibattito pubblico, che si terrà proprio nella sede della Specola. L’argomento traino è quello degli animali che normalmente chiamiamo da compagnia. Satanassi nei suoi libri ha coniato il termine “animale da solitudine” per definire le aspettative che si hanno nei confronti dell’animale che, fatto vivere in una dimensione familiare, assume ruoli affettivi e sociali dettati da quello che viene definita una visione antropocentrista. Le esigenze e le mancanze dell’uomo sono al centro e l’animale ne diviene oggetto, snaturato nel suo istinto e nel vivere in un ambiente a lui corrispondente.

Lo stesso uomo che dal di dentro della città conduce battaglie ambientaliste o animaliste senza vivere un rapporto autentico con la natura è sbilanciato nel rapporto con questi. La novità che si affaccia è che per la prima volta si ha un’altrettanto lucida analisi sulle malattie recenti dei nostri pet che sono attribuibili alla confusione di ruoli,  al vivere tra il cemento e sottostare a ritmi affettivi e biologici imposti dall’uomo, in una visione antropocentrica. Guido  Chelazzi, autore  di L’impronta digitale per Einaudi  iniziare a recuperare  una  “consapevolezza” autentica  che sola può restituire un legame sano e realistico di coabitazione delle specie.

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