Economia
Angus Deaton, quello che nessuno vi ha detto sul Nobel
L'economista Marcello Esposito ci accompagna all'interno del lavoro e della produzione scientifica del neo premio Nobel. «Non è un estremista di sinistra o un rainbow warrior. È soprattutto uno dei maggiori microeconomisti viventi, che ha saputo coniugare straordinarie capacità analitiche con l’abilità di individuare i filoni di ricerca più rilevanti»
Oramai saprete tutto di Angus Deaton. Il nuovo premio Nobel per l’economia. Le sue origini umili e i suoi risultati più recenti e più “pop”. Come ad esempio, l’individuazione della “soglia della felicità”: raggiunti i 63.000 euro di reddito annuo, il livello di felicità (in un paese avanzato) non aumenta più.
Ma devo ammetterlo. Anche se sui media si traccia il profilo di Angus Deaton come economista della “povertà” e della “diseguaglianza”, per me Deaton continua a rimanere l’autore di un testo di teoria del consumo su cui ho sudato le famigerate sette camice. E come me tutti gli studenti che negli anni ’80 e ’90 hanno seguito corsi di specializzazione in microeconomia avanzata.
Può sembrare una annotazione un po’ troppo personale, ma serve per inquadrare il vincitore del Premio Nobel. Non è un estremista di sinistra, non è un rainbow warrior e men che meno è un’opinionista che con trovate come quella della soglia della felicità cerca il clamore mediatico. È innanzitutto uno dei maggiori microeconomisti viventi, che ha saputo coniugare straordinarie capacità analitiche con l’abilità di individuare i filoni di ricerca più rilevanti.
Nella prima parte della carriera, quella di cui io ho il ricordo di studio, si è interessato di un problema apparentemente “tecnico”, ma dalle grandi ripercussioni di politica economica, che come vedremo lo ha poi portato ad interessarsi di welfare e di povertà. Egli ha infatti studiato il problema dell’aggregazione dei comportamenti individuali nell’ambito delle funzioni di consumo.
Deaton prima dimostrò che l’aggregazione di comportamenti individuali razionali porta ad una dinamica collettiva che non è riducibile a quella di un individuo “medio”. La scorciatoia dell’individuo “medio” funziona solo in condizioni molto particolari. Successivamente, provò a decostruire l’azione collettiva per individuare quegli elementi che rappresentano il segno di un comportamento razionale da parte dei singoli che compongono l’aggregato.
Per capire la valenza di questi risultati in termini di politica economica, basti pensare all’approccio macroeconomico neoclassico, che aveva sostituito a partire dagli anni ’70 l’approccio keynesiano. Mentre Keynes non aveva badato alle cosiddette “micro-fondazioni” della sua teoria macroeconomica, l’approccio neoclassico tentò l’unificazione tra macroeconomia e microeconomia sull’ipotesi che il comportamento delle variabili macroeconomiche (la domanda aggregata, il ciclo economico, …) possa essere derivato dal comportamento ottimizzante di un solo individuo “rappresentativo”. Deaton, con i suoi risultati sull’aggregazione dei comportamenti individuali, implicitamente dimostrò già 40 anni fa che l’impresa neoclassica era destinata a rimanere poco più di un ardito esercizio matematico. La dimostrazione pratica arrivò con la crisi del 2008 e la totale inutilità dei modelli macroeconomici moderni non solo nel prevederla ma anche nel suggerire le risposte più appropriate.
Deaton comunque non teorizzò un ritorno al vecchio modo di fare macroeconomia. Ma lavorò nella convinzione che le dinamiche di consumo e di risparmio a livello aggregato dovessero essere derivate dallo studio delle decisioni a livello individuale, senza ricorrere però alla scorciatoia dell’individuo medio. Da qui il suo interesse ai problemi della distribuzione del reddito e della povertà. Se, infatti, fosse possibile dedurre il comportamento aggregato da quello di un individuo “medio”, dovrebbero essere sostanzialmente identiche le performance di due economie caratterizzate da diversi livelli di povertà e ricchezza ma con lo stesso livello medio di reddito. Anche senza ricorrere a variabili più sociologiche, come l’inclusività del contesto istituzionale, la lenta ripresa delle economie occidentali dopo la crisi del 2008, rispetto ad altri episodi di crisi nel passato, è ad esempio da molti ricondotta alla maggiore diseguaglianza delle società contemporanee. Se le politiche monetarie espansive favoriscono la nascita di bolle speculative che arricchiscono coloro che già posseggono un patrimonio finanziario, è difficile che il consumo aggregato possa aumentare anche se mediamente la ricchezza sta crescendo. Per quanto si possa impegnare, Bill Gates non riuscirà mai a mangiare più di tre volte al giorno o a navigare su due yacht contemporaneamente.
La passione per la microeconomia e per lo studio del comportamento individuale hanno portato Deaton nei suoi studi più recenti ad innovare anche il campo dell’economia dello sviluppo. In genere, si misura il progresso dei paesi attraverso variabili aggregate, come il reddito medio o il grado di diseguaglianza.
Ma Deaton ha dimostrato come si possono studiare, attraverso indagini campionarie, relazioni importanti come quelle tra il reddito e la composizione calorica della dieta. Come è noto a chiunque svolga attività sul campo nei paesi in via di sviluppo, talvolta le tradizionali variabili aggregate non dicono molto sulla situazione relativa, sull’efficacia di un certa politica o sulle prospettive future di due comunità. Mentre molto più rilevanti sono l’apporto calorico delle diete, la discriminazione di genere anche all’interno del nucleo finanziario, etc etc.
Ma, a ben vedere, non è solo nei paesi in via di sviluppo che si sente la necessità di superare misure tradizionali di “benessere”, misurabili in termini monetari, come il PIL. Non era Robert Kennedy che pronunciò la famosa frase sul PIL, che misura tutto … eccetto ciò per cui vale la pena di vivere? E infatti
Deaton per il suo libro di più ampio respiro, The Great Escape (traduzione: “La Grande Fuga”), dedicato al tema del progresso e alla storia degli ultimi 250 anni, ha scelto come sottotitolo: Health, Wealth, And The Origins Of Inequality (traduzione: salute, ricchezza e le origini della diseguaglianza). E, non a caso, un economista come lui ha messo il termine Health prima di Wealth.
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