Welfare
Angelo, storia ordinaria di un pendolare delle galere
Bisognerebbe fermarsi di più sul perché la vita fuori è così dura per chi arriva dalla galera.
Storie di ?ordinaria recidiva? le chiamerei quelle come la testimonianza firmata da Angelo e pubblicata sul giornale scritto dalle persone detenute nella Casa circondariale di Gorizia. Recidiva che sta tutta in quella domanda, «Cosa fai ancora qui?», qualche volta ironica ma più spesso amara e piena di delusione, che gli agenti, i volontari, i compagni stessi fanno quando rivedono in carcere qualcuno che è uscito da poco e che ?non ce l?ha fatta?. Ecco, bisognerebbe fermarsi di più sul perché uno ?non ce la fa?, perché la vita ?fuori? è così dura per chi arriva dalla galera. Basta andare alle mense popolari e nei dormitori pubblici, per capire dove finiscono tante persone che escono dal carcere e per rendersi conto che o si investono delle risorse serie sul futuro di chi sta per finire di scontare una pena o non c?è speranza di vincere neppure una piccola battaglia contro la recidiva e il ?pendolarismo? dentro e fuori dalla galera.
Ornella Favero (ornif@iol.it)
Sono un uomo di 44 anni che per l?ennesima volta entra in carcere. Ho trascorso un?infanzia tristissima e infelice tra miseria e botte. Ora sono molto confuso e senza speranze. Vedendomi rientrare con tanto disagio, gli agenti esclamavano: «Angelo, cosa fai ancora qui?». Questa esperienza mi ha fatto sentire tra persone amiche perché ho avuto la sensazione che provassero dispiacere nel rivedermi. Sono rientrato perché avevo commesso nuovi reati. Ma vi assicuro che la mia vita non sempre è stata un disastro. Ho imparato il mestiere di piastrellista e mi arrangio in muratura e altro di attinente.
Durante l?ultima carcerazione ero seguito da un?assistente sociale del Sert che capì il mio stato e mi aiutò moltissimo. Mi trovò un lavoro. Con il provvedimento di semilibertà iniziai a lavorare. Il titolare mi diede fiducia. È stata dura perché dovevo rispettare degli orari abbastanza stretti con la struttura carceraria ed ero sempre di corsa. Mi sentivo sereno i primi mesi, poi sono iniziati i problemi con i soldi. Il titolare ha dovuto sospendere dei lavori per mancati pagamenti. Non percepii neanche la cassa edile per mancato versamento dei contributi, però il titolare mi tenne lo stesso in carico affinché non venissi rinchiuso. Ma col tempo mi esaurii a tal punto che me ne andai trovandomi ancora senza lavoro e soldi. Lavoravo in nero e la mia testa non funzionava più. Ripresi a bere e così mi rinchiusero. A fine pena l?ex titolare mi riprese con una borsa lavoro, però dovevo sempre rincorrere il denaro che mi serviva per vivere e per quattro mesi non percepii quasi niente. Anche questa volta mi è andata male.
Così dopo due anni, per così dire puliti, ho ripreso a fare reati e sono finito sul giornale. La conseguenza sempre la stessa: il carcere! Ho fatto molti errori, lo riconosco, però nuocendo solo a me stesso. Ho pagato regolarmente e pago con la detenzione. Sarei un bravo operaio, il problema è sempre lo stesso: ?il soldo e la fiducia in me stesso?. Devo ringraziare il volontariato che sempre mi ha dato una mano. Ma quando uscirò cosa sarà di me?
Angelo Z., da L?Eco di Gorizia
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