Non profit

Andremo in Europa ma non con le Fs

Editoriale di Riccardo Bonacina sulle Ferrovie dello Stato

di Riccardo Bonacina

Prima o poi bisognerà pur finirla con l’ossessione dei parametri monetari per l’ingresso nell’Euro virtuale, per occuparci invece di problemi sin troppo reali e sempre più esplosivi. Qualche numero fa abbiamo cercato di dare voce e volto ai tre milioni disoccupati di questo Paese, oggi vogliamo soffermarci sullo stato dei servizi il cui standard è davvero insopportabile e fonte di molteplici guai per i cittadini. Alla faccia di privatizzazioni, anche qui spesso più contabili e monetarie che reali, viviamo in uno Stato in cui spostarsi, comunicare, curarsi è troppo spesso sinonimo di avventura. E questo malgrado la pressione fiscale continui a crescere.
Il caso più emblematico è indubbiamente quello delle Ferrovie che negli ultimi cinque anni ci sono costate, udite udite, 225 mila miliardi. Con che risultati? Lasciamo perdere gli incidenti quotidiani al cui riguardo Cimoli (misteriosamente ancora amministratore delegato) ha detto con sprezzo quasi comico: «Che volete, girano 8.000 treni al giorno, qualcosa potrà pure andare storto. La verità è che oggi tutto fa titolo». Guardiamo al servizio: ebbene sessant’anni fa in Italia, da una stazione all’altra, si arrivava prima. Basta consultare gli orari ufficiali delle Fs. Nel 1938 da Bologna a Firenze occorrevano 52 minuti. Oggi con l’Eurostar, se funziona, ce ne vogliono 54. Con un rapido, un’ora e tredici minuti, cioè 21 minuti in più. Da Milano a Varese oggi si impiega 4 minuti in più che nel 1938, da Torino a Milano oggi con un Intercity occorrono 17 minuti in più. Eccetera, eccetera, a voi il ?divertimento? di continuare il sorprendente giochino.
Negli ultimi anni nelle Fs oltre alle prebende pagate (dicono i magistrati sino al ?97, e su cui si spera si faccia presto luce) a correre veloci sono stati solo gli stipendi. Quando arrivò alle Fs Cimoli dichiarò: «Di treni non capisco niente». Gli diedero una paga di un miliardo l’anno. Ora, pur di rimanere sulla poltrona, se l’è ridotta a 800 milioni l’anno. Bontà sua. Nell’azienda ci sono 949 dirigenti: 46 prendono oltre 300 milioni l’anno, la media solo (!) 200 milioni a testa.
In quest’ultimo anno pur di far tornare i conti a Ciampi con il controllo dell’inflazione, le tariffe base sono rimaste pressoché ferme giacché rientrano nel fantomatico ?paniere?, ma tutti sappiamo quanto sono cresciuti i cosiddetti ?supplementi?, ormai previsti anche per il solo fatto di sedersi. Le associazioni di consumatori su questi problemi sembrano dormire. Mentre l’ineffabile duo Burlando-Cimoli prepara altri aumenti. Dematté riuscirà a riformare una situazione che Sciascia avrebbe definito ?irredimibile??

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