Mondo

Andiamo piano, perchè andiamo lontano.

di Emanuela Borzacchiello

Per contribuire alla convocazione civica #InMovimento lanciata da Vita, vi propongo la scoperta di una filosofa Marina Garcés, e la lettura di un libro: Un mundo común (Edicions Bellaterra, 2013).

Marina Garcés (Università di Barcellona) nel suo ultimo lavoro articola il concetto di coimplicación, della co-implicazione collettiva, di come ci relazioniamo gli uni agli altri quando, in un contesto di crisi economica, “privatizzano le nostre esistenze”. Sottolinea l’urgenza di riprendere e ridiscutere di identità, dipendenza, anonimato, libertà, partecipazione, di situare la forza di un mondo comune nella cultura del qui e ora, e non in terre promesse o nell’attesa di un uomo nuovo.

Sfogliamo insieme il libro e lasciamo che ci cada l’occhio su alcune parole chiave.

Il corpo: luogo da cui iniziare a ripensare un mondo comune. Non pensare sul corpo, ma pensare a partire dal corpo. Una prospettiva difficile, spiega Marina, negata da molti perchè ci obbliga a rinunciare ad uno sguardo onnicomprensivo, di controllo o di potere. Vedere dal corpo significa concentrarsi sulla realtà che ci circonda. Un cambio di prospettiva che ci permette di sviluppare un pensiero critico e coivolto. Sentirsi coinvolti per essere compromessi nel cambio sociale.

Il compromesso: strada per il cambiamento. Compromettersi non è solo emettere un giudizio o prender partito. è inventare una risposta che non abbiamo, e che non ci lascierà uguali a prima.

Interconessione. L’attuale crisi economica contribuisce a farci sentire perennemente in sospeso tra il senso di dipendenza dagli altri e quello di indipendenza. Ci hanno insegnato che l’uomo moderno doveva essere capace di costruire il suo complesso relazionale completamente scevro da relazioni di dipendenzanecessità. Nel mundo comun della pensatrice catalana, la dipendenza dagli altri deve essere vissuta come sistema positivo di relazioni, come interconessione capace di costruire collettività attraverso la partecipazione in progetti di avventura collettiva, di rischio, di sperimentazione.

Libertà. Quando parliamo di libertà di cosa parliamo? Marina riprende il testo di Daniel Blanchard che, dopo il movimento del maggio del 68, cadde nel silenzio e nella depressione e scrisse la Crisi delle parole. Quando le grandi parole non sono più capaci di dirci nulla, cosa facciamo? Dobbiamo ritornare a riprendere la parola. Fare in modo che ritorni ad essere un luogo dal quale sia ancora possibile generare vita. Perdere la paura ad usare le parole e creare nuovi contesti.

Nelle piazze spagnole, dal 2011 ad oggi, uno degli slogan più sentiti dal movimento degli indignati (il 15M, come lo chiamano e si autodefiniscono) è “andiamo piano perchè andiamo lontano”. Una delle frasi migliori nata dalle piazze, ripresa dal movimento zapatista messicano. Un modo di dire per sottolineare che non aspettiamo la rivoluzione, la salvezza o il giudizio finale, ma già siamo in cammino. Sappiamo che non vogliamo vivere così, perchè già stiamo imparando a vivere in un altro modo.

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