Moldavia. Ungheria. Polonia. Croazia. Ucraina. Aumentano
i migranti odontoiatrici. E il non profit dà una mano.
Per esempio organizzando i pullman… Pendolari della cura. Pazienti viaggiatori attenti al risparmio. L’esercito dei turisti della salute odontoiatrica continua a crescere: una protesi, nei Paesi dell’Est, può costare anche il 70% in meno. Così in centinaia di migliaia vanno a curarsi oltre confine. E per chi è anziano i trasferimenti sono in gruppo. A cura delle organizzazioni sociali.
Accade più spesso nelle zone di frontiera. Quelle che fai un salto e sei di là. Dove l’euro pesa e le spese per prendersi cura di sé sono più leggere. Moldavia. Ungheria. Polonia. Croazia. Ucraina. È lì che va l’esercito di migranti dell’impianto, della protesi, dei lavori che da noi ci vuole un mutuo. Qualcuno prende la macchina. Altri scelgono il volo low cost, prenotando il viaggio sui siti che numerose cliniche dentali dell’Est hanno messo online. Basta un clic, in effetti, per trovare, in italiano, indicazioni logistiche, descrizione delle possibili cure e un appetitoso listino prezzi. Che attira l’interesse dei pazienti e gli strali dei dentisti nostrani. In molti casi è a disposizione anche un alloggio.
Il passaparola
Addirittura si manda la panoramica della bocca per mail. Si aspetta il responso e, se si è convinti dalla qualità promessa e dal prezzo pattuito, si comincia la cura. Per lo più l’indirizzo giusto arriva per vie informali: un paziente soddisfatto dà il via al passaparola. Che è poi l’unica promozione del turismo dentale. Guardatevi intorno. Non troverete pubblicità né spot. Eppure il fenomeno cresce. «Colpa della mancanza di concorrenza che c’è in Italia e dunque dei prezzi troppo alti», sottolinea Rossella Miracapillo del Movimento Consumatori. Come darle torto? Certo saranno d’accordo i più anziani, quelli che hanno bisogno di cure più pesanti ed hanno spesso una pensione molto ma molto leggera. Non a caso aumenta il numero di pazienti di una certa età che, non potendo guidare, si affidano ai viaggi di gruppo. Organizzati da diverse realtà. L’Auser di Trieste ad esempio. «Da dieci anni abbiamo stipulato una convenzione con uno studio odontoiatrico d’oltre confine. Pensiamo anche al trasferimento. E i nostri soci possono risparmiare dal 30 al 50%», spiega Elios Vertovese. Lo stesso accade a Bolzano. «Un nostro sindacalista ha iniziato ad andare a Istria. Ed è rimasto soddisfatto. Perciò da alcuni anni organizziamo il trasporto di chi non può andare per proprio conto», aggiunge Alois Burger di EcoKonsum. «In Croazia si spende la metà, in Ungheria il 70% in meno».
E i certificati?
Dunque si va. Si sta quel che serve e si torna. Quasi sempre soddisfatti. «Non organizziamo solo il trasferimento», precisa Burger, «contattiamo gli studi, chiediamo condizioni di favore e soprattutto pretendiamo le necessarie garanzie». In dieci anni, pochissimi (e piccoli) contenziosi. «In una percentuale uguale all’Italia». Il che sembra smentire il pessimismo dei dentisti. «Il turismo odontoiatrico il più delle volte riserva brutte sorprese», scrive l’Ordine dei medici padovano. Un avvertimento magari non troppo disinteressato, ma comunque utile. Perché la lingua batte dove il dente duole, ovvero sui certificati post cura. Un problema specie nei Paesi che non appartengono all’Unione Europea e dove non è obbligatorio rilasciare il certificato di conformità sulle caratteristiche e i materiali adoperati. «Attenzione però», avverte Walther Andreaus del Centro tutela consumatori, «non è semplice averlo nemmeno in Italia». Il decreto 56 del 1997, infatti, stabilisce che l’odontotecnico debba consegnarlo all’odontoiatra, ma non che quest’ultimo lo dia al paziente. Che però può chiederlo, «ricordando al medico», suggerisce Andreaus, «che la dichiarazione di conformità rientra nella categoria dei dati personali e come tale va trattata».
Risparmiare si può
Ma qualche cautela è bene prenderla. Valutando bene il rapporto tra l’eventuale risparmio e l’entità dei lavori. Mettendo in conto eventuali ritorni (una semplice aggiustatina richiede un altro viaggio). E soprattutto mettendo in pratica semplici accorgimenti. «La prima cosa è richiedere documenti scritti», spiega Virna Bertelli di Dental Group (che offre servizi di accompagnamento a chi voglia farsi curare presso una clinica ungherese). «Poi è bene accertarsi, magari tramite un sopralluogo, e parlare con altri pazienti. Un’altra precauzione utile è informarsi sulle garanzie, quanto durano e cosa comprendono». L’Europa le prevede almeno biennali. I dentisti dell’Est spesso offrono garanzie di 5 anni. Ma, in ogni caso, è cosa buona dare un occhio alle esclusioni. Dunque «leggere tutto e privilegiare chi offre garanzie aggiuntive», raccomanda Andreaus.
Le possibili conseguenze
Quali saranno i riflessi di questo fenomeno entro i confini nazionali? Stanchi di vedere le sedie vuote, i dentisti nostrani reagiranno? Se lo augura ad esempio Miracapillo che, comunque, invita il consumatore a «contrattare con i medici, chiedendo più preventivi e mettendoli in concorrenza tra loro». Non mancano del resto esperienze significative che coniugano qualità e contenimento delle tariffe. Alcune di lungo corso, come l’Istituto stomatologico di Milano. Altre di recente costituzione. Come il Centro Medi.co aperto a Canegrate nel maggio scorso dal consorzio Cooperho e da alcune cooperative sociali (della rete Cgm). Un poliambulatorio (www.medi-co.it) che offre molte prestazioni specialistiche e punta a contenere la spesa odontoiatrica del 30-50%.
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